L'attaccante del Barcellona ha vissuto un anno turbolento, ma domenica si godrà la sua prima finale di un Mondiale. A 21 anni l'esterno francese ha realizzato il suo sogno dopo aver fatto grandi sacrifici ed essere cresciuto in un quartiere difficile. Il tutto raccontato in un documentario prodotto dal regista Jesse Adang
Un trasferimento da 150 milioni, i primi assaggi di Barcellona, poi il lungo infortunio, il ritorno, la vittoria della Liga e la chiamata per il Mondiale, dove la sua Francia ha conquistato la terza finale della sua storia. Partita con i migliori auspici, è stata una stagione di alti e bassi per Ousmane Dembelé, etichettato come 'enfant terrible' dopo i capricci per lasciare Dortmund e trasferirsi in Catalogna e messo alla gogna mediatica dopo le recenti dichiarazioni del suo Ct, Deschamps, che lo ha criticato per un atteggiamento non consono a quello che ci si aspetterebbe da un giovane che a pochi metri vede la vittoria del suo primo Mondiale. Giudicarlo troppo in fretta sarebbe però sbagliato. Ha da poco compiuto 21 anni, ma alle spalle ha già una vita di grandi sofferenze e sacrifici. La sua è una rapida ascesa dalla povertà al calcio che conta, una storia diventata un documentario chiamato "Ousmane" e che fa parte di una miniserie diretta dal regista Jesse Adang e intitolata "Ballon sur Bitume", un modo di vedere il calcio in modo più concreto e più vicino all'aspetto umano. Dembelé è infatti cresciuto nel ghetto di La Madeleine, un sobborgo di Évreux, e la sua volontà di lasciare quelle zone contrassegnate dalla povertà lo ha reso l'uomo che è oggi. "La mia forza viene dal quel quartiere degradato - racconta l'esterno nel docufilm -. Mi ha aiutato a diventare una brava persona e un uomo umile. Non dimenticherò mai da dove vengo perché mi sono occupato di cose che altre persone non affronteranno mai nella vita. Giocavamo continuamente a calcio per le strade dalle 13 alle 20. Ero sempre con la palla tra i piedi". Testimonianze che arrivano anche dalla sua migliore amica, Youness Oubrayeme, suo compagna di gioco nell'età dell'infanzia: "Era uno dei tanti ragazzi che giocavano per le strade - afferma -. Avrebbe potuto essere più giovane di dieci anni rispetto agli altri bambini, ma lui continuava a "prendersi gioco" di loro, saltarli e fare gol. È lì che è diventato una star in campo e la gente ha iniziato a parlare di lui".
I primi passi da calciatore
Quando aveva solo sei anni Dembelé iniziò ad allenarsi con il club locale, l' ALM Évreux, ed è qui che il suo primo allenatore, Ahmed Whabi, ne scoprì il talento e la fame che aveva dentro di diventare un grande campione: "Allenavo la squadra del paese e una sera, prima di lasciare il campo, vidi Ousmane giocare - spiega il mister -. Vidi il modo in cui toccava la palla, aveva una tecnica eccezionale per la sua età. Prima di unirsi alla squadra mi chiese: «Possiamo giocare tutti con le stesse maglie? E avere un arbitro nelle nostre partite?» e io gli risposi: "Certo, avrai una maglia e ci sarà anche un arbitro. Inoltre avrai la gente intorno al campo pronta a sostenerti e tirarti su di morale». Si mise a ridere e accettò la proposta. Pensai che avrebbe saltato tre-quattro avversari in ogni partita e segnato continuamente gol. E così è successo". Un suo ex compagno di squadra, Mohamed Imarighan, ricorda poi una particolare partita contro la formazione locale di Vernon: "Inizialmente era in panchina. Poi scese in campo, superò cinque avversari, saltò anche il portiere e appoggiò la palla in rete con la testa - afferma -. Non lo dimenticherò mai. Potete chiedere ai giocatori del Vernon. Penso che quel giorno ebbero gli incubi, specialmente il portiere. Io dicevo che volevo essere come Cristiano Ronaldo, mentre Ousmane affermava che voleva diventare più come Messi. Ci fece una promessa: «Diventerò un grande calciatore». Passo dopo passo ha fatto il suo percorso e oggi è un compagno di squadra dell'argentino".
