Calafiori: "A 16 anni ho rischiato di smettere. Thiago Motta mi ha cambiato la carriera"

Sei arrivato a Londra dopo una stagione incredibile, dopo un Europeo pazzesco e non hai minimamente risentito del passaggio Serie A – Premier League… come hai fatto? “Grazie per i complimenti, sinceramente ancora non me lo spiego neanche io. Sapevo quanto fosse diverso il campionato inglese e mi ero del tempo, dei mesi, dei giorni di adattamento. Però effettivamente, anche grazie al merito dell’Arsenal e a tutti i ragazzi che lavorano qui e che mi hanno aiutato fin da subito non facendomi sentire la mancanza di casa, non ho risentito del cambiamento. Sono partito subito forte, mi hanno saputo gestire il primo mese e poi sono andato, sono partito”. C’è qualcuno che ti ha aiutato in modo particolare? “Potrei dire tante persone… Jorginho all’inizio, ma anche tutti i ragazzi che lavorano qui fuori dal campo, il mister, il Ds”. Qual è stata la prima cosa che ti ha detto Arteta quando sei arrivato lì? “Diciamo che era già tanto che ci stavamo parlando. Ci sentivamo già prima al telefono”. Allora la prima cosa che ti ha detto la prima volta che vi siete sentiti al telefono? “La prima volta mi ha detto ‘devi venire qua’. E gli ho chiesto perché e mi ha mostrato il progetto che aveva anche su di me e io non potevo che essere d’accordo con lui. Per arrivare al prossimo step è stata la scelta migliore”. Quale è stata la prima differenza che hai notato con il nostro calcio? “Quello che dicono tutti, l’intensità, la parte fisica negli allenamenti è una cosa che si può notare da subito. Ti devi adattare, i primi giorni sono di adattamento ma dopo ti viene naturale”. C’è qualcosa di diverso, qualcosa che ti fa dire ‘mamma mia, non è possibile che sia così!’? “Non lo so, sai forse proprio il livello del campionato che però attenzione, non è il livello delle squadre, perché poi magari una volta che le squadre inglesi vengono in Europa non è detto che riescano a dominare come fanno in Inghilterra, ma proprio all’interno della Premier League c’è un livello che non avevo mai visto prima di competitività e competizione. Non esiste una partita in cui inizi e ti dici ‘questa qui la vinciamo sicuramente’, devi sudartele tutte”. Ma questo è un bene o un male da calciatore? “Non è un bene o un male, ti devi adattare e non ti puoi rilassare un attimo qui. Puoi fare una partita tre giorni prima stupenda ma dopo hai un altro avversario. Specialmente il difensore con gli esterni, gli attaccanti sono tutti preparatissimi quindi devi fare attenzione”. Come ti è cambiata la vita passando da Bologna a Londra? “Mi è cambiata tanto. Bologna è una città piccola, dove vivevo in centro e facevo tutto a piedi. Prendevo la macchina solo per andare al campo. L’anno scorso ero fidanzato e convivevo, mentre quest’anno mi ritrovo in una città grande da solo. E’ una città enorme, completamente diversa, se hai tempo e disponibilità economica è una città veramente bella. L’unica cosa che non mi piace è il tempo ”. Riesci a girare un po’ per la città? “Da inizio anno abbiamo giocato tantissime partite. Giochiamo ogni tre giorni… il giorno dopo la partita sei stanco e riposi e il giorno dopo sei già in ritiro per la prossima partita. Non è così semplice, però ho avuto inizialmente dei periodi in cui sono riuscito a girare. E’ talmente grande che puoi passare inosservato in alcune zone”. Sei arrivato con l’inglese perfetto, anche Basilea in questo immaginiamo ti abbia aiutato, ma in Inghilterra parlano di un ‘metodo Calafiori’ per imparare l’inglese… di cosa si tratta? “C’è stato un misunderstanding, avevo detto che ho imparato l’inglese con le serie tv su Netflix o le canzoni inglesi, fin da piccolo andavo a cercarmi i testi su Youtube e poi una volta che sono arrivato qui ho iniziato ad ascoltare musica più specifica, londinese, per imparare il gergo e parlare con qualche ragazzo”. TI ispiri a qualcuno per il tuo ruolo… ma poi che ruolo è il tuo?! Esiste un nome specifico per definirlo? “Anche da piccolo non ho mai avuto un solo punto di riferimento, mi piaceva guardare tutti. Volevo sempre fare il raccattapalle perché mi interessava vedere da vicino la velocità e i movimenti dei giocatori che mi piacevano. Ho sempre cercato di imparare qualcosa di diverso da ognuno, cerco sempre di rubare con gli occhi anche dai ragazzi che mi stanno vicino in allenamento, perché molti sono veramente forti. Quindi non ne ho uno in particolare”. Ma quindi il tuo ruolo qual è? “Sulla carta qui all’Arsenal gioco da terzino, mentre in Nazionale più braccetto perché giochiamo con la difesa a tre. Devo dire che mi trovo benissimo in entrambi i ruoli”. Sulla carta, poi l’arbitro fischia e sei un po' ovunque... “Sì, diciamo che mi trovo bene quando con la palla mi lasciano un po' di libertà, perché mi diverto. Ovviamente bisogna giocare sempre con coscienza, non si può girare per il campo a caso, ma la cosa bella è che mi diverto tanto quando mi muovo in quel modo. Anche qui all’Arsenal non è un ruolo da terzino classico ma è rivisitato”. Dovremo perciò inventarci un nuovo modo di definire il tuo ruolo? “Non lo so, però spero che possa aver dato più opportunità anche ai ragazzi più giovani che in questo modo possono avere più possibilità”. Thiago Motta ti ha cambiato la carriera? “Sì, assolutamente. Magari sul momento pensavo fossero cose che mi stava insegnando e che potessi utilizzare solo in quel determinato momento e in quella determinata squadra invece poi mi sono accorto che mi ha cambiato proprio la visione che avevo del calcio, della partita e mi sono portato dietro quegli insegnamenti sia all’Europeo che qui all’Arsenal”. C’è stato un momento nella tua vita in cui hai capito che saresti diventato un calciatore, che saresti arrivato dove sei adesso? “Sicuramente che sarei diventato un calciatore dopo l’infortunio che ho avuto quando avevo 16 anni, perché mi avevano detto che molto probabilmente non sarei più tornato a giocare e questo ha scatenato in me una forza diversa. Mi ricordo come fossi prima come ragazzo e caratterialmente ero completamente diverso, questo infortunio mi ha segnato tanto. Quando sono tornato in campo ero sicuro che sarei diventato un calciatore, ma bisognava vedere di quale livello. Come hai detto tu, a questo livello devo dire che anche nei momenti migliori non potevo immaginarlo sinceramente, poi non si sa mai nella vita, ma non me l’aspettavo di arrivare a questi livelli”. Derby del Nord di Londra: il tuo primo, c’è un clima particolare? Beh sono tutte atmosfere particolare, qui ci sono 7 squadre per i derb. C’è un’atmosfera diversa ma tra i derby di Londra quello con il Tottenham è il più sentito”. A questo punto della stagione vi aspettavate di essere lì o qualcosa in più? “A questo punto non ha neanche tanta importanza, però sicuramente la pressione e gli obiettivi che abbiamo in campionato… ci aspettavamo qualcosa in più. Il nostro obiettivo rimane lo stesso anche se non è semplice, il nostro obiettivo è cercare di vincere”. Quante volte hai rivisto il gol con il Manchester City? E il messaggio più bello chi te l’ha mandato? “L’ho rivisto tantissime volte perché era presto, era il 22 settembre, e tra l’altro era la mia prima partita da titolare in Premier League. E’ stata una gioia immensa perché è stata la conferma di quello che pensavo e di quello in cui speravo: che potevo fare la differenza anche nella partita probabilmente più complessa, perché almeno all’Inizio il Manchester City era ancora al livello solito, quindi è stata un’emozione grandissima. Il messaggio… me ne sono arrivati tantissimi, ma forse quello che porto più nel cuore è di alcuni compagni del Bologna, mi sembra avessero appena finito la loro partita e fossero sul pullman a guardare la mia partita tutti insieme, hanno gioito per me e questa è stata una soddisfazione grande”. C’è qualcuno a cui sei rimasto più legato dall’esperienza di Bologna? “In realtà con tutti, specialmente con Lollo De Silvestri, Riccardo Orsolini, Ravaglia, Fabbian, Ndoye…”. Diciamo che lì non hai bisogno di nessuno che ti chiuda negli armadietti… giusto? “No no, quello è un gol senza armadietto”. Per questo 2025 l’obiettivo extra calcistico è… “Sto imparando a suonare la chitarra, sono quasi due mesi, mi sto trovando bene. Non sono bravo, ma due-tre canzoni riesco a farle, bisogna migliorare”. Allora l’obiettivo è arrivare a marzo o aprile, veniamo a trovarti a Londra e ci suoni… ‘la canzone del sole’ che è una delle più facili. Va bene? “Ma no, è troppo semplice quella!”. Ah sei già un livello avanti, cosa suoni quindi? “Sto suonando canzoni che piacciono a me, non che piacciono agli altri”. Facci un esempio: “Ultimamente sono in fissa con Mannarino, ci sarà un concerto qui il 14 maggio, quindi devo essere pronto per suonare con lui!”.

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