Haaland, Odegaard e non solo: cosa temere della Norvegia

C’era una volta Flonaldo. Così ribattezzato - non senza ironia - dalla stampa italiana in onore di Ronaldo il Fenomeno. Che all’epoca era la misura di tutte le cose. Cesare Maldini lo temeva da morire quel Tore Andre Flo alla vigilia degli ottavi di finale di Francia ‘98. Le preoccupazioni della vigilia si rivelarono eccessive. Flo allora centravanti del Chelsea, poi anche al Siena, venne annullato. Al Velodrome andò bene all’Italia: ci pensò Vieri a mandarci ai quarti di finale dove ci saremmo arresi solo ai rigori contro i futuri campioni del mondo della Francia di Zidane. E proprio quell’ottavo di finale perso contro l’Italia resta l’ultima partita ai Mondiali della Norvegia. Che alla Coppa del Mondo di solito vede azzurro e poi muore. Era accaduto anche quattro anni prima a Usa ’94. Fase a gironi: Pagliuca viene espulso e per far entrare Marchegiani Sacchi sacrificò addirittura Roby Baggio. Ci pensò l’altro Baggio a mandarci avanti. A Marsiglia quel giorno del ‘98 in campo c’era pure Stale Solbakken. Oggi ct di una Norvegia che può gestire dalla cintola in su la più grande quantità di talento della sua storia. Bastano tre nomi: Odegaard, Sorloth e -soprattutto - Haaland. Altro che Flonaldo. Ce n’è abbastanza, per loro, per sognare di tornare a disputare un Mondiale. E per noi per non sottovalutarli. La stagione di Haaland è stata nel complesso migliore di quella del suo Manchester City, rimasto a ‘zero tituli’ per la prima volta dall’ormai lontano 2016-17, primo anno dell’era-Guardiola. Haaland in campionato ha segnato 22 gol in 31 partite. Niente titolo di capocannoniere - andato a Salah - ma anche nella sua peggior annata in Premier League ha segnato gol pesanti che hanno trascinato la squadra anche nei momenti peggiori consentendole di chiudere al terzo posto. Erling Braut ha saltato completamente il mese di aprile per un infortunio alla caviglia. E dopo essere tornato in campo ha segnato solo su rigore contro il Fulham all’ultima giornata, nella partita che ha garantito la qualificazione-Champions al City. Il rimpianto - o forse il rimorso - più grande di questa stagione, però, resta proprio un rigore. Non sbagliato. Ma lasciato a Marmoush per il possibile 1-1 in finale di FA Cup contro il Crystal Palace e parato dall’ex Man Utd Dean Henderson. Una stagione comunque positiva per Haaland che in campionato è tornato a mettere in equilibrio i gol segnati rispetto agli expected goals avuti a disposizione dopo aver underperformato nella scorsa stagione per la prima e unica volta in carriera in campionato: 27 gol segnati contro 29.2 xG avuti a disposizione. Senza dimenticare gli 8 gol in 9 partite di Champions League, inclusa la doppietta, prestigiosa ma inutile, nel play-off perso contro il Real Madrid in febbraio. Le cifre di Haaland, insomma, restano mostruose sia con il City - 121 gol in 142 presenze - sia con la nazionale: 40 gol in 41 presenze ne fanno già il miglior realizzatore della storia. E parliamo di uno che deve ancora compiere venticinque anni. Chi ha avuto una stagione sicuramente inferiore alle attese è invece Martin Odegaard. Il capitano della Norvegia nonché capitano dell’Arsenal è stato condizionato da un infortunio alla caviglia che lo ha tenuto fuori da metà settembre ai primi di novembre. Dopo un ottimo impatto nelle prime due da titolare contro Chelsea e Nottingham Forest - che aveva stupito lo stesso Arteta - Odegaard non è riuscito a confermarsi ai livelli delle ultime due stagioni in maglia Gunners, ritrovandosi solo a sprazzi nel finale di stagione. Nella Norvegia - come accade spesso anche nell’Arsenal del resto - Odegaard oscilla tra la posizione di mezzala destra nel 4-3-3 e quella di trequartista nel 4-2-3-1 quando viene usato come trascinatore di un primo pressing molto aggressivo insieme alla prima punta di turno. Eccellente, invece, la stagione di Alexander Sorloth. Con 20 gol nella Liga ha trascinato l’Atletico Madrid alla qualificazione-Champions e ha confermato le sue doti da grande uomo d’area di rigore. Di questi 20 gol ben 19 sono stati segnati su azione e tutti da dentro l’area di rigore. Incredibile la progressione nella fase finale della stagione: 12 gol nelle ultime 15 partite in tutte le competizioni tra club e nazionale. Cifre quasi alla Haaland. A volte in nazionale Sorloth è costretto a lasciare il centro della scena in attacco proprio al centravanti del Man City. Ma anche dirottato da esterno destro atipico ha saputo lasciare il segno. E si fa apprezzare anche per il suo lavoro sporco in fase di non possesso. A completare la ricchezza del settore offensivo norvegese il talento non ancora compiutamente espresso di Antonio Nusa. Eccellente contropiedista, il classe 2005 di origini nigeriane può essere devastante in campo aperto. Attaccante esterno che ama partire da destra, è dotato di un’accelerazione bruciante con e senza palla. Coinvolto anche lui nella brutta stagione del Lipsia ha convinto solo ad intermittenza anche perché costretto a fermarsi per due mesi tra febbraio e aprile per un infortunio al ginocchio. I 5 gol e i 7 assist della sua prima stagione in Germania sembrano solo un punto di partenza per un giocatore che può ancora diventare un crack. Più problemi per Solbakken invece in difesa dove il leader resta Leo Ostigard, formidabile colpitore di testa con un passato recente nel Napoli. Partendo da dietro e da lontano sa attaccare bene anche Ryerson, finalista l’anno scorso in Champions League con il Borussia Dortmund, che spesso in fase di possesso prende l’ampiezza a destra come una vera ala aggiunta. Occhio a questa Norvegia, insomma. Ma Spalletti lo sa già.

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Paolo Ciarravano