Mondiali 2018, guida al Girone A: Russia, Arabia Saudita, Egitto, Uruguay

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Federico Aquè e Marco D'Ottavi

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Le domande più importanti e i principali temi per presentare il girone di Russia, Arabia Saudita, Egitto e Uruguay. Favorite, possibili sorprese e giocatori da tenere d'occhio

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La Russia rischia di essere una delle peggiori squadre ospitanti di sempre?

Federico Aqué: I due grandi alleati della Russia per evitare di eguagliare il Sudafrica, unica nazione ospitante, nel 2010, a non superare il primo turno nella storia dei Mondiali, sono il sorteggio e il calendario. Il sorteggio ha regalato alla Russia un girone abbordabile, insieme ad Arabia Saudita, Egitto e Uruguay, e anche il calendario è favorevole, visto che i padroni di casa affronteranno la squadra più forte, l’Uruguay, solo all’ultima giornata, avendo quindi la possibilità di conquistare i punti necessari alla qualificazione nelle prime due partite contro le squadre più alla sua portata, l’Arabia Saudita e l’Egitto.

La Russia arriva al Mondiale di casa al 70.esimo posto nel ranking FIFA, un indice che non restituisce il reale valore delle squadre ma che può aiutare a farsi un’idea dei rapporti di forza tra le Nazionali. La Russia infatti è la peggiore tra le 32 qualificate e persino l'Arabia Saudita, contro la quale i russi esordiranno nella partita che darà il via al torneo, è piazzata meglio (67.esima).

Il percorso di preparazione al Mondiale è stato molto deludente. La Confederations Cup dello scorso anno è andata male, con l’eliminazione ai gironi dopo aver battuto solo la Nuova Zelanda, e le cose non sono migliorate nemmeno nelle amichevoli successive. La Russia ha scelto di affrontare le Nazionali più forti: Argentina, Spagna, Brasile e Francia, con un bilancio di tre sconfitte e un pareggio, 3-3, contro la Spagna. Nelle ultime due partite prima dell’esordio ha invece perso contro l’Austria (1-0) e pareggiato contro la Turchia (1-1).

Il pallonetto con cui Samedov ha portato in vantaggio la Russia contro la Turchia.

Stanislav Cherchesov, il CT che ha sostituito Leonid Slutsky dopo il fallimento agli Europei del 2016, non è riuscito né a rinnovare la squadra né a darle una struttura chiara. Cherchesov è partito dalle basi, dovendo fare i conti con il ritiro dalla Nazionale, per limiti fisici e di età, dello storico trio difensivo su cui ha contato per anni la Russia, formato dai gemelli Berezutsky e da Ignashevich. Due dei loro sostituti, Vasin e Dzhikiya, sono rimasti fuori dai convocati per gravi infortuni alle ginocchia, e così Cherchesov ha richiamato Ignashevich, 39 anni a luglio, che si è ripreso il posto da titolare in mezzo alla difesa nelle ultime due partite contro l’Austria e la Turchia, nelle quali tra l’altro il CT russo è passato a una linea a 4. Cherchesov aveva infatti impostato la sua gestione sulla difesa a 3, motivando la scelta col fatto che con la difesa a 4 la Russia non avesse raggiunto nulla di buono in passato e che metà delle squadre del campionato russo giocassero con una linea a 3.

Non è chiaro né se Cherchesov presenterà la sua squadra ai Mondiali con la difesa a 3 o a 4 né quali saranno i titolari. Kudryashov, che può giocare sia al centro che da terzino sinistro, è stato il difensore più utilizzato in questi mesi, mentre di fianco a Ignashevich nelle ultime due amichevoli si sono alternati Granat, mancino che spesso si assume la responsabilità di iniziare l’azione, e Kutepov. La mancanza di affiatamento in difesa rischia di essere uno dei problemi più grandi per la Russia.

Anche a centrocampo la situazione è molto confusa. A Cherchesov manca un mediano e i cattivi rapporti con Denisov, col quale ha litigato ai tempi della Dinamo Mosca, lo hanno privato dell’opzione più affidabile. Contro l’Austria, il CT russo ha schierato un centrocampo a 3 molto mobile, che in partenza aveva in Zobnin il vertice basso e come mezzali Golovin e Kuzyaev, ma i tre si sono scambiati di frequente le posizioni durante la partita. Cherchesov ha quindi invertito il triangolo di centrocampo contro la Turchia, schierando due interni, Zobnin e Gazinsky, e un trequartista, Dzagoev, che comunque si abbassava spesso per facilitare la manovra. Il posto sulla fascia destra sembra invece essere di Samedov, autore del gol del vantaggio contro la Turchia, mentre a sinistra si sono alternati Zhirkov contro l’Austria e Golovin contro i turchi, con l’abbassamento di Zhirkov a terzino.

In attacco, reparto che ha sofferto il grave infortunio al ginocchio della possibile stella, Kokorin, invece non ci sono dubbi. Il ruolo di centravanti spetta a Smolov, praticamente inamovibile in Nazionale con Cherchesov e autore di 14 gol e 6 assist nell’ultimo campionato russo con la maglia del Krasnodar.

La Russia non sembra aver preparato bene la grande occasione di ospitare un Mondiale. Le incognite sono davvero troppe, a partire dalle incertezze sul sistema e sul gruppo dei titolari. La squadra è piuttosto piatta, non ha particolari spunti creativi, ma non è nemmeno solida dal punto di vista difensivo.

Contro l’Austria i tre centrocampisti si sono limitati a facilitare il gioco, e anche il più talentuoso, Golovin, non ha avuto un impatto sufficiente sulla manovra nella trequarti. L’azione si sviluppava soprattutto a destra, dove la salita del terzino destro, Fernandes, e il conseguente accentramento dell’esterno, Samedov, creava un lato forte su cui appoggiarsi per avanzare, anche grazie al contributo delle due mezzali. Alla fascia opposta, quella sinistra, erano affidati i teorici compiti di finalizzazione, con Zhirkov che accompagnava Smolov in area e più di una volta si è trovato in posizione più avanzata rispetto al compagno, una scelta poco comprensibile, vista la scarsa confidenza con il gol di Zhirkov, sostanzialmente un terzino.

Samedov gioca sostanzialmente da centrocampista, Zhirkov è sulla linea di Smolov. A centrocampo nessuno tra Zobnin, Kuzyaev e Golovin è nelle posizioni di partenza.

L’ingresso in squadra di Dzagoev contro la Turchia ha reso più brillante il possesso, creando almeno una connessione con Golovin, in partenza esterno sinistro, ma quasi sempre dentro il campo per partecipare alla manovra. L’impressione, comunque, è che manchino idee e qualità per arrivare negli ultimi 20 metri e non isolare Smolov, quasi costretto ad abbassarsi per toccare il pallone e sentirsi dentro la partita, rinunciando ai movimenti in verticale per dare profondità alla squadra. La presenza di almeno uno tra Dzagoev e i gemelli Miranchuk sembra indispensabile per garantire qualità e occupazione della trequarti.

Alla scarsa brillantezza offensiva si sommano poi le difficoltà difensive. Sia giocando con maggiore aggressività come contro l’Austria che aspettando più bassa come contro la Turchia, la Russia ha avuto problemi a difendere lo spazio tra le linee e alle spalle della difesa. I difensori sono piuttosto lenti e soffrono ogni volta che devono correre all’indietro, inoltre, quando devono alzarsi per accompagnare il pressing dei compagni più avanzati, sono insicuri e imprecisi. Il gol concesso alla Turchia, costruito con un rinvio del portiere che ha incredibilmente trovato Malli libero in una voragine all’interno della linea difensiva russa, che stava salendo per accorciare la squadra, è illuminante.