Il trasferimento al Dortmund
Col passare degli anni il talento di Dembelé divenne conosciuto in tutta la Francia e si presentò alla sua stagione da debutto in Ligue 1, con la maglia del Rennes, con 12 gol in 29 partite. Un rendimento straordinario che gli valse la chiamata del Borussia Dortmund nel 2016. E in Germania fu subito accolto da Aubameyang che lo mise sotto la sua ala protettiva: "Mi ha fatto venir voglia di aiutarlo e prenderlo sotto la mia protezione perché so quanto possa essere difficile all'inizio - racconta l'attuale punta dell'Arsenal -. Quando non parli tedesco, inglese o spagnolo diventa tutto più complicato. Pensavo di dover assumere il ruolo di fratello maggiore o in qualsiasi altro modo lo vogliate chiamare. Ho preso la cosa molto sul serio perché volevo che si trovasse nelle migliori condizioni e avesse successo". Nella sua terra natia, nel frattempo, nessuno lo ha dimenticato e anzi è diventato un modello per gli altri bambini del quartiere che impazziscono per la sua classica giocata, denominata "la mossa di Dembouz". "Quando fai finta di tirare e all'ultimo secondo ti giri e calci ad effetto. Nei campi di La Madeleine la chiamiamo così" racconta un ragazzo. Una curiosità che lascia di sasso l'attaccante francese: "Nessuno me l'ha mai detto - continua. Non so se mi prendano come modello, ma è bello che i bambini del quartiere mi guardino ancora". Nonostante sia riuscito a realizzare il sogno di diventare calciatore e adesso giochi per uno dei migliori club al mondo, Dembelé continua a mantenere i piedi per terra e il merito è anche del suo agente, Moussa Sissoko: "Un bambino che cresce in quelle aree, in un ambiente particolare, non ha gli stessi problemi di un ragazzo cresciuto in una famiglia benestante - afferma il procuratore -. Le persone devono saperlo e capirlo perché è una questione di interesse per la società".
"Il suo background è fondamentale per capire le sue reazioni"
"La sua storia mi ha toccato, ho sentito molto parlare di lui e ho sentito che dovevo fare un film sulla sua vita". Parla così Jesse Adang, l'ideatore del documentario, quando spiega cosa lo ha spinto a concentrarsi sull'attaccante francese, domenica impegnato nella finale del Mondiale contro la Croazia. "È difficile crescere quando ti trovi in una zona molto povera - continua ai microfoni del Sun -. Il suo unico obiettivo fin da piccolo era quello di diventare un calciatore. Ci ha provato in tutti i modi, ha fatto tanti sacrifici e ci è riuscito. Forse non ce l'avrebbe fatta se non avesse nutrito quello spirito da combattente che acquisisci quando fai parte del ghetto e devi lottare per tutto. Quando dicono che Ousmane è un ragazzo difficile perché non ha voglia di allenarsi, penso che si debba comprendere prima da dove viene e spiegare perché il suo comportamento è così. Il suo background è fondamentale per capire le sue reazioni". Adang, cresciuto in un sobborgo di Parigi con Mahrez come vicino di casa, è uno dei pochi che ha ottenuto la fiducia di Dembelé a esporsi così in pubblico, probabilmente proprio a causa delle sue dure condizioni di vita. "Dall'esterno potresti credere che lui passa tutte le notti fuori e compra molte macchine, ma non fa parte della sua personalità - aggiunge il regista -. Ama giocare alla Playstation a casa, gli piace giocare a basket e passare il tempo con la sua ristretta cerchia di amici. Quando è a casa non parla di calcio. Abbiamo passato molto tempo insieme e si è discusso soprattutto di NBA, ma mai di calcio. Ho parlato con molte persone, dai suoi ex allenatori ai compagni che hanno giocato con lui. Tutti a Barcellona mi hanno detto che Ousmane è un genio in campo e, anche se il suo primo anno non è stato indimenticabile, ha il talento per arrivare in cima. Ed è lì che arriverà". Adang ha deciso di pubblicare gratuitamente il documentario per far sì che sia d'esempio per i più giovani, costretti a convivere con situazioni non semplici, a non giustificare i propri insuccessi con degli alibi, ma a credere, nonostante tutto, ai propri sogni. Dembelé non ha mai smesso di inseguire il suo obiettivo e domenica, a soli 21 anni, potrebbe già alzare al cielo la sua prima Coppa del Mondo.