Dei del calcio, preservate la Nord Corea e i suoi misteri

Mondiali
Una fase di uno dei rari allenamenti della Corea del Nord aperti al pubblico (foto Ap)
North Korea's Cha Jong Hyok, left, stretches with an unidentified teammate during a training session at the Green Point stadium in Cape Town, South Africa, Sunday, June 20 2010. North Korea will play Portugal Monday in a soccer World Cup group G match. (AP Photo/Armando Franca)

In caso di sconfitta oggi contro il Portogallo, la Corea del Nord sarebbe eliminata dal Mondiale: tra segreti, apparizioni, sparizioni, allenamenti bizzarri e tifosi (cinesi...) è senz'altro la nazionale più singolare di Sudafrica 2010. L'ALBUM MONDIALE

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di Lorenzo Longhi

Dio, o il "Caro leader" Kim Jong-Il, salvino la Corea Dpr. La salvino da Cristiano Ronaldo oggi e da Drogba venerdì, onde evitare la prematura eliminazione. La salvino per dare un senso a questi Mondiali, la salvino per i giornalisti e per i tifosi - soprattutto cinesi, come vedremo - perché almeno così in Sudafrica resterebbe una nazionale capace ogni giorno di regalare perle di straordinaria luminescenza: furbate che non riescono, apparizioni, sparizioni e misteri, allenamenti stile "tunnel of love", una nazionale la cui quotidianità esula dalle conferenze stampa stile “quellochedecideilmistervabene”. Anzi: dalle conferenze stampa, in realtà, esula tout court.

Il terzo incomodo
- Il Mondiale dei nordcoreani è iniziato con il botto, ancor prima di cominciare. Kim-Jong Hun, il ct, ha infatti tentato il colpo di genio al momento della consegna della lista dei convocati, inserendo Kim Myong-Won, un attaccante, come terzo portiere, per avere un giocatore di movimento in più. Maledetta la Fifa: se n’è accorta e ha stabilito che Kim Myong-Won potrà giocare solo tra i pali. Impagabile la spiegazione del ct: “Ci serviva un terzo portiere affidabile, visto che non c'era abbiamo portato lui che a inizio carriera giocava in porta”.

La Cina è vicina - Considerando le difficoltà oggettive del popolo nordcoreano a lasciare il Paese, l’equivalente nella Corea Dpr del nostro vecchio MinCulPop (Min-Cul Pop, del resto, potrebbe essere un nome indigeno) ha deciso di ingaggiare un centinaio di tifosi cinesi - i Fans Volunteer Army - per sostenere la Corea Dpr in Sudafrica. Contro il Brasile, in effetti, è stato così. Non l’avessimo saputo, nessuno se ne sarebbe accorto. A parte forse solo i nordcoreani che, in patria, hanno potuto seguire la partita solo 17 ore dopo il calcio d’inizio del match. La sfida con il Brasile avrebbe dovuto essere trasmessa in piena notte in Corea, ma il regolamento della tv di Stato di Pyongyang impone l’interruzione delle trasmissioni in orario notturno. Nessuna deroga.

Il Puro del pianto - Jong Tae-Se, stella della selezione, è nato in Giappone da genitori sudcoreani, gioca nella J-League nel Kawasaky Frontale ed l’unico dei giocatori nordcoreani ad avere un blog su internet. È chiamato “Il Rooney del popolo”: nella Corea del Nord non ha mai vissuto, ma la madre sudcoreana decise di scegliere il Nord e di iscriverlo alle scuole Chongryon, l'istituto giaponese sostenuto dal regime di Pyongyang. Di lì, la decisione di diventare cittadino della Repubblica Democratica Popolare di Corea. E, nel giorno del debutto contro il Brasile, è scoppiato a piangere durante l’inno della nazione che, per storia famigliare, sente più sua.

Il mistero - Due giorni dopo la sconfitta contro il Brasile, mentre la stampa nordcoreana esaltava la stoica resistenza delle Zanzare rosse, in tutto il mondo si era sparsa la voce che quattro giocatori (Myong-Won Kim, Chol-Hyok An, Kyong-Il Kim e Sung-Hyok Pak) fossero fuggiti dal ritiro nordcoreano per andare a chiedere asilo politico alle ambasciate straniere presenti a Johannesburg. Subdola propaganda capitalista. Infatti la Fifa ha prontamente smentito, parlando di “malinteso”. Dunque era vero.

La conferenza - Per chiudere il caso, una volta per tutte, venerdì scorso nel quartier generale della Corea Dpr (presso lo stadio Makhulong nella poverissima township di Tembisa) era stata convocata una conferenza stampa per chiarire il mistero. Era la prima volta che, sua sponte, la federazione coreana accettava di parlare al di fuori degli obblighi imposti dalla Fifa. Solo che i giornalisti, alla conferenza stampa, si sono presentati davvero, e in massa, e a quel punto i dirigenti hanno deciso di annullarla, facendo sgomberare i giornalisti presenti. Consentendo però loro, anche lì per la prima volta, di assistere ad alcuni minuti dell’allenamento.

Il miracolo - È stato proprio allora che qualche cronista ha deciso di contare il numero dei giocatori presenti all’allenamento, per verificare se qualcuno mancasse. Uno, due, dieci, quindici, venti, ventitré, ventiquattro. Ventiquattro? Ebbene sì, in campo si stava allenando non una rosa con quattro giocatori in meno, ma con addirittura un giocatore in più del consentito. Cos’è la moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando c’è chi riesce a moltiplicare i terzini? Per questo la speranza è che un qualsiasi dio, o Kim Jong-Il, salvino la Corea Dpr dalla inevitabile eliminazione. Perché, diciamolo: in questo Mondiale, siamo tutti un po’ nordcoreani.

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