Dopo l’Inghilterra, i cui convocati giocano tutti in Premier League, la Russia è la squadra che vanta il maggior numero di convocati che giocano nel campionato casalingo: 21, con le uniche eccezioni rappresentate da Cheryshev, ala del Villarreal, e Gabulov, che invece gioca in Belgio, al Bruges. Questa quasi autarchia non riflette però un aumento della competitività del campionato russo, ma piuttosto la difficoltà del suo sistema a produrre talenti da esportare in campionati di livello più alto.

La Russia che si presenta al Mondiale di casa non è né molto talentuosa, anche a causa degli infortuni, in particolare quello di Kokorin, né particolarmente strutturata attorno a chiare idee di gioco. Nonostante il sorteggio benevolo e il calendario favorevole, non sarà semplice cancellare la tradizione che ha visto i russi uscire al primo turno in sette degli ultimi otto grandi tornei internazionali a cui hanno preso parte.

Cosa dobbiamo sapere dell’Egitto, a parte Salah?

Marco d'Ottavi: Salah o non Salah, Hector Cuper ha impostato l’Egitto come una squadra prevalentemente difensiva. L’Hombre Vertical dopo una parabola discendente che sembrava non finire più e che l’aveva portato ad allenare negli Emirati, ha trovato il suo posto al sole sulla panchina dei Faraoni: in pochi mesi l’ha condotti prima alla finale della Coppa d’Africa, persa all’ultimo minuto ai danni del Camerun, e poi e alla qualificazione al Mondiale, che mancava da 28 anni, grazie ad un rigore a tempo scaduto del suo giocatore migliore, Salah. “Ci sono momenti nella vita in cui, senza davvero programmarlo, tutto va al suo posto: c'è un momento in cui tutto si incastra" ha detto l’allenatore argentino in una bella intervista al Guardian parlando della sua esperienza. In 34 partite sotto la sua gestione, l’Egitto ha preso solo 21 gol (di cui 3 nell’ultima amichevole).

La squadra è impostata con un 4-2-3-1 con pochi fronzoli: una linea difensiva esperta e rocciosa, che potrà contare sull’affiatamento dei due centrali Ali Gabr e Ahmed Hegazi (intravisto a Firenze e Perugia) compagni di squadra nel West Bromwich Albion. Paradossalmente il più grande limite della difesa egiziana è quello della difesa dell’area dai cross: ben 13 dei 18 gol subiti fin qui sono arrivati da colpi di testa e anche nell’amichevole contro la Colombia (finita 0 a 0) Falcao e James Rodriguez si sono resi pericolosi più volte di testa, nonostante i due centrali siano alti oltre il metro e novanta.

La linea difensiva è coperta da due centrocampisti muscolari come Mohamed Elneny e Tarek Hamed. Proprio il centrocampista dell’Arsenal è il giocatore con più responsabilità in squadra in fase di costruzione: quando dalla difesa non si decide di lanciare direttamente lungo è dai suoi piedi che passa il gioco. Inoltre la sua capacità di coprire lo spazio alla sua destra ha permesso a Salah di occuparsi solo sporadicamente della fase difensiva, un po’ come accade nel Liverpool. Anche Elneny però viene da un infortunio: è dal 23 Aprile che non gioca una partita e la sua condizione fisica potrebbe risentirne. Un ulteriore cruccio per Cuper che nelle prime due sfide contro Uruguay e Russia deve provare a fare almeno 2 punti per arrivare all’ultima giornata in posizione di forza (secondo le stime è qui che dovrebbe tornare Salah).

Da questa immagine si capisce bene l’impronta difensiva che Cuper ha dato all’Egitto. Due linee da 4 molto compatte e basse  (anche se un po’ caotiche in alcuni momenti) per creare sempre superiorità in fase difensiva.

In fase difensiva la squadra si difende con due linee da 4 molto compatte, permettendo ad uno dei tre dietro alla punta (solitamente Salah) di agire come secondo attaccante ed occuparsi meno della fase di copertura. Cuper vuole due linee così basse e compatte per attirare gli avversari nella propria porzione di campo così da avere spazi liberi da attaccare una volta recuperato il pallone. La recente amichevole contro il Belgio ha però mostrato i limiti di una impostazione così difensiva: contro una squadra tecnica e piena di giocatori capaci di saltare l’uomo nell’uno contro uno, l’Egitto è finito per schiacciarsi nella propria trequarti rimanendo in balia degli attacchi di Hazard, Carrasco e Mertens. Il Belgio ha tirato 20 volte verso la porta difesa da El-Hadary segnando 3 gol.

L’assenza del loro miglior giocatore nell’attaccare le difese avversarie in conduzione potrebbe pesare molto, anche perché ad oggi l’Egitto non ha sviluppato molte strade alternative per trovare la via del gol. In 57 presenze Salah ha segnato 33 gol e fornito 18 assist, una produzione che nessun altro giocatore dell’Egitto può neanche avvicinare.

Cuper sembra intenzionato ad affidare la fascia destra dell’attacco a Mahmoud Hassan (comunemente noto con il nome di Trezeguet) reduce da una buona stagione in Turchia al Kasımpaşa chiusa con 16 gol e 8 assist, che solitamente nell’Egitto gioca a sinistra. Trezeguet potrebbe brillare sfruttando gli spazi solitamente occupati da Salah, ma sarebbe pretenzioso chiedergli di prendersi carico di tutto il lavoro offensivo. Cuper dovrà trovare un modo per non lasciare troppo isolato Ahmed Hassan “Koka”, il centravanti, i cui lavoro è più utile a fiaccare le difese che non a minacciarle davvero. A dare un po’ di imprevedibilità, di cui l’Egitto ha disperatamente bisogno, potrebbe pensarci Ramadan Sobhi, chiamato in patria Ramadona, che dovrebbe giocare a sinistra.

L’altro grande personaggio da tenere d’occhio, soprattutto se vi piacciono le storie strappalacrime, è il portiere Essam El-Hadary, che a 45 anni diventerà il giocatore più vecchio dei mondiali, capitano e titolare dell’Egitto. La sua è una storia incredibile, che potete leggere qui, e con il suo carisma proverà a guidare la squadra al passaggio del turno. Anche in assenza di Salah, l’Egitto non è una squadra inferiore a Arabia Saudita e Russia. Proprio con i padroni di casa si dovrebbe giocare l’accesso alla seconda fase e non è detto che non sia alla portata dei Faraoni.

 

Quali sono le novità dell’Uruguay? È l’ultima possibilità per la generazione di Godin, Suarez e Cavani?

Federico Aqué: È difficile trovare un’altra Nazionale che restituisca lo stesso senso di sicurezza e continuità dell’Uruguay. Il CT, Óscar Tabárez, è in carica dal 2006, quasi metà dei convocati (11 su 23) sono gli stessi del Mondiale in Brasile di quattro anni fa e sette di loro erano presenti anche in Sudafrica nel 2010. La presenza di questo nucleo storico ha innescato dinamiche più simili a quelle di un club che a quelle di una Nazionale, nella continuità del gioco e nella solidità del gruppo, ad esempio, due aspetti fondamentali in un torneo breve come il Mondiale, in cui le squadre non hanno molto tempo per approfondire la conoscenza reciproca tra i giocatori e trovare riferimenti in campo.

In difesa e in attacco, l’Uruguay può contare su coppie d’assoluta eccellenza, tra le migliori della competizione. Al centro della difesa ci sono Giménez e Godín, che garantiscono un’intesa solidissima, costruita negli anni come compagni di squadra non solo in Nazionale, ma anche all’Atlético Madrid; in attacco, invece, si dividono gli spazi due dei migliori centravanti al mondo, Cavani e Suárez. Probabilmente non sono la coppia meglio assortita del torneo, ma solo le Nazionali più forti, quelle considerate in maniera più o meno unanime come le favorite, possono contare su un potenziale offensivo di questo livello.

Godín, Cavani e Suárez sono tra i migliori interpreti al mondo nei rispettivi ruoli, rappresentano il nucleo storico e ovviamente concentrano su di loro le responsabilità più grandi. I simboli del rinnovamento stanno invece in mezzo al campo, a unire idealmente i due reparti che rappresentano la tradizione. L’Uruguay può contare su una nuova generazione di centrocampisti ricca di talento: Valverde, che però è stato escluso all’ultimo dai convocati, Torreira, che invece si è conquistato un posto in squadra con la grande stagione alla Sampdoria, e Bentancur, che si è immediatamente imposto come titolare. Lo juventino forma con Vecino la coppia di interni che Tabárez ritiene più affidabile, per come abbina forza fisica, un requisito indispensabile per chi gioca in mezzo al campo secondo le idee del CT uruguaiano, capacità di coprire grandi distanze e qualità per far arrivare la palla con precisione agli attaccanti.

Sulle fasce resiste ancora “Cebolla” Rodríguez a sinistra, a destra Tabárez ha invece adattato Nández, un centrocampista di grande personalità, capitano del Peñarol a 21 anni che attualmente veste la maglia del Boca Juniors, ma su entrambi i lati, o da trequartista in caso di centrocampo a rombo, può contare anche su una soluzione più imprevedibile e creativa: De Arrascaeta, che aggiungerebbe qualità nell’uno contro uno e nell’ultimo passaggio.

In difesa sono possibili diverse combinazioni: Cáceres può tornare utile in ogni ruolo, anche se negli ultimi mesi ha trovato spazio soprattutto da terzino sinistro, ruolo in cui Tabárez ha un’opzione più difensiva, Gastón Silva, e una più offensiva, Laxalt, entrato da poco nel giro della Nazionale e comprensibilmente meno incisivo con le sue discese rispetto alle abitudini col Genoa, in cui tra l’altro gioca più avanzato, da esterno a tutta fascia. A destra il CT uruguaiano può scegliere la sicurezza di Maxi Pereira o la freschezza di Varela, terzino 25enne del Peñarol che ha esordito da poco in Nazionale.

Nel complesso l’Uruguay, pur avendo una manovra più brillante grazie alla qualità aggiunta dai nuovi centrocampisti, resta una squadra che ambisce innanzitutto alla solidità difensiva, capace sia di aspettare nella propria metà campo, privilegiando la protezione del centro e dell’area di rigore, sia di avere momenti di pressing intenso ad altezze medio-alte, anche se in questo caso le distanze tra difesa e centrocampo tendono ad allungarsi, complicando sia le marcature tra le linee che la riconquista della palla dopo una respinta.

La fase di possesso è molto verticale e segue meccanismi collaudati: i centrocampisti si dispongono su linee sfalsate per portare la palla fuori dalla difesa e trasmetterla agli attaccanti, restando prevalentemente a supporto quando l’azione si sviluppa più avanti per garantire copertura o tentare di fermare sul nascere le ripartenze avversarie accorciando in avanti. Vecino è comunque più libero di portare palla e inserirsi rispetto a Bentancur, che invece si preoccupa più di gestire la manovra, grazie alla notevole sensibilità con cui alterna gioco lungo e corto, e proteggere la difesa.

Anche a possesso consolidato sia Bentancur che Vecino restano in posizione, mentre davanti si forma una linea a 4 con i due attaccanti e i due esterni che entrano dentro il campo lasciando le fasce ai terzini.

 

Lo sviluppo dell’azione viene definito dai movimenti di Cavani e Suárez, che si alternano negli attacchi in profondità e nei movimenti ad abbassarsi nella trequarti svuotata dai compagni. Assecondando le diverse caratteristiche, Suárez raccorda comunque il gioco di più e meglio di Cavani, che invece è più specializzato nella finalizzazione. Sono frequenti sia i passaggi diretti ai due attaccanti, e in questo senso Godín si prende decisamente più responsabilità rispetto a quanto fa di solito nell’Atlético Madrid, che i cambi di gioco per i due esterni, con l’obiettivo di arrivare al cross servendo chi si è mosso meglio in area tra Cavani e Suárez.

