I tanti, forse troppi, problemi che ancora ostacolano lo sport femminile

Milano, corso Vittorio Emanuele. Dal 25 febbraio, per la durata di un mese, è stata allestita una mostra fotografica all’aperto ‘Una vita per lo sport. Volti e conquiste delle 100esperte’, che rende omaggio a 20 donne italiane che hanno segnato il panorama sportivo. Nonostante questa iniziativa e svariati altri tentativi, è innegabile che in Italia, come nel resto del mondo, ci sia ancora un grosso problema con lo sport femminile. IL CALCIO FEMMINILE “L'unica cosa che vorrei è che più fan venissero a vedere gli sport femminili dal vivo. Il calcio femminile ha bisogno di un pubblico più ampio perché sia più sostenibile”. Questo diceva un paio di anni fa Stephanie Houghton, ex difensore e capitana del Manchester City. E in Italia la mancanza di pubblico per il calcio femminile resta ancora un ostacolo difficile da superare. Nonostante l’exploit dei Mondiali del 2019, dove però non c’erano di scena gli antagonisti uomini, oggi la presenza sugli spalti e davanti alla tv è ancora al di sotto delle aspettative, soprattutto se in contemporanea giocano i colleghi maschi. Juventus-Roma, big match della poule scudetto, domenica 2 marzo è terminata 4 a 3 per le bianconere. Un match bellissimo, divertente, con tanti gol e tante occasioni. Eppure, ha avuto molta meno visibilità di Bologna-Cagliari o Genoa-Empoli, della Serie A maschile, giocate quasi in contemporanea. Pochi i tifosi presenti sulle tribune dello stadio Vittorio Pozzo di Biella, pochi anche quelli sintonizzati alle 15:30 per il calcio d’inizio. Eppure, negli ultimi due anni ci sono state evoluzioni positive: dalle tesserate alle giovani praticanti di età compresa tra i 10 e i 15 anni fino al pubblico fino ai social media . E, inoltre, il format del campionato, con le due fasi e 10 squadre impegnate, ha reso la Serie A femminile il torneo con maggior equilibrio competitivo in Europa, ma Spagna, Inghilterra e Germania restano ancora avanti da un punto di vista mediatico e commerciale. Gli stadi dove giocano le ragazze della Serie A non sono impianti che invogliano gli spettatori a comprare i biglietti. Biella, ad esempio, dove gioca la Juventus Women è lontana da Torino, lontana da Milano. Semplicemente lontana da tutto. Molti impianti non hanno la copertura per pioggia, non hanno seggiolini accoglienti, né servizi per i tifosi. Non c’è un vero e proprio luogo per le calciatrici, in cui sentirsi ‘in casa’. E se, invece, a casa ci sei e accendi la tv lo scenario è altrettanto desolante: stadi vuoti, terreno di gioco spesso impraticabile, visione complessiva dal basso appeal. La buona notizia è che a fine febbraio è stato ufficializzato il rifinanziamento del ‘Fondo per il professionismo negli sport femminili’. A Coverciano c’è stato un incontro tra le società di Serie A femminile e il senatore Paolo Marcheschi, firmatario dell'emendamento nel decreto Milleproroghe e relatore dell'Atto assegnato sulla riforma del calcio in Commissione Sport del Senato, in cui si è anche discusso dei prossimi passaggi di crescita e sostenibilità del movimento. Nel frattempo, però, c’è chi va di corsa. Negli Stati Uniti, la National Women’s Soccer League ha registrato un aumento di audience di quasi il 20% in più tra il 2023 e il 2024, sono stati oltre 7 milioni gli spettatori che si sono sintonizzati sulle piattaforme che trasmettono le partite del campionato femminile, con un +95% rispetto al 2023. Questo ha fatto sì che la U.S. Soccer Federation abbia deciso di investire 30 milioni di dollari per sostenere il calcio femminile nei prossimi 5 anni. Investimento che contribuirà a raddoppiare il numero di campi per le squadre nazionali giovanili e ad aumentare l’accesso al mondo del calcio di 100 mila nuove giocatrici. Di mezzo c’è Michele Kang. Per chi non la conoscesse è un’imprenditrice e filantropa americana, ormai famosissima nel panorama del calcio femminile mondiale. Nel 2022, infatti, è diventata la prima donna a capo di una squadra della National Women’s Soccer League, Washinghton Spirit. Kang ha comprato le quote da Steve Baldwin, costretto a venderle a causa delle denunce ricevute per l’omertà dimostrata nel caso Richie Burks, l’allenatore accusato di abusi verbali e fisici. Ma questa è un’altra storia. Kang, però, ha sfruttato la situazione e ha dato il via al suo ambizioso progetto ‘multi-club’ che è proseguito con l’acquisizione dell’Olympique Lione femminile a seguito della divisione delle due maggiori sezioni del club, dopo l’addio di Jean Michel Aulas e poi con l’acquisto della squadra inglese London City Lionesses, squadra di seconda categoria che punta alla promozione e che ha fatto un mercato stratosferico . In Italia il calcio femminile chiede sempre più spazio. I passi in avanti si vedono ma vanno a rilento e la sensazione è che si resti sempre indietro rispetto agli altri Paesi. Se gli USA fanno un campionato a sé , ad oggi in Europa si punta a investire in Inghilterra, Spagna, Germania o Francia. Il valore del calcio femminile italiano è ancora sottostimato. La speranza è che si possa aumentare la visibilità con i risultati sul campo e, da questo punto di vista, il prossimo Europeo che si giocherà a luglio in Svizzera, sarà un crocevia fondamentale per l’espansione del calcio azzurro al femminile. GLI ALTRI SPORT Non c’è solo il calcio che chiede più attenzione. Anche negli altri sport la situazione non cambia. I guadagni e la visibilità sono minori e perché