Il professor Shearer e la formula del rigore perfetto: 20 anni fa un gol consegnato alla scienza

Mondiali

Vanni Spinella

30 giugno 1998: nel corso di Inghilterra-Argentina, Alan Shearer entra nella storia con un rigore studiato dalla scienza. Un'università inglese l'ha tradotto nella formula magica per segnare sicuramente. Peccato che nessuno l'abbia spiegata a Batty

Immaginate la scena. Università John Moores di Liverpool: il professore di fisica, gessetto alla mano, inizia a scrivere alla lavagna.

(((X+Y+S)/2)x((T+I+2B)/4))+(V/2)-1

«Bene», fa il prof rivolgendosi agli studenti, «Qualcuno di voi sa dirmi il risultato?»
In fondo all’aula si leva un braccio. «Signor Shearer, prego. Ha la soluzione?»
«Gol! Il risultato è gol!»
«Molto bene, signor Shearer. Adesso può riabbassare il braccio»

Il prof non sa che Alan Shearer è solito esultare così e sta solo festeggiando l’ennesimo centro della sua straordinaria carriera: un gol passato alla storia perché studiato dalla scienza. Dietro alla formula scritta alla lavagna si nasconde infatti la ricetta del calcio di rigore perfetto. E a tirarlo, esattamente 20 anni fa, fu proprio quel secchione di Alan Shearer. Sia chiaro: nel momento in cui l’ex attaccante dell’Inghilterra batteva il portiere argentino Roa non sapeva nemmeno lui di essere destinato a finire sui libri di fisica. Non si mise a contare i passi né a calcolare angolazioni di tiro e velocità del pallone: fece tutto come gli suggeriva l’istinto, calciando alla sua maniera. Una gran botta di destro, a incrociare, nell’angolo alto della porta. Il segreto del rigore perfetto è tutto qui: se vuoi essere sicuro di segnare, basta tirare fortissimo sotto l’incrocio. Grazie tante.

Non ditelo agli scienziati, però. A loro piace complicarsi la vita, tradurre in numeri ogni aspetto della realtà, e così sono andati a fondo della questione. Quelli della John Moores di Liverpool calcolarono veramente quanti passi di rincorsa siano necessari per impattare al meglio il pallone, con che velocità questo debba “uscire” dal piede, quale angolo gli si debba dare per risultare assolutamente – matematicamente, scientificamente – imparabile. Hanno insomma elaborato il modello del rigore perfetto, accorgendosi poi che questo coincideva con un rigore che era già stato calciato nella storia dei Mondiali: proprio quello di Alan Shearer contro l’Argentina, il 30 giugno 1998.

Batistuta non ha la formula

Nella formula, X e Y sono le coordinate del pallone rispetto al centro e rispetto al suolo, S è il numero di passi nella ricorsa, T il tempo che deve passare tra il momento in cui si piazza la palla sul dischetto e quello in cui la si calcia, I il tempo tra il primo movimento del portiere e l’arrivo della palla, B la posizione del piede al momento del tiro, V la velocità della palla. Se consideriamo che Shearer ha azzeccato tutti questi parametri involontariamente, guidato semplicemente dall’istinto del campione, bisogna iniziare a rivedere quelle ingenerose credenze sull’intelligenza dei calciatori.

Uscendo un attimo dal laboratorio, vale la pena però di contestualizzare quel calcio di rigore. Ottavi di finale, si gioca a Saint-Etienne e Argentina-Inghilterra non vi stiamo neanche a raccontare cosa significhi dopo la mano di Maradona. Siamo sull’1-0 per l’Albiceleste in virtù del calcio di rigore realizzato da Batistuta dopo appena 6’. Uno scatto dell’epoca ci mostra come al momento della battuta, tra i giocatori inglesi al limite dell’area in attesa di lanciarsi sull’eventuale respinta del portiere, ci sia proprio Shearer: ha l’aria interessata, quasi da studioso, come se volesse giudicare la dinamica del gesto dell’avversario. Gran botta ma non così angolata, tanto che Seaman intuisce e solo la potenza del tiro salva Batigol.

E invece ricordiamo il gol di Owen

Passano 4’ e l’arbitro Nielsen, chiaramente uno studioso dell’Università di Liverpool in incognito, assegna un nuovo rigore, questa volta agli inglesi. Shearer va sul dischetto e si laurea in fisica. Anche qui c’è una foto che esprime il concetto meglio di qualsiasi formula: il portiere argentino Roa, che ha intuito la traiettoria del tiro, è proteso al massimo, ma su quella palla non ci arriverebbe neanche se fosse Tiramolla.

Ecco dunque il primo motivo per cui in pochi ricordano quel rigore: non si trattò di un gol decisivo. Il secondo è che pochi minuti dopo fu oscurato da un’altra prodezza (che probabilmente nemmeno la scienza saprebbe spiegare), che consegnò quell’ottavo di finale Mondiale alla storia: il gol di Owen. Curioso come, nella stessa partita, la scienza trovi esaltante – addirittura motivo di studio – la situazione più asettica che il gioco del calcio possa offrire, un banale rigore, mentre il tifoso sgrani gli occhi di fronte all’epifania di un giovanotto inglese di 18 anni che con un’accelerazione fulminante e una serpentina supersonica si beve l’esperta difesa argentina e poi scarica nel sette (lo stesso infilato da Shearer) uno dei gol più belli dei Mondiali. Scienza e tifo, cervello e cuore: è la formula magica del calcio.

Dimmi come Batty...

Il nuovo pareggio di Zanetti (schema eseguito scientificamente su calcio di punizione: varrebbe la pena di studiarlo...) porta la partita ai supplementari e infine ai rigori, per la gioia dell’arbitro e della sua equipe di ricercatori. Qui però Shearer si fa egoista e tiene tutto per sé il segreto del successo. Segna di nuovo, il primo rigore della serie, con una fotocopia quasi perfetta del rigore doc (solo un pelo più centrale), poi assiste alle pessime prove di Ince e soprattutto Batty, che calcia il rigore decisivo tentando di imitarlo (stesso angolo) ma in modo infinitamente più goffo e timido. Ne esce un debole tiro a mezza altezza che elimina l’Inghilterra dal Mondiale, condannando il povero Batty a un’estate di ripetizioni sui libri di fisica.