Come sta cambiando il Manchester United di Mourinho

Premier League

Dario Saltari

Manchester_UTD_Getty

Nella prima partita dell'anno lo United è tornato alla vittoria, ma José Mourinho sembra sempre meno felice della sua squadra e a corto di idee per risolvere i problemi in campo

GLI HIGHLIGHTS DELLA VITTORIA SULL'EVERTON

Il Manchester United sembra essere entrato in una nuova fase della sua stagione, un momento decisivo che può prendere pieghe inaspettate e girare nel migliore o nel peggiore dei modi. La vittoria il primo dell’anno contro l’Everton, a Goodison Park, ha chiuso un periodo nero per la squadra di Mourinho, che non vinceva dal 17 dicembre, quando ottenne una vittoria risicata in casa del West Bromwich Albion. In mezzo c’è stata la clamorosa eliminazione col Bristol in League Cup e poi tre pareggi pesanti per il morale, contro Leicester, Burnley e Southampton. C’è da dire che in questo periodo lo United non è stato fortunato (sia l’eliminazione col Bristol che il pareggio con il Leicester sono arrivati letteralmente all’ultima azione disponibile della partita) e che la situazione di classifica è ancora sotto controllo, almeno in quel campionato a parte che giocano tutte le squadre che non sono il Manchester City. Eppure, forse proprio per il paragone automatico e inconscio con le fortune della rivale cittadina, intorno allo United c’è un’aria mortifera, un clima da resa dei conti che sembra il preludio di una crisi più grande. O da cui magari, conoscendo l’abilità di Mourinho di usare i conflitti come un trampolino, i “Red Devils” usciranno ancora più forti di prima.

Mourinho contro tutti?

Come troppo spesso è successo nelle sue ultime esperienze inglesi, Mourinho sembra ormai non riuscire più a utilizzare la conferenza stampa come strumento per togliere pressione alla squadra o andare sotto pelle agli avversari, e il clima intorno al Manchester United è dovuto anche all’umore dell’allenatore portoghese quando si presenta di fronte ai microfoni. Praticamente dopo ognuna delle ultime partite ha rilasciato dichiarazioni risentite, il che non sarebbe una novità se non fossero dirette, come già successo al Chelsea, verso i suoi stessi giocatori. «Per loro è stata una grande notte», ha dichiarato dopo l’eliminazione col Bristol in League Cup, «Mentre probabilmente per alcuni dei miei giocatori è stato solo un altro giorno in ufficio».

Anche su Twitter non gira una grande aria: questo è un tweet di risposta a una gif che lo United ha pubblicato per celebrare il capodanno.

Dopo il pareggio con il Leicester le accuse di Mourinho nei confronti della squadra sono diventate ancora più esplicite. «Alcuni giocatori prendono decisioni infantili», ha detto nel post-partita. «Il tempo aiuta nell’avere la giusta maturità per prendere decisioni migliori, ma ci sono alcuni giocatori che rimangono con i loro atteggiamenti infantili fino alla fine delle loro carriere». Mourinho ha rimproverato la sua squadra meno esplicitamente, ma in un modo ancora più profondo, anche dopo il pareggio con il Burnley, che ha visto questa volta lo United recuperare uno svantaggio di due gol all’ultimo secondo. Ha detto che 300 milioni di sterline (all’incirca il prezzo pagato dallo United per i cartellini dei giocatori in due anni di sua gestione) per competere per il titolo non sono abbastanza, dichiarando implicitamente che la sua squadra al momento non ne sia all’altezza: «È il secondo anno che stiamo cercando di ricostruire una squadra che in questo momento non è fra le migliori al mondo».

Questa recriminazione continua con la squadra, implicita ma evidente, alimentata ulteriormente anche dal battibecco con Paul Scholes, leggenda dello United e oggi commentatore TV (che Mou ha sostanzialmente accusato di essere invidioso dei soldi di Pogba), ha sotterrato e sostituito quelli che erano i cavalli di battaglia di Mourinho, come i duelli a distanza con gli altri allenatori, che ormai sembrano parte del passato. In questo contesto persino la frecciata a Klopp sul prezzo di van Dijk è passata quasi in secondo piano. Un atteggiamento mentale che sembra quasi certificare l’inferiorità del Manchester United nei confronti del City, invece di combatterla. Ma i problemi di Mourinho non si fermano alla sala stampa e arrivano anche e soprattutto in campo, al di là dei risultati.

Anno nuovo, vita… nuova?

Nell’ultima vittoria contro l’Everton l’allenatore portoghese ha cambiato modulo e uomini, passando a un 4-3-3 con un tridente “leggero” composto da Mata, Martial e Lingard. L’inserimento delle tre ali era dovuto sostanzialmente alle assenze di Ibrahimovic e Lukaku, entrambi infortunati in maniera piuttosto preoccupante: il primo è tornato ad avere problemi al ginocchio destro e non è ancora chiara l’entità dell’infortunio; il secondo ha preso un brutto colpo alla testa nella partita contro il Southampton, che gli ha impedito di uscire dal campo con le proprie gambe, ma potrebbe tornare presto. Ma Mourinho ne ha approfittato per provare a mettere in campo qualcosa di nuovo: in fase di possesso, infatti, una delle ali veniva dentro al campo per ricevere centralmente, da vero e proprio trequartista - di solito Mata, che per caratteristiche individuali è più portato a fare questo tipo di gioco - mentre gli altri due componenti del tridente cercavano di attaccare lo spazio alle spalle della difesa dell’Everton.

Ma l’applicazione dei giocatori è stata troppo scolastica, con una circolazione palla lenta che non permetteva di disordinare le linee avversarie e una gestione troppo conservativa dell’ampiezza (con i terzini quasi sempre bloccati) che non permetteva di allargare le maglie centralmente, costringendo i tre davanti a cercare la giocata individuale per creare qualche pericolo. Così ha fatto lo United, sbloccando la partita con due tiri dalla distanza pulitissimi di Martial e Lingard, che ha certificato definitivamente il suo grande stato di forma (ha segnato 7 gol nelle ultime 9 partite).

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Il nuovo schieramento dello United in fase di possesso

Il rombo non dà alcun vantaggio allo United, perché, non attaccando l’ampiezza con i terzini, permette all’Everton di rimanere stretto centralmente. Matic forza quindi la verticalizzazione alta per lo scatto di Lingard, ma l’Everton riesce a intercettare, concedendo solo un tiro dalla distanza su una palla sporca.

La vittoria contro l’Everton, nonostante abbia riportato i tre punti all’Old Trafford, ha in qualche modo confermato la dipendenza Mourinho nei confronti dei suoi giocatori, tra cui pochi, però, brillano per creatività e non con grande continuità. I gol di Martial e Lingard sono arrivati in transizione, che rimane il modo più efficace e quasi l’unico che lo United ha per attaccare la porta avversaria; con questa partita i “Red Devils” hanno raggiunto il record simbolico, ma indicativo, del maggior numero di cross tentati in Premier League (478), a conferma della loro scarsa fantasia e della necessità di trovare la superiorità in un duello spesso fisico. L’allenatore portoghese, come già raccontato sull'Ultimo Uomo, non sembra avere nessuna intenzione di correggere i problemi di gioco della sua squadra, preferendo attribuire la responsabilità delle prestazioni, ottime o scadenti che siano, ai suoi giocatori.

Mourinho potrà continuare a sperimentare in FA Cup contro il Derby County (squadra di Championship) e poi avrà 10 giorni prima di una nuova partita in Premier League. Presto dovrebbe tornare Lukaku e magari dal mercato di gennaio arriverà qualche innesto importante (si parla di Lucas dal PSG). Il secondo posto in campionato sembra comunque un piazzamento più che alla portata per lo United in questa Premier League (in cui ha perso solo tre volte in tutto finora), ma è arrivato il momento di cominciare a chiedersi come se la caverà lo United contro le squadre che è destinato prima o poi a incontrare nelle fasi finali di Champions League. Contro squadre come Real Madrid, Barcellona, Juventus, riuscirà ancora a imporre il proprio contesto tecnico e fisico?

Come ha già detto Wenger qualche anno fa, Mourinho sembra essere ormai più spaventato dal fallimento che attratto dalla vittoria. E in quest’ottica, e solo in questa, la Champions League di quest’anno è l’unico trofeo con cui potrebbe aggiungere un capitolo glorioso alla sua leggenda, ma potrebbe rivelarsi anche, solo, un brutto finale per una delle storie più affascinanti degli ultimi vent’anni di calcio.