questo aspetto socio-culturale possa cambiare c’è sicuramente bisogno ancora di tempo, tanto tempo. Di sforzi e di sacrifici. Però la sensazione è che non manchino le persone che ci credono e le atlete non hanno nessuna intenzione di mollare tutto ciò che è stato guadagnato finora. Come, ad esempio, il traguardo storico raggiunto ai Giochi Olimpici di Parigi, dove è stata ottenuta per la prima volta la parità numerica di genere, con una partecipazione equa di atleti uomini e donne nelle 329 discipline. Di sicuro i dati del 2024 che giungono da ogni parte del mondo, ci dicono che lo sport femminile ha aumentato il proprio seguito grazie anche a figure di riferimento sempre più influenti. Come la ginnasta americana Oliva Paige ‘Livvy’ Dunne che ha guadagnato 9,5 milioni di dollari grazie a una nuova regolamentazione della NCAA che permette di ricevere compensi da terze parti. Le sponsorizzazioni stanno aumentando e questo aiuta anche la distribuzione mediatica. Più sport femminile si guarda in tv, più diventa facile appassionarsi. E di questo concetto ne faccio proprio un discorso personale: ascoltare la voce di una donna al commento può diventare ‘normale’ e ‘di routine’ se ci si abituasse all’ascolto, se non restasse un’eccezione. Ma anche questa è un’altra storia. Un altro personaggio che sta facendo la storia dello sport femminile è la cestista Caitlin Elizabeth Clark - di origini siciliane, ci teniamo a ricordarlo - eletta atleta dell’anno dalla rivista Time. La nuova stella del basket americano ha di certo contribuito ad aumentare l’interesse complessivo per la prima divisione professionistica di basket del 29%. Inoltre, nella passata stagione la finale NCAA femminile tra Iowa e South Carolina è stata vista da una media di quasi 19 milioni di telespettatori e per la prima volta ha battuto la finale maschile. E ancora in Canada una partita di hockey femminile a Montreal con un pubblico di 21.105 persone ha stabilito il record mondiale per una partita di hockey femminile in tutto il mondo. Come, poi, non ricordare l’exploit di Jasmine Paolini che ha raggiunto la finale al Roland Garros e a Wimbledon, dove la lotta su erba contro Barbora Krejcikova su Sky Sport è stata seguita da 1 milione 54 mila spettatori medi complessivi con il 9,7% di share. Ma nonostante i gradi risultati ottenuti, manca sempre qualcosa. Dalla percezione che si ha dello sport femminile alla retribuzione, dai salari ai montepremi, ancora lontana dal livellamento con quella maschile. Parità salariale La sfida alla parità salariale è sempre aperta. La nazionale di calcio femminile degli Stati Uniti ha attraversato una lunga battaglia e ha ottenuto un accordo collettivo per la parità di retribuzione per i giocatori maschi e femmine nella squadra nazionale. Anche nel tennis sono stati fatti passi da gigante. Nel 1972 Billie Jean King iniziò la sua lotta boicottando gli US Open che pagavano 25.000 dollari al vincitore e solo 10.000 alla vincitrice. Negli anni successivi, poi, svariate campionesse hanno alzato la voce. A cominciare dalle pressioni fatte dalle sorelle Williams e più recentemente anche da Iga Swiatek, che si era lamentata del montepremi a Roma nel 2022 . Per provare a colmare queste disparità, la Women's Tennis Association, fondata dalla stessa Billie Jean King, ha dato come obiettivo il 2033 per equiparare i salari dei principali eventi di tennis. Resta il fatto che la maggior parte delle altre realtà sportive sia ancora indietro anni luce rispetto a un livellamento degli introiti. Molte federazioni internazionali non offrono una retribuzione equa alle loro atlete. Il divario di genere nello sport continua, dunque, a essere presente nei salari e montepremi; nella valorizzazione, negli investimenti e nelle sponsorizzazioni, ma anche e soprattutto nella visibilità. Visibilità mediatica Raccontare lo sport femminile è un’avventura entusiasmante. E’ un mondo ancora inesplorato che permette di raccontare storie, raccogliere dettagli, far vivere emozioni inedite. E soprattutto consente alle bambine di oggi di avere modelli a cui ispirarsi. Dopo il Mondiale femminile di calcio del 2019 ad esempio, nelle camerette delle bimbe i poster dei calciatori venivano sostituiti da quelli di Barbara Bonansea, Cristiana Girelli, Sara Gama. Le nuove generazioni hanno bisogno di figure di riferimento per continuare a sognare in grande. Cinque anni fa, sempre negli Stati Uniti, una cordata di quattro campionesse dello sport americano Alex Morgan, Sue Bird, Simone Manuel e Chloe Kim, ha lanciato una nuova piattaforma online dedicata esclusivamente allo sport femminile: ‘Togethxr’. L’obiettivo era quello di dare spazio alle storie di sport femminile che i media decidevano di tralasciare. In Italia Federica Pecis e Federica Attanasio hanno ideato una divisione sportiva per la loro azienda che sviluppa brand creati da donne: ‘We Are Female’ Athletes. Ad oggi rappresentano 23 atlete internazionali in ben 18 sport differenti. L’ultima a intraprendere un percorso imprenditoriale e mediatico legato allo sport al femminile è stata Whoopi Goldberg che, nel novembre scorso, ha avviato un canale televisivo dedicato interamente allo sport al femminile: ‘All Women’s Sports Network’ con l'obiettivo di fornire una maggiore visibilità e copertura delle discipline praticate dalle donne. “When she wins, we all win”. La sfida delle donne affinché lo sport sia anche loro ha un nuovo slogan!

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