Dopo aver giocato quattro spareggi consecutivi per qualificarsi ai Mondiali, vincendone tre e perdendone uno, l’Uruguay ha staccato direttamente il biglietto per la Russia con il secondo posto nel girone sudamericano alle spalle del Brasile. Al nucleo storico si sono aggiunti giocatori più giovani che garantiscono qualità, freschezza e arricchiscono le alternative a disposizione di Tabárez. La squadra ha talento, organizzazione ed esperienza sufficienti a rispettare i pronostici che la vedono come la grande favorita del gruppo A, ma anche dagli ottavi in poi, quando il livello inevitabilmente si alzerà, l’Uruguay ha le carte in regola per candidarsi a sorpresa del torneo.

 

Quante possibilità ha l’Arabia Saudita di passare il turno?

Marco d'Ottavi: I Figli Del Deserto si sono qualificati approfittando dello scarso livello dell’AFC (e solo grazie ad una migliore differenza reti rispetto all’Australia peggiore del secolo), ma non sono di certo nel loro momento migliore né a livello tecnico - molto lontano da quella della seconda metà degli anni ‘90- né a livello federale. Quello che dobbiamo chiederci, piuttosto, è se rischia di essere la squadra più scarsa del torneo.

Nel giro di pochi mesi, abbastanza inspiegabilmente, hanno cambiato 3 allenatori. A settembre è stato licenziato l'olandese Bert van Marwijk, nonostante la qualificazione al mondiale, dal quale l'Arabia Saudita mancava da Germania 2006. Poi - dopo poche settimane - anche il sostituto Edgardo Bauza (già allenatore dell’Argentina) è stato esonerato per far posto a Juan Antonio Pizzi, ex allenatore del Cile guidato alla vittoria della Copa America 2016. Pizzi è certamente un buon allenatore, ma l’opacità delle scelte della federazione denota una certa confusione che non aiuta il movimento.

Per riscattarsi la federazione ha provato a giocare la carta “social simpatia”.

Ma il vero salto nel buio della federazione è stato il suo accordo con la Liga. Nel mercato di gennaio 9 giocatori della nazionale sono sbarcati in prestito tra Liga e Liga 2, in una specie di “stage” per prepararsi al mondiale. Un’operazione potenzialmente importante, sia a livello di marketing che tecnico. L’Arabia Saudita era infatti, insieme all’Inghilterra ma per motivi molto diversi, l’unica nazionale i cui convocati provenivano tutti dal campionato nazionale. Mandarli a giocare in Spagna sarebbe servito ad arricchire il loro bagaglio e a preparare un futuro più internazionale per i giocatori sauditi.

La spedizione in terra iberica è stata però un disastro. Questi nove tutti insieme hanno accumulato solo 3 presenze in totale, sparendo totalmente dai radar per la maggior parte. Una catastrofe che è finita per pesare anche nelle scelte di Pizzi, costretto ad orientarsi verso giocatori con minuti nelle gambe. Solo 3 di questi sono infatti riusciti a farsi convocare: Al-Shehri, che al Leganés non ha giocato mai; Al-Dawsari, teoricamente il talento più luminoso dell’Arabia Saudita, ha solamente esordito con il Villarreal; mentre Al-Muwallad ha giocato appena due partite con il Levante. Tre dei migliori giocatori della squadra che arriveranno all’appuntamento in Russia in condizioni quanto meno precarie, avendo giocato quasi nulla da gennaio ad oggi.

Pizzi sembra orientato a schierare la squadra con un 4-2-3-1 molto difensivo, con l’idea che se fare gol è difficile, in mancanza di talento, la solidità è la cosa più importante. I due centrali difensivi dovrebbero essere Osama Hawsawi e Omar Hawsawi, ma i due non hanno nessun tipo di parentela. Il peso offensivo della squadra passa dai tre dietro la punta - Al-Shehri, Al-Dawsari e Al-Muwallad - che hanno il compito di gestire le transizioni offensive da cui Pizzi spera di ricavare il massimo possibile.

Il passaggio del turno è un’utopia, la speranza per l’Arabia Saudita è che questa esperienza in Russia serva per gettare le basi per un futuro calcistico più luminoso e meno confusionario.

 

Oltre all’Uruguay, chi vedete favorito per il passaggio del turno?

Federico Aquè: I rapporti di forza del girone sono piuttosto definiti. L’Uruguay è di un altro livello e l’Arabia Saudita sembra troppo debole per poter ambire alla qualificazione agli ottavi. Restano Russia ed Egitto, e non è facile stabilire una squadra favorita. I padroni di casa sono pieni di incognite, non hanno molto talento, né un gruppo affiatato e chiare idee di gioco; l’Egitto ha uno stile più definito, ma non si sa in che condizioni arrivi la sua stella, Salah.

Il recupero di Salah può davvero spostare gli equilibri del girone: dovesse arrivare alla partita contro la Russia a un livello di forma accettabile, l’Egitto potrebbe contare sul giocatore ideale per far ammattire la lenta e insicura linea difensiva dei padroni di casa; diversamente la sfida sarebbe più equilibrata e, in assenza di una chiara favorita, il vantaggio di giocare in casa potrebbe avere un peso specifico maggiore per la Russia.

Marco D'Ottavi: Affidandomi al pensiero magico vedo l’Egitto favorito rispetto alla Russia. Troppo forte l’impatto emotivo della loro qualificazione, troppo succosa la storia di Salah che torna dall’infortunio e porta l’Egitto agli ottavi. La Russia - poi - è più forte dell’Egitto solo se crediamo alla storia per cui le squadre di casa vengono favorite dagli arbitri. Ma avranno messo la VAR per un motivo, no?

 

Quale sarà la partita decisiva per la qualificazione?

Federico Aquè: La prima, Russia-Arabia Saudita. Perché è la partita inaugurale e la Russia non ha alternative alla vittoria per sostenere le sue ambizioni di qualificarsi agli ottavi. Perdere punti contro l’Arabia Saudita metterebbe i russi in una brutta situazione in vista delle sfide più difficili, contro Egitto e Uruguay.

Marco D'Ottavi: Penso che la partita decisiva possa essere quella tra Russia e Egitto alla seconda giornata, uno scontro diretto tra le due seconde forze nel girone. L’Egitto potrebbe arrivarci dopo aver perso punti alla prima giornata contro l’Uruguay, mentre la Russia potrebbe cercare di conquistare il passaggio del turno qui, senza dover poi arrivare con l’assillo della vittoria all’ultima partita del girone contro Suarez e Cavani. 

 

Quali sono i giocatori con cui farci belli al bar?

Marco d'Ottavi: Aleksandr Golovin ad appena 22 anni sarà il giocatore più interessante tra le file dei padroni di casa della Russia, una responsabilità non da poco. Nato a Kaltan, Siberia occidentale, Golovin è cresciuto giocando principalmente a futsal nei tanti palazzetti che sorgono in quella zona della Russia per ovviare al clima particolarmente rigido (ancora a metà maggio la minima a Kaltan scende sotto lo 0). Come tutti i giocatori con un passato nel futsal, Golovin ha un ottimo controllo di palla e una capacità speciale nel muoversi negli spazi stretti.

Dopo un inizio promettente come esterno offensivo, Goncharenko - il suo allenatore al CKSA Mosca - lo ha trasformato in una mezz’ala per sfruttare il suo grande dinamismo e l’ottima visione di gioco. Una scelta coraggiosa che ha pagato: oggi Golovin è tra i centrocampisti under 23 più interessanti d’Europa.

Negli ultimi anni Golovin ha costruito e arricchito il suo gioco, inserendo nel proprio bagaglio tecnico una maggiore sensibilità nei passaggi e una fase difensiva notevole, soprattutto quando si trova a difendere in avanti, mostrando una forza fisica notevole nell’affrontare avversari anche più grandi di lui (Golovin è alto 180 centimetri e pesa solo 69 chili). Non per questo ha però perso le sue qualità offensive: Golovin brilla negli inserimenti senza palla e soprattutto nel tiro da fuori, forse la sua miglior qualità.

Per fare un ulteriore salto di qualità, Golovin ha bisogno di lasciare la comfort zone del campionato russo per affinare il suo gioco in un campionato più impegnativo. E quale vetrina migliore del mondiale per attirare l’interesse delle grandi squadre?

Federico Aqué: Il ritiro dei gemelli Berezutsky non ha esaurito le saghe familiari all’interno della Nazionale russa. Nella rosa dei 23 convocati dal CT Cherchesov ci sono infatti i gemelli Miranchuk, Aleksey e Anton, protagonisti nel campionato vinto dal Lokomotiv Mosca. Aleksey ha contribuito con 7 gol e 3 assist, Anton con 4 gol e 5 assist. Entrambi in grado di giocare in ogni ruolo sulla trequarti, si riconoscono perché Aleksey è mancino, mentre Anton è destro.

Le loro carriere hanno avuto sviluppi molto diversi. Aleksey era considerato un predestinato, ha esordito prima sia con il Lokomotiv che in Nazionale, e nel club è titolare da ormai un paio di stagioni. Anton è invece dovuto andare in Estonia, in prestito nel 2016 al Levadia Tallinn, per dimostrare il suo valore e convincere il Lokomotiv a dargli un’occasione. Ad aprile di un anno fa ha esordito nel campionato russo con il club moscovita, nella stagione appena conclusa è diventato titolare e ha trovato spazio pure in Nazionale, guadagnandosi la prima presenza a ottobre in un’amichevole contro la Corea del Sud.

Entrambi sono stati tra i migliori giocatori dell’ultimo campionato russo per dribbling e occasioni create e, anche se sarà difficile vederli in campo insieme, con i loro spunti potrebbero dare alla Russia l’imprevedibilità di cui ha un disperato bisogno negli ultimi 20 metri.

Marco d'Ottavi: Fahad al-Muwallad è un’ala elettrica e dribblomane, il tipo di giocatore che può brillare in questo tipo di competizioni sempre molto chiuse. Alto 166 centimetri per 59 chili, Muwallad ha un baricentro basso e una grande forza nelle gambe, che gli permette di resistere nei contrasti con difensori più grossi e lo rende molto abile nel dribbling; ma dovrà ricevere il pallone nella giusta porzione di campo per risultare incisivo. Il rischio è che il lavoro di raccordo che gli chiederà Pizzi finirà per renderlo meno lucido negli ultimi venti metri di campo. Se invece l’allenatore dei Figli del deserto dovesse concedergli la giusta libertà, magari ci farà divertire.

Federico Aqué: Non possiamo non menzionare forse uno dei giovani talenti più affascinanti di questo Mondiale, Giorgian De Arrascaeta è un trequartista piccolo con un gran controllo di palla e una spiccata predisposizione al passaggio filtrante. Ha 24 anni, gioca nel Cruzeiro e garantisce a Tabárez un’opzione più creativa e abile nell’uno contro uno a sinistra, la fascia in cui viene schierato abitualmente dal CT uruguaiano, ma anche la possibilità di passare a un centrocampo a rombo, di cui De Arrascaeta sarebbe il vertice alto.

Ha preso parte al Mondiale Under-20 del 2013, in cui l’Uruguay è arrivato in finale, perdendo ai rigori contro la Francia di Pogba, Thauvin, Kondogbia e Umtiti. In quell’occasione commise uno dei due errori dal dischetto che consegnarono il titolo ai francesi. Dopo gli esordi col Defensor, con cui è arrivato in semifinale di Copa Libertadores nel 2014, da tre anni gioca in Brasile, al Cruzeiro. Anche se Tabárez non ha rinunciato all’esperienza e all’equilibrio che garantisce “Cebolla” Rodríguez, De Arrascaeta potrebbe avere un ruolo importante per aggiungere imprevedibilità e creare connessioni più creative con i giocatori da cui dipendono le sorti dell’Uruguay: Cavani e Suárez.