Cantore: "A Washington per crescere e migliorare. Sogno di vincere con la Nazionale"

Il bianco che abbraccia il nero, una storia che si ripete. Sofia Cantore, nata a Lecco, 26 anni da compiere a fine settembre, dopo un entusiasmate Europeo con l’Italia vissuto da protagonista e dopo aver conquistato il sesto scudetto con la Juventus, si è adattata in un attimo allo ‘spirito’ di Washington. Stessi colori sociali, stessa voglia di vincere. “Ho sempre messo il calcio davanti a tutto il resto” ci racconta orgogliosa, stretta nella sua felpa con cappuccio, illuminata da un sorriso sincero e da una gran voglia di parlare italiano. “Come va con l’inglese? Ancora non capisco proprio tutto se parlano velocemente e credo che mi ci vorrà ancora un po’ di tempo per migliorare l’accento. Però ce la sto mettendo tutta…”. Negli occhi il desiderio di vivere un percorso di crescita, con un pizzico di pericolo. Non quello che ti avverte di fuggire, ma quello che ti incoraggia a restare: “Da tempo immaginavo di fare un’esperienza negli Stati Uniti. A 25 anni ho sempre messo il calcio davanti al resto e so che in questa fase della mia carriera potrò crescere tanto. Trasferirmi qui significava prendere un pacchetto completo: imparare il loro calcio, approfondire una cultura diversa, ma anche vivere molto lontana da casa e dai miei affetti e naturalmente migliorare l’inglese. Insomma, sarà un’avventura a tutto tondo”. Sei arrivata a Washington da poco, ma sapresti darci una panoramica di tutte le tue emozioni e le impressioni che hai vissuto finora? “Devo ammettere che prima di partire ero un po’ preoccupata, dopo l’Europeo ho avuto una settimana libera e ho avuto tanto tempo per pensare. Continuavo a ripetermi: ‘Ma cosa sto facendo, me ne sto andando veramente?!’, poi sono arrivata qui e nelle prime due o tre settimane sono stata presa da mille cose, oltre al fatto di essermi dovuta abituare al fuso orario. Sono stata letteralmente travolta dall’energia positiva che si vive qui. Poi, certo, quando in Italia tutti vanno a letto, mi ritrovo da sola e mi viene un po’ di nostalgia. Però sono serena, anche perché quando ho visto che la Juve ha ricominciato la stagione, mi sono sentita vicina alle mie compagne, consapevole del fatto che non ho lasciato la Juve perché stavo male lì, ma per fare un’esperienza di vita. Ci è voluto un po’ per metabolizzarlo” E il sostegno da parte dell’Italia non è mai mancato… “Stefano Braghin è stato come un papà, ha visto che ero molto entusiasta all’idea di fare questa esperienza negli Usa, ovviamente gli dispiaceva che andassi via, ma mi ha detto di godermi la mia nuova avventura. Ho avuto davvero molto appoggio da parte di tutto l’ambiente calcistico. Ho chiamato Andrea Soncin per comunicargli la mia decisione di andare a giocare a Washington prima che lo venisse a sapere dai media e anche lui era davvero entusiasta” La tua famiglia invece come l’ha presa? “Mio fratello Thomas abita qui da un anno e sapere di avere vicino qualcuno di famiglia ha contribuito nella mia scelta. Lui vive nel Maryland, qui siamo in Virginia ma siamo vicini. Purtroppo lui ora si trasferirà a Los Angeles, in California. In ogni caso i nostri genitori ci hanno sempre spinto a fare nuove esperienze, sono felici per noi e sono già venuti a trovarci” Tu che sei una persona molto riservata e timida, come ti sei sentita davanti a tutta quella gente il giorno della tua presentazione al Washington Spirit? “Sapevo che avrei trovato questo tipo di atmosfera, ma forse non sarò mai veramente preparata a tutta questa gente che è lì per me. Rimarrò sempre la stessa, mi imbarazzerò sempre… Però devo ammettere che è stato molto bello. Lo stadio, l’Audi Field, è stupendo, ci gioca anche la squadra maschile del DC United e, in base alla partita, capita che facciamo più spettatori noi. Di solito lo stadio si riempie di almeno 15 mila spettatori. È qualcosa di incredibile!” E davanti a tutta questa gente Sofia Cantore è stata la prima italiana a segnare nel campionato americano. Non proprio un gol qualunque… “Innanzitutto devo sottolineare che qui c’è la cultura del non soffermarsi troppo sull’errore e ti incitano sempre a cercare la bella giocata. Ti chiedono