Newcastle, come Howe ha cambiato il corso della (sua) storia

E’ sempre partito dalla parte sbagliata della storia Eddie Howe. Ma per lui non è mai stato un problema. E ora sorride a una Newcastle in festa da una gigantografia che ricopre interamente la facciata di un palazzo di dieci piani. Un’immagine potente che ha fatto il giro del mondo. Dopo 70 anni il Newcastle torna a vincere un trofeo domestico: l’ultimo era stato l’FA Cup del 1955. Giocava e segnava ancora Jackie Milburn, l’Alan Shearer del secondo dopoguerra. In panchina al posto di Howe c’era Doug Livingstone, uno scozzese che era stato ct del Belgio. E una pinta nei pub di Newcastle costava la bellezza di 9 centesimi. Evento epocale, insomma. E allora sabato scorso sono scesi in strada in 150 mila. La metà dell’intera popolazione di Newcastle. Tutti sotto gli occhi di un Eddie Howe grande come Godzilla. La storia, stavolta, siamo noi. Nessuno si senta escluso. Eppure Eddie Howe di solito è abituato a cominciare sempre dalla parte sbagliata della storia. Per poi riscriverla ogni giorno grazie al suo talento. Lui. Unico allenatore inglese in carica in questa Premier League dall’inizio della stagione . Sì perché ora che tutti riconoscono questo campionato come il più competitivo al mondo Howe sembra l’ultimo dinosauro rimasto di un’era precedente. Erano 16 i manager inglesi nella prima stagione della Premier League: 1992-93. Gli altri al massimo scozzesi - tra questi un certo Alex Ferguson sulla panchina del Man Utd – accompagnati dall’unico irlandese: Joe Kinnear, futuro allenatore del Newcastle, allora al Wimbledon. Nessuno, insomma, era nato più lontano di Dublino. Nei primi quattro anni di Premier League l’unico straniero sarebbe stato l’argentino Ossie Ardiles al Tottenham. Altro che storia. Sembra preistoria. La storia, allora, l’ha cambiata ancora Howe, diventando il primo manager inglese a vincere un trofeo nazionale dal 2008, quando Harry Redknapp riuscì a vincere l’FA Cup con il Portsmouth. Un segno del destino. Forse. Proprio Redknapp aveva portato l’Eddie Howe giocatore al Portsmouth nel 2002 offrendo 400 mila sterline al Bournemouth. Una cifra irrinunciabile per le Cherries anche se Howe era il local boy cresciuto nell’Academy e già capitano dall’età di 21 anni. Sembrava l’inizio dell’ascesa di una bella carriera da difensore di alto livello, ma il destino mise Howe ