Perché l’Everton ha scelto di nuovo David Moyes?

Sembrava una storia conclusa. Un po’ per la lunghezza del primo mandato, undici anni tra il 2002 e il 2013. Un po’ per l’età, 62 candeline il prossimo 25 aprile. Invece eccoli lì, di nuovo insieme, l’Everton e David Moyes. Alzi la mano il tifoso dell’Everton che avrebbe immaginato lo scozzese in panchina all’inaugurazione del nuovo bellissimo stadio, costruito a Bramley-Moore dock, sulle rive del fiume Mersey. Probabilmente nessuno. Un uomo del passato che varca la porta del futuro. Moyes prende il posto di Sean Dyche, la cui benzina adrenalinica fondamentale per tenere l’Everton a galla negli ultimi due anni complicatissimi, era ormai esaurita. Paga il conto di una sola vittoria nelle ultime 11, ma più in generale l’aver perso la capacità di attecchire sulla squadra a livello emotivo. Moyes, in dichiarata fase di pensionamento dopo la chiusura del ciclo al West Ham, aveva fatto intendere che sarebbe rientrato in pista solo se avesse chiamato un club ambizioso e non coinvolto nel caotico vortice della lotta salvezza. Evidentemente il legame con l’Everton fa caso a sé. Le due strade però, a pensarci bene, si sono sfiorate negli ultimi anni. Nel dicembre del 2019, dopo l’esonero di Marco Silva, sembrava tutto fatto per un ritorno alle origini. Moyes aveva addirittura incontrato l’allora proprietario Moshiri in un incontro riservato in Germania e le carte erano sul tavolo. A far saltare il banco fu l’improvviso e inaspettato esonero di Carlo Ancelotti al Napoli. Moshiri, che per tutto il suo regno ha spesso manifestato un debole per le celebrità, fece il colpo ad effetto, accantonando Moyes. La seconda volta, nel 2021, quando gli fu preferito un altro nome di prestigio, Rafa Benitez, peraltro per nulla gradito alla tifoseria per il suo glorioso passato dalla parte opposta di Stanley Park. Dunque, Moyes, “Comeback kid” come titola il Liverpool Echo, il ragazzo che torna. Il termometro di questi tempi è caldo nei suoi confronti. I tifosi dell’Everton attraverso le varie piattaforme social si sono in larga parte espressi favorevolmente al ritorno dello scozzese. L’ambiente non era altrettanto affettuoso nell’estate del 2013 quando divenne “The Chosen One”, il prescelto. L’uomo che Sir Alex Ferguson aveva individuato come successore per creare un filo di continuità con i 27 anni del suo mandato. Come poter rifiutare. Moyes non solo trasferì il suo ufficio a Carrington, ma cercò di portarsi con lui alcuni dei fedelissimi di Goodison Park. Con Fellaini ci riuscì, con Baines no. L’esperienza al Man Utd non fu come immaginava anche se il tempo ha dimostrato che non fosse lui il problema dei Red Devils. Un Community Shield e neanche il tempo di portare a termine una stagione. Le esperienze successive sono state l’epitome degli alti e bassi che la vita riserva per tutti. Male alla Real Sociedad, male al Sunderland. Bene al primo incarico al West Ham, bene al secondo incarico al West Ham. Anzi, benissimo. Con una storica semifinale di Europa League nel 2022 ad anticipare uno degli eventi più gloriosi della storia degli 'Irons': la vittoria del primo trofeo europeo con la Conference League alzata a Praga il 7 giugno 2023. Brutti ricordi per i tifosi della Fiorentina, indimenticabili per il West Ham e per Moyes che negli spogliatoi festeggiò ballando sulle note di un celebre brano dei Proclaimers, “I’m gonna be . Bisogna però rispondere al quesito iniziale. Perché l’Everton ha scelto di nuovo Moyes? Non per traghettare, innanzi tutto. L’incontro lampo tra lo scozzese e il TFG, The Friedkin Group, ha stabilito la durata dell’incarico: fino alla stagione 2026/27. Un anno e mezzo, poi si vedrà. La certezza, dunque, che sarà lui a guidare l’Everton nella nuova era scandita dallo stadio costruito a Bramley-Moore dock. A meno che i Friedkin non cambino nuovamente idea, ipotesi sempre possibile considerata la loro politica a Roma. Perfino l’esonero di Dyche ha lasciato qualche perplessità sul timing, a poche ore dal terzo turno di F.A Cup contro il Peterborough. In panchina quella sera sono andati la leggenda Leighton Baines e il capitano ancora in attività Seamus Coleman. I Friedkin hanno scelto Moyes perché prima di tutto volevano un manager che conoscesse a livello intimo la Premier League. Su questo, pochi dubbi. In seconda istanza, un manager che non infrangesse la dichiarazione d’intenti espressa con la scelta di Dyche, ossia un allenatore capace di valorizzare le risorse della rosa, pronto a un impatto immediato e dotato di un ‘common sense’ finanziario. Sicuramente è lecito domandarsi cosa avrebbe fatto Dyche e cosa farebbe Moyes se fossero stati garantiti anche a loro gli investimenti regalati a Koeman, Marco Silva e Ancelotti durante l’era Moshiri. Ma questa è un’altra storia e un “What if” che rischia di peggiorare ulteriormente l’attuale umore dell’ambiente. Il rifiuto dei Friedkin al pagamento di una clausola rescissoria per cui Sean Dyche procederà per vie legali spiega esattamente la volontà di non sprecare una sterlina. Parola chiave, sostenibilità. Strettamente legata a stabilità. Questo lo status quo che Moyes dovrà immediatamente ripristinare. Ce la farà a cambiare la narrativa di un club che da anni è sul baratro del dramma sportivo? A te la risposta, ‘Chosen One’.

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Filippo Benincampi