di divertirti e di far divertire. Le prime partite non sono state facili, quando c’è un cambiamento ci vuole sempre anche un adattamento. L’allenatore è spagnolo e questo mi aiuta, perché insiste su concetti simili a quelli che conosco già, però tuttora devo cercare di capire gli spazi, i movimenti, i tempi richiesti. Ma soprattutto qui corrono tanto. Ho segnato nel giorno del mio esordio. Prima della partita il coach ci ha detto che sarebbe stato un match di tante transizioni perché la squadra avversaria era abituata a lanciare tanto palla in avanti e infatti dopo 20 minuti ero sfinita, stavo letteralmente morendo… Poi mi è capitata l’occasione su un recupero palla e ho provato il tiro. Sapevo che il coraggio in campo è apprezzato e sono stata premiata” C’è qualcosa in particolare che ti ha impressionata al Washington Spirit? “L’organizzazione è come quella che c’era alla Juventus, mi hanno subito messo a disposizione un appartamento da sola ad Ashburn, in un complesso in cui vivono anche altre compagne di squadra, e un’automobile. Hanno fatto di tutto per farmi ambientare in fretta. Forse ciò che mi ha impressionato di più è la risonanza mediatica che c’è qui, addirittura ci muoviamo con le guardie del corpo” Con quale giocatrice hai legato di più? “Sicuramente con Esme Morgan, lei è inglese, l’avevo già conosciuta all’Europeo. Ho legato tanto anche con la scozzese Sandy McIver, il secondo portiere” E Trinity Rodman non ti ha invitata agli US Open? “ No, però anche lei è davvero super disponibile. Ci tiene tanto alla squadra e al gruppo. Per ora ho girato solo nei dintorni, dalla Casa Bianca a Capitol Hill, che mi è piaciuto tantissimo. Ma stiamo veramente viaggiando tanto, siamo state in trasferta in California, a San Francisco, e poi a Salvador a giocare la Concacaf Women’s Champions Cup”. Sei arrivata a Washington già con una reputazione importante dopo un grande Europeo e inserita, insieme a Girelli, nella lista delle 30 candidate al Pallone d’Oro… “L’Europeo è stata un’avventura fantastica che abbiamo vissuto da grande squadra. Vincere con la Nazionale resta ancora il mio sogno più grande. Per quanto riguarda il Pallone d’Oro, non mi aspettavo proprio di essere tra quei nomi. In quella lista ci sono campionesse di altissimo livello e per me è un grande onore. Ma soprattutto devo dire che sono felice per Cristiana, sicuramente per lei ha un valore diverso averlo raggiunto alla sua età. Io cerco di viverla in modo tranquillo, lavoro come prima e anzi più di prima! Lo considero un punto di partenza” Ci racconti una tua giornata tipo nella tua nuova squadra? “Mi sveglio intorno alle 8, mi preparo, vado al campo e si fa colazione lì tutte insieme. Ogni mattina alle 10 c’è il meeting con tutta la squadra in cui analizziamo la prossima partita. Dopodiché c’è attivazione in palestra e poi, verso le 11, inizia l’allenamento. Nel pomeriggio siamo libere. Molte mie compagne si sono organizzate, fanno tante cose, io non ho ancora una routine. L’altro giorno ad esempio sono andata a giocare a golf. Ma devo anche trovare il tempo di studiare per l’Università, sono iscritta a Scienze dell’alimentazione e della nutrizione. Sono un po’ indietro e devo recuperare” Obiettivo studiare e riuscire a dare qualche esame. Invece a livello calcistico dove vuoi arrivare? “Gli obiettivi del club sono quelli di provare a vincere il campionato, quindi ora dobbiamo qualificarci ai play off nella miglior posizione possibile. Io, invece, sento di dover cercare di adattarmi il più velocemente possibile. Ho tante cose su cui lavorare e che posso migliorare. Per quanto riguarda il numero di gol…Direi 8, perché il campionato finisce a fine novembre, però proverò a fare meglio!” A proposito, cosa farai dopo? “Non ho ancora pensato a nulla, fino a inizio dicembre c'è la Nazionale e poi farò un po' di vacanza. Vedremo…” A fine ottobre tornerai in Italia per vestire la maglia Azzurra, quale sarà la prima cosa che mangerai? “La pasta riesco a cucinarmela io, al campo poi si mangia davvero bene, ma non avete idea di quanto mi manchi il prosciutto crudo… qui non si trova buono come in Italia!”

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Gaia Brunelli