Italia come Camerun e Honduras. Lacrime azzurre, un altro flop Mondiale

Calcio

Luca Cassia

Ultime due edizioni mondiali archiviate ai gironi per l'Italia come Australia, Camerun, Costa d'Avorio e Honduras (Foto Getty)
00_combo_getty

Undici anni fa sul tetto del mondo, gli Azzurri salutano Russia 2018 dopo lo spareggio concesso alla Svezia. Da allora solo altre 4 nazionali hanno fatto, come noi, il Mondiale senza passare il girone: Camerun, Honduras, Costa d'Avorio e Australia. E come nel '58 arriva un'eliminazione "annunciata"

Undici anni dal trionfo di Berlino allo smacco mondiale di San Siro, notte che coincide con l’addio degli ultimi eroi azzurri. Salutano Buffon, Barzagli e De Rossi, superstiti della spedizione in Germania che ci portò sul tetto del mondo. Peggiore congedo non poteva esserci dopo il playoff concesso alla Svezia, tracollo che nega Russia 2018 alla Nazionale italiana reduce dalla delusione più cocente della storia recente. Prepariamoci ad un’estate senza i Mondiali, rassegna che ritroverà la stagione a noi più congeniale solo nel 2026: insomma, iniziamo a fare i conti con uno shock difficile da digerire. Un’apocalisse per definirla come ipotizzava Carlo Tavecchio, numero uno del calcio nostrano, umiliazione che vanta un solo precedente e diverse analogie tra le pagine più nere del nostro pallone. Svedesi artefici del "biscotto" con la Danimarca nel 2004, loro che organizzarono gli Europei del 1992 e il Mondiale del 1958 ai quali l’Italia non partecipò. Proprio il trascorso di 60 anni fa trova similitudini con la sfortunata parentesi di Gian Piero Ventura.

Italia '58, il disastro di Belfast

Oggi come allora, Azzurri a casa ad un passo dalla fase finale. Era la squadra di Alfredo Foni, primo artefice dell’onta targata Irlanda del Nord: un’avversaria modesta che, tuttavia, vinse 2-1 a Belfast il 15 gennaio 1958. Esito destinato al museo degli orrori della nostra Nazionale, d’altronde bastava un pareggio per accedere al torneo in Svezia. In realtà un 2-2 era andato in scena a dicembre ovvero la data originaria dell’incontro, poi convertito in amichevole complice il mancato arrivo della terna arbitrale bloccata dalla nebbia a Londra. Vigilia a Windsor Park carica di veleni con le accuse di pratiche dopanti rivolte agli italiani, gruppo di oriundi e di un ct che schierò una formazione a trazione anteriore con Ghiggia, Pivatelli, Da Costa, Montuori e Schiaffino. Padroni di casa avanti 2-0 all’intervallo, solleticati nella ripresa e qualificati per la prima (e unica) volta al Mondiale. Di contro l’Italia rinunciò alla platea più importante, sola debacle fino a poche ore fa considerando il rifiuto alla FIFA per l’edizione del 1930. A distanza di 60 anni la storia - ahinoi - si è ripetuta.

"Ci siamo vergognati per anni - ha spiegato Gino Pivatelli -, la ferita di quella sconfitta mi ha accompagnato per tutta la vita". Cicatrici sulla pelle dell’ex attaccante di Bologna e Milan, oggi 84enne e unico giocatore ancora in vita insieme a Da Costa di quella partita maledetta. Rimpianti di gol sbagliati e scelte tattiche discutibili, chissà che qualcuno non possa tracciare un parallelo con la Nazionale appena eliminata dalla Svezia. D’altronde anche l’Italia targata anni ’50 si era qualificata nelle due precedenti edizioni dei Mondiali senza fare troppa strada: fuori al primo turno sia in Brasile (1950) sia in Svizzera (1954), fasi a gironi allo specchio con le ultime delusioni azzurre. E, udite udite, quell’Italia si affacciava al dopoguerra non con uno bensì due titoli Mondiali consecutivi vinti nel ’34 e nel ’38, retaggio della guida tecnica di Vittorio Pozzo. La curiosità è implicita: come ripartì quella squadra dopo il disastro di Belfast? Rifiutata la partecipazione al primo Europeo organizzato nel 1960, la Nazionale uscì subito di scena nella Coppa del Mondo disputata in Cile e pure in Inghilterra per mano della Corea del Nord. Forse è consigliabile seguire altre orme.

Come Camerun, Honduras, Australia e Costa d'Avorio

In realtà i due percorsi italiani, sebbene distanziati da 60 anni ed ere calcistiche ineguagliabili, tracciano binari paralleli. Campioni del mondo in Germania nel 2006, gli Azzurri hanno pagato dazio nei due appuntamenti seguenti: disastroso il Lippi-bis in Sudafrica con l’ultimo posto nel girone alle spalle di Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda, altrettanto deludente il flop in Brasile perdendo contro Costa Rica e Uruguay. Circoscritto alle edizioni del 2010 e del 2014, il bilancio dell’Italia recita l’eliminazione nella fase a gironi. Solo altre quattro nazionali hanno realizzato un bilancio così modesto pur raggiungendo la fase finale di un Mondale e sono: Australia, Camerun, Costa d’Avorio e Honduras. Ben quattro di queste cinque squadre non presenzieranno in Russia, d’altronde il playoff intercontinentale tra Australia e Honduras concederà solo un posto per la fase finale. Evitiamo d’indugiare sul valore oggettivo della nostra Nazionale, iscritta a questo elenco ma indubbiamente superiore per mezzi e tradizione. Gli interrogativi vanno posti piuttosto su una crisi generazionale mai sanata, problematica accantonata complici i miraggi degli Europei: quarti di finale nel 2008 e nel 2016, piazzamenti intervallati dal 2° posto nel 2012. Risultati in controtendenza con un trend mondiale terribile, d’altro canto il solo Prandelli ha affrontato il doppio impegno nei grandi tornei a differenza di Donadoni e Conte esentati dalla ribalta extraeuropea. Rinviata colpevolmente la rivoluzione, l’Italia assisterà da casa a Russia 2018 senza le idee e gli uomini ideali per figurare tra le 32 migliori squadre del mondo. Il punto più basso del nostro movimento calcistico si riflette con il 1958, confronto che suggerisce un deciso rinnovamento ovvero la tappa obbligata per tornare ad alti livelli. Chi ci lascia dalla notte di San Siro è invece Gigi Buffon, leggenda che meritava un finale diverso.