League Cup, com'è arrivato il primo titolo del Manchester City di Guardiola

Premier League

Daniele V. Morrone

Kompanyalza

La netta vittoria per tre a zero ha confermato due cose: che l'Arsenal di Wenger è il passato e che il City di Guardiola è una squadra difficile da battere, anche nelle partite in cui ci sono trofei in palio

ARSENAL-MANCHESTER CITY: IL RACCONTO DELLA FINALE

Dopo l’uscita a sorpresa dalla FA Cup ad opera del Wigan, il Manchester City ha rimesso in ordine le gerarchie nel calcio inglese andandosi a prendere il primo titolo di Pep Guardiola in Inghilterra, che ha coronato la fantastica prima metà della stagione.

Ancora una volta Guardiola ha dimostrato un pragmatismo, tanto nella preparazione quanto nella lettura della gara, che raramente gli viene riconosciuto. Forse condizionati dalla facilità con cui la squadra riesce a manipolare il campo di gioco e a creare connessioni tra i giocatori in campo, si pensa ci sia un mero slancio poetico nella sua visione del calcio, quando invece quello di Guardiola, per sua stessa ammissione, è semplice e puro pragmatismo, nel senso di mezzo migliore per arrivare a un certo fine.

Guardiola gioca in quel modo non perché crede sia più nobile, ma perché pensa sia la strada più semplice per vincere. Dalla sua visione di base, poi, aggiusta il tiro a seconda del sistema e della strategia dell’avversario. Il City è comunque una squadra che punta al controllo e quando l’avversario è disposto a cederglielo, è ben felice di prenderselo e giocare la partita con il suo piano A. Contro l’Arsenal il City, a dire il vero, non ha giocato il suo miglior primo tempo della stagione, eppure è bastata un’azione studiata in allenamento per portare al gol del vantaggio: un lancio di Claudio Bravo che ha trovato direttamente Sergio Aguero oltre la linea difensiva dell’Arsenal.

A impressionare è stata però soprattutto la gestione autoritaria della gara. Il City ha vinto segnando sui 3 tiri nello specchio effettuati (dei 12 totali). Si è portato in vantaggio nella prima metà del primo tempo e ha chiuso la gara all’ora di gioco con due gol in 7’. La partita ha quindi confermato la natura episodica della sconfitta contro il Wigan e il fatto che il City continua ad essere un dilemma quasi insolubile per le squadre avversarie.

Il piano di Wenger

L’Arsenal di Wenger ha rispolverato il modulo di inizio stagione con tre centrali, due esterni a tutta fascia e un triangolo offensivo da lanciare in transizione (dopo un ritorno alla difesa a quattro nel 2018). L’idea era semplice: difendere togliendo spazio nella fascia centrale riempiendo sia il centro che gli spazi di mezzo con tre linee. La squadra viene quindi messa in campo per difendere con un 5-4-1 in cui gli esterni di centrocampo non sono altro che i due trequartisti dietro alla punta centrale, allargati sull’esterno in fase di difesa posizionale. Veramente nulla di nuovo, ma se eseguito bene questo piano permette di difendere il centro e di bloccare il gioco tra le linee avversario. Nella testa di Wenger l’intenzione è di impedire a de Bruyne e a Silva di ricevere alle spalle del centrocampo con spazio. Una volta che la palla è a disposizione si lancia lungo per mangiare più campo possibile alle spalle della difesa del City. Una strategia che all’inizio sembra davvero premiare l’Arsenal, visto che porta dopo cinque minuti alla più grande occasione della partita.

Ospina rinvia velocemente sulla destra per Bellerín, subito bloccato dal posizionamento del City, il pallone torna al portiere, che con un lancio preciso nel mezzo spazio di sinistra (esattamente alle spalle di Fernandinho) trova Wilshere che può attaccare la linea difensiva che sta scappando all’indietro. Dopo lo stop Wilshere è bravissimo ad eludere l’intervento in scivolata di Kompany, ed è anche fortunato perché sull’arrivo alle spalle di Fernandinho riesce a toccare con il tacco proprio sui piedi di Ramsey che può allargare di prima per Özil in area. La situazione è di 3 contro 4, il pallone va verso Özil nella parte destra dell'area, Wilshere è al centro e Aubameyang a sinistra. Özil, col destro e di prima, la mette precisa sullo scatto in diagonale di Aubameyang proprio al centro dell’area piccola, ma l’attaccante viene anticipato dalla scivolata di Walker. Sul rimpallo Aubameyang riesce ribadire solo debolmente con l’interno, praticamente passandola a Bravo già steso a terra. L’Arsenal non avrà più un’occasione tanto chiara per segnare.



Il tiro di Aubameyang è l’enorme pallino rosso. È arrivato da una posizione centrale da un metro mezzo dalla linea di porta e ha un valore di 0.9 xG, di gran lunga l’occasione da gol più grande di tutta la partita.

Guardiola vuole controllare la gara in modo quasi conservativo. Preoccupato forse dal potenziale in transizione offensiva dell’Arsenal, il tecnico decide di schierare de Bruyne in fascia e girare il proprio triangolo di centrocampo per avere Gündogan e Fernandinho in linea e Silva davanti a loro. Avere quindi due centrocampisti bloccati invece che uno, utilizzare de Bruyne per occupare lo spazio di mezzo di destra e Sané e Walker per dare l’ampiezza a tutta fascia e fissare bassi gli esterni dell’Arsenal. La costruzione dal basso vuole essere più sicura possibile, cercando costantemente la superiorità numerica grazie ai due centrocampisti davanti ai due centrali; una volta arrivata la palla nella metà campo offensiva la vicinanza dei rifinitori de Bruyne e Silva avrebbe comunque permesso di poter riaggredire immediatamente in caso di perdita. Alla fine in campo è Wilshere a posizionarsi nel triangolo offensivo dell’Arsenal invece che Ramsey, ma poco cambia nella strategia del City.

Siamo nei primi minuti dell’incontro ed è già evidente il modulo asimmetrico: de Bruyne si accentra partendo dalla fascia destra, mentre Sané rimane fisso sulla linea laterale (qui fuori inquadratura). Si vede bene anche la differenza d’altezza sul campo di Silva rispetto a Gündogan e Fernandinho.

La squadra di Guardiola vuole correre pochi rischi, attaccando con pazienza e gestendo il controllo della sfera, degli spazi e dei ritmi dell’incontro. La strategia scelta da Wenger non riesce a far nulla per impedirglielo. Il City può permettersi di scegliere quando accelerare e quando invece giocare sotto controllo. Questa superiorità ha costretto l’Arsenal a venire a patti con la propria strategia, inizialmente votata a bloccare la fascia centrale del campo. Il City cinge i due rifinitori, Silva e de Bruyne, con tanti giocatori alle spalle, e Wenger allora è costretto ad alzare il baricentro per allontanare gli avversari dalla propria trequarti. Il tecnico vuole fissare i propri giocatori offensivi alti sull’uscita del City, con Ramsey e Xhaka sui due centrocampisti centrali, Özil e Wilshere sui due terzini e Aubameyang a correre contro la coppia di centrali.

Il cambio di piano, almeno inizialmente, aiuta l’Arsenal, grazie più che altro alla foga di Gündogan, che forse non totalmente conscio della scelta conservativa di Guardiola prova la verticalizzazione fin troppo spesso.

I mille volti del City di Guardiola

Il City ha però un piano anche per superare questo cambiamento dell’avversario: si tratta del rinvio del portiere, utilizzato durante la stagione per trovare i giocatori oltre la linea di pressione. Il motivo per cui il City fissa in uscita del pallone dalla difesa gli esterni alti così larghi è proprio per creare uno spazio dove chi riceve palla è subito in una situazione di uno contro uno, oppure può rimettere la palla al centro subito dietro la linea di pressione dove si posiziona la mezzala del lato della palla.

In questa partita, con il triangolo rovesciato, è David Silva a fare questo movimento per ricevere la seconda palla. Al canario basta un controllo orientato e un passaggio al giocatore più vicino a quel punto in movimento fronte alla porta, per disinnescare la pressione. Questo significa che Xhaka è costretto a mettersi su di lui invece che alzarsi su Fernandinho. Il City così o lancia lungo col portiere o sceglie di giocare palla a terra in superiorità numerica.

L’infortunio di Fernandinho ad inizio secondo tempo ha costretto Guardiola, privo di un ricambio diretto, ad alzare il baricentro della squadra facendo entrare Bernardo Silva. Il City ha così, quasi per pura inerzia, aumentato la propria pressione offensiva e nell’arco di cinque minuti sono arrivati i due gol che hanno chiuso l’incontro. Quando la gara era ancora in bilico il City non aveva mai scelto di cambiare realmente marcia per attaccare l’Arsenal.

Oltre alla capacità di lettura, comunque, c’è anche una grande prestazione dei singoli, che rendono sempre molto complicato affrontare questo City. La partita di Kompany ne è l’esempio perfetto: il capitano era una scelta sulla carta azzardata vista la presenza di Aubameyang in campo e la differenza atletica tra i due. Per di più, quello destro era il lato debole del City in caso di perdita del possesso: Walker doveva spostarsi per compensare gli accentramenti di de Bruyne mentre Fernandinho non è velocissimo negli spostamenti laterali.

Invece abbiamo finito per vedere la miglior prestazione individuale di Kompany da almeno tre anni, al netto del gol. Il capitano è stato freddo con la palla, concentrato in marcatura e bravo nel capire quando lasciare la punta allargatasi per posizionarsi al centro, proattivo nel difendere e coprire quindi la teorica lacuna del suo isolamento contro Wilshere e Aubameyang in caso di perdita. Si è addirittura preso la soddisfazione di battere sulla corsa Aubameyang, in un'occasione in cui era il gabonese era persino partito in vantaggio.

Alla mezz'ora Ramsey recupera palla su Gündogan e riesce a resistere al’intervento di Agüero passandola verso Wilshere in corsa. Kompany che sta tornando verso l’area ci mette un secondo a girarsi e leggere la situazione, scattando per anticipare il numero 10 dell’Arsenal. Con un tocco di prima passa la palla pulita a de Bruyne.

L’Arsenal di Wenger è il passato

Insomma, il City riesce sempre e costruire un vantaggio tattico sugli avversari e a vincere quasi sempre i duelli individuali. Bisogna però dire che l’Arsenal ha fatto di tutto per facilitagli la vita: una squadra tatticamente impreparata e mentalmente fragile come uno Swarovski.

Basta guardare il gol del vantaggio del City, arrivato direttamente da rimessa dal fondo di Bravo, con il solo Agüero in grado di beffare tutti e tre i centrali. Mustafi ha sbagliato completamente il posizionamento, decidendo di mettersi davanti all’argentino, come se volesse metterlo in fuorigioco. La regola però stabilisce in modo chiaro che un giocatore può ricevere anche in posizione di fuorigioco direttamente dalla rimessa dal fondo. Una situazione esplorata più volte dal City in questa stagione grazie alla precisione nel calcio di Ederson. Bravo ha sempre avuto una grande precisione nel rilancio da fermo e il fatto che la difesa dell’Arsenal non fosse stata preparata a tale giocata del City è solo l’ennesima dimostrazione di come l’attenzione ai dettagli che i nuovi allenatori come Guardiola, Pochettino, Conte e Klopp hanno portato in Premier League è lontana dal metodo di lavoro di chi la sua rivoluzione nei metodi di lavoro l’ha fatta vent’anni fa, cioè Arsene Wenger.

Dall’entrata di Kolasinac fino al passaggio alla difesa a 4 a risultato già deciso, l’Arsenal ha attaccato senza trovare una connessione tra le due stelle Özil e Aubameyang.

L’Arsenal non sembra una squadra allenata e preparata su quei dettagli su cui si decidono le partite oggi. Non sembra provare in settimana delle tattiche o delle strategie codificate, sembra piuttosto che Wenger si accontenti di lavorare sulla strategia che la squadra deve mettere in campo contro un determinato avversario. Se il talento a disposizione è in giornata e la strategia funziona allora l'Arsenal può giocare benissimo, come in finale di FA Cup della scorsa stagione contro il Chelsea di Conte. Se i propri giocatori invece non sono in giornata, oppure la strategia iniziale non è stata azzeccata, allora la squadra di Wenger risulta totalmente impotente. Da qui arrivano le continue goleade che, a ritmo alterno, stanno scandendo questo tardo impero Wengeriano.

Questa volta la strategia iniziale ha reso complicato l’approccio del City, ma ha costretto l’Arsenal ad attaccare solo affidandosi ad Aubameyang, visto che Özil non ha trovato il suo posto nella partita (ha tentato solo 38 passaggi, 3 in più del portiere avversario Bravo). Solo Wilshere è sembrato però avere la capacità di far avanzare la palla sul campo oltre la pressione del City, con un passaggio o con una conduzione (5 dribbling riusciti su 7 tentati). Se la palla non passa per Wilshere allora la soluzione è lanciare lungo per Aubameyang e sperare che superi il duello di velocità col centrale.

Nel duello individuale tra Aubameyang e il marcatore diretto, quello dove si giocava la strategia di Wenger, l’attaccante dell’Arsenal non ha vinto. Il piano di riserva del passaggio della difesa a 4 con l’uscita di uno spaesato Chambers per l’attaccante Welbeck, è arrivato solo al 65’, già sul 3-0, mentre i tifosi “Gunners” iniziavano a lasciare lo stadio.

Nello stesso periodo Guardiola guardava già al futuro, facendo fare minuti in campo al rientrante Gabriel Jesus e al giovanissimo Foden, lasciandoci immaginare che questo trofeo potrebbe essere il primo di quella che promette essere una dinastia.