L'incredibile storia di Nelson Deossa, il calciatore minatore che ora gioca nel Betis

Uno dei luoghi comuni con cui si sente apostrofare più spesso i calciatori professionisti riguarda il loro salario, giudicato da molti tifosi come esagerato e sproporzionato rispetto al tipo di sforzo e di impegno che richiede l’atto di tirare dei calci a un pallone. “Non si spaccano mica la schiena in miniera”, è il tenore del commento medio che si trova sotto i post di un qualsiasi profilo che parli di sport, richiamando alla memoria un passato fin troppo remoto in cui andare a lavorare sotto terra era sinonimo di fatica e sani valori. Nel dubbio, c’è chi ha fatto entrambe le cose, oggi professionista dopo aver passato diversi anni a barcamenarsi tra il campo e la miniera. Questa è la storia di Nelson Deossa, il nuovo centrocampista del Betis Siviglia. Deossa nasce il 6 febbraio del 2000 a Marmato, una piccola cittadina di meno di 10mila abitanti nel nord della Colombia, legata a doppio filo alle miniere d’oro che vennero prese d’assalto all’inizio del Novecento dagli emigranti in arrivo dalla Cornovaglia. Come suo padre e suo nonno prima di lui, cresce con l’idea di guadagnarsi da vivere scavando sotto terra, senza mai abbandonare il sogno di fare il calciatore. Il problema del giovane Deossa, come per tanti adolescenti, è la condotta: un carattere fumantino che nonostante alcune discrete qualità con la palla al piede gli ha pregiudicato l’ingresso nel vivaio di alcune delle più importanti società calcistiche colombiane, come il Deportivo Calì e l’Envigado. La svolta non arriva fino quasi ai 20 anni, un’età in cui solitamente un talento è già sbocciato, grazie alla figura di Dayron Pérez, ex allenatore del Deossa bambino nelle giovanili dell’Once Caldas, che in quel momento è allenatore dell’under 20 dell’Atletico Huila, squadra della Serie A colombiana. La zia di Nelson è una cara amica della moglie di Pérez, a cui chiede di intercedere per dare una possibilità a quel nipote tanto indisciplinato quanto talentuoso. Più per far contenta sua moglie che per perizia di scouting, Dayron Pérez decide quindi di andare a vedere una partita del ragazzo nei polverosi campetti di Marmato in cui gioca dopo il lavoro in miniera. Il mister rimane colpito: Nelson è innamorato del pallone e poco collaborativo, ma il talento è evidente, una scommessa a basso costo da tentare di vincere. I primi mesi all’Atletico Huila sono complicati, tanti i battibecchi. Deossa per un momento abbandona anche la squadra, convinto di voler lasciare perdere con il calcio. Pérez ci lavora, tecnicamente ma soprattutto caratterialmente, lo educa a essere un calciatore professionista: il passaggio in prima squadra arriva in pochi mesi. La crescita verticale di Deossa gli vale una chiamata da parte dell’Estudiantes, una delle società storiche del calcio argentino, ma è ancora troppo presto. Rimane solo pochi mesi, nemmeno esordisce, eppure è sufficiente per tornare in patria con tutti gli onori. Nel 2022 veste la casacca dell’Atletico Junior, nel 2023 quella dell’Atletico National, due dei club più importanti della Serie A colombiana. I problemi comportamentali, tuttavia, persistono. Gol e titolarità non mancano, così come i bisticci con gli allenatori e i problemi di ambientamento. Al National, nonostante sia un pezzo importante della squadra che vince Coppa e Supercoppa di Colombia, litiga pesantemente con l’allenatore Jhon Bodmer, che dà indicazione alla società di non esercitare il diritto di riscatto sul prestito di Deossa dall’Atletico Huila. In patria nessuno ormai è disposto più a dargli un’occasione, tant’è che Nelson, ormai centrocampista affermato nel panorama sudamericano, decide di espatriare. Prima è il Pachuca, nel campionato messicano, a dargli una chance, con il rischio che possa essere l’ultima di una carriera mai davvero decollata. Deossa, che ha iniziato a farsi soprannominare El Mago, nel primo vero momento di maturità calcistica della sua vita, la sfrutta: 50 presenze, 11 reti e 6 assist in una singola stagione, in cui diventa uno dei protagonisti della Concacaf Champions League e gioca anche il Mondiale per Club a fine 2024. Popolarità e costo del cartellino dopo un anno così decollano: a gennaio 2025 si sposta a nord di circa 900 chilometri, accettando la proposta del Monterrey, una delle società storiche della Liga MX, che lo acquista per quasi sei milioni di dollari. La miniera ormai è solo un ricordo remoto, anche perché grazie alle sue prestazioni riesce a guadagnarsi la prima convocazione con la Colombia e a entrare in pianta stabile nel giro dei convocati di Néstor Lorenzo, Ct dei ‘Cafeteros’. Dinamico, instancabile e dotato di un grande tiro da fuori: in Messico Deossa diventa il modello perfetto di quello che in Europa chiameremmo centrocampista box to box, il segreto meglio custodito del calcio dell'America Latina. Almeno fino alla sua partecipazione nel nuovo Mondiale per Club negli Stati Uniti. Il Monterrey finisce nel girone E, insieme a River Plate, Urawa Reds e Inter. Se contro i nerazzurri gioca una buona partita, contribuendo al pareggio finale, è contro la formazione giapponese che gioca quella della definitiva consacrazione, segnando un gol capolavoro con un mancino potentissimo da quasi 30 metri che consente al Monterrey di qualificarsi per gli ottavi di finale, dove perderanno solo di misura contro il ben più quotato Borussia Dortmund. E arriviamo a oggi. Le ottime prestazioni su un palcoscenico così importante scatenano un’asta dall’altra parte dell’Atlantico, con il Betis Siviglia che riesce ad accaparrarselo per la cifra di 11 milioni e mezzo di euro, grazie anche all’intervento in prima persona di Manuel Pellegrini, allenatore dei biancoverdi, che gli ha assicurato un ruolo importante all’interno delle rotazioni di una squadra importante, reduce da una finale di Conference League. Il giorno della presentazione Nelson Deossa ha la faccia confusa e lo sguardo incredulo di chi non si rende ancora conto di avercela fatta. Ripensando al suo percorso, forse non è così strano. Ai cronisti intervenuti in conferenza stampa ha affermato più volte: “Ho visto il mio sogno infrangersi, perché fino a 19 anni lavoravo. Mi sono sentito frustrato per molto tempo, ma non ho mai rinunciato a quel sogno”. L’esordio con il Betis dal primo minuto è avvenuto solo nello scorso turno di campionato, dopo un problemino alla caviglia che ne ha rallentato la preparazione estiva: 45 minuti contro il Levante dopo i 17 giocati contro l’Athletic Bilbao in uscita dalla panchina. Per il momento ancora niente di clamoroso, giusto per rompere il ghiaccio. Finalmente il sogno è realtà. In pochissimi nascono con il talento di Mbappé e di Yamal, ma forse in ancora meno nascono con la dedizione di Nelson Deossa, il calciatore emerso dal sottosuolo.

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Simone Dagani