Materazzi: "Nel 2006 eravamo pronti a vendere l'anima. Tutti i segreti della nostra vittoria ai Mondiali"

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L'ex difensore campione del mondo con la Nazionale italiana nel 2006 ha parlato degli elementi fondamentali affinché una squadra possa affermarsi nel torneo più importante: "In Germania abbiamo combattuto l’uno per l’altro, l’unità del gruppo è fondamentale. Quelli che non giocano sono più importanti di quelli che scendono in campo, nel 2006 eravamo pronti a vendere l’anima per la nostra maglia"

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Soltanto pochi giorni al via, poi sarà nuovamente tempo di Mondiali. Russia 2018, si parte: tante le Nazionali a caccia del trionfo finale, tra favorite e possibili outsider. Diversi anche gli aspetti fondamentali per arrivare al trionfo: soprattutto di questo ha parlato un giocatore che ha legato indissolubilmente il proprio nome ai Mondiali, Marco Materazzi. Protagonista assoluto della vittoria dell’Italia a Germania 2006, l’ex difensore campione del mondo si è concesso ai microfoni del The Guardian per una lunga intervista: parecchi i temi trattati dall'ex giocatore, in gol nella finale di Berlino tra gli azzurri e la Francia: Materazzi ha svelato i segreti che hanno permesso alla Nazionale italiana di salire sul tetto del mondo nel 2006.

Combattere l’uno per l'altro

"Ci sono diversi motivi che ci hanno portato alla vittoria nel 2006 – ha detto Materazzi -, ma c'è un aspetto principale del nostro trionfo che è assolutamente fondamentale: in Germania abbiamo combattuto l'uno per l'altro, eravamo una squadra unita. L'unità del gruppo è il segreto. La squadra deve essere unita. Questo è più importante di ogni singola abilità sportiva. È fondamentale per tutti essere concentrati sull'obiettivo, ovvero vincere la Coppa del Mondo, e nel 2006 lo eravamo. Eravamo anche un gruppo di amici, più che un semplice gruppo di calciatori, e questo ci ha aiutato enormemente. Siamo sempre stati più forti di qualsiasi ostacolo. Per due anni siamo andati avanti insieme, sempre lo stesso gruppo di giocatori. Ci siamo conosciuti così bene, durante gli allenamenti e durante le partite, come giocatori ma anche a livello umano. Insieme ci siamo sentiti fortissimi. Eravamo fiduciosi di poter realizzare questo grande sogno".

Pronti a vendere l'anima

Materazzi ha poi chiarito un aspetto fondamentali dei rapporti all’interno del gruppo che permise all’Italia di vincere i Mondiali del 2006. "I giocatori e l’allenatore che vogliono vincere la Coppa del Mondo, a mio parere, devono conoscere una regola a memoria – ha spiegato l’ex difensore azzurro -: quelli che non giocano sono più importanti di quelli che scendono in campo. Ogni giorno è fondamentale che tutti si sentano coinvolti, anche quelli che non faranno parte della formazione iniziale nella partita seguente. Questo significa essere una squadra. L'Italia ha vinto la Coppa del Mondo nel 2006 perché quelli che giocavano e quelli che non lo facevano stavano sullo stesso livello. Non ci sono mai stati problemi, tutti, e intendo davvero tutti, erano pronti a vendere la propria anima per la maglia quando necessario , non importava se si fosse protagonista o meno. Questo tipo di spirito permette a una squadra di diventare più forte. Nell'estate del 2006 c’è stato il famoso scandalo di Calciopoli. L'intera opinione pubblica e tutta la stampa volevano vedere escluso Fabio Cannavaro per questo motivo. Cannavaro era il nostro capitano, e il capitano è intoccabile, così lo difendemmo, lo rispettammo e ne uscimmo più forti".

Il ruolo della famiglia

Decisivo secondo Materazzi anche l’apporto della famiglia. "Anche la famiglia ha un ruolo importante: le mogli e le ragazze erano tutte insieme in un altro hotel – ricorda l’ex numero 23 dell’Italia -, come se fossero in ritiro. Anche questo dimostra anche unità, avevamo la possibilità di vederle sempre il giorno dopo una partita. Loro non andavano a fare shopping, non erano lo stereotipo delle Wags: portavano i nostri bambini a giocare al parco. È così che si forma un gruppo in una Coppa del Mondo, dando importanza anche a ciò che accade fuori dal campo".

La PlayStation con Totti il giorno della finale

"Sul campo la preparazione atletica che precede la Coppa del Mondo è fondamentale. Bisogna arrivare in buona forma, – ha aggiunto Materazzi -, si gioca ogni quattro giorni, quindi è necessario essere in perfette condizioni. Dopo le partite c'è un allenamento leggero, quindi ci sono una o due sedute al massimo prima di tornare in campo. Non c'è tempo libero e sapere come gestire i momenti man mano che ci si avvicina alle partite importanti è fondamentale". L’ex difensore ha poi ricordato un aneddoto relativo al giorno della finale tra Italia e Francia: "Tutti vivono questi momenti a proprio modo. Io ad esempio utilizzavo la Playstation, sia da solo nella mia stanza ma anche in gruppo. Il giorno della finale Italia-Francia, alle 17:30, dopo la merenda pomeridiana e poche ore prima della partita ero nella mia stanza a giocare con la PlayStation con Francesco Totti e Vincenzo Iaquinta. Ho detto tutto...".

Concentrazione e coraggio: la personalità dell'allenatore

Materazzi si è anche soffermato sull’aspetto mentale determinato dall’allenatore: l’ex difensore ha elogiato Marcello Lippi. "In una Coppa del Mondo non c’è tempo per festeggiare dopo ogni vittoria. Forse si può fare nei quarti di finale e nelle semifinali, perché a quel punti si può soltanto guardare avanti, ma il segreto è rimanere sempre concentrati. Dopo aver battuto la Germania in semifinale a Dortmund eravamo contenti, ma stavamo già pensando alla Francia. Questa è una mentalità vincente. Poi c'è l’allenatore. Essere coraggiosi è una caratteristica fondamentale di un allenatore vincente in una Coppa del Mondo. Marcello Lippi, l'allenatore della nostra squadra nel 2006, è stato così: ha preso decisioni difficili e ha cambiato le partite. Se hai personalità e coraggio, i grandi campioni ti ascoltano e ti rispettano".

Vietato scoraggiarsi

"Dal punto di vista mentale il mio consiglio è di non scoraggiarsi mai. Tra i momenti indimenticabili per me c'è ovviamente il gol contro la Francia nella finale – ha concluso Materazzi -, ma soltanto pochi minuti prima avevano concesso alla Francia un rigore per un fallo commesso da me. Riesco ancora oggi a ricordare quella delusione, ti senti male dentro. Speravo solo che Zinedine Zidane lo sbagliasse. Non è andata così, ma mi sono detto di non arrendermi e il destino poi mi ha regalato quell'indimenticabile gol. Se dovessi scegliere un ricordo della mia Coppa del Mondo penserei alle parole di Gigi Riva, ex attaccante del Cagliari, una leggenda del calcio italiano che ha segnato 35 gol in 42 partite per la Nazionale. Mi ha detto: 'Marco, vorrei scambiare 100 gol miei per quello che hai segnato'. Solo allora ho capito l'importanza di ciò che avevo fatto. Lì ho visto la grandezza di un gruppo straordinario. La Coppa del Mondo può essere vinta solo da un gruppo forte, come lo era quella fantastica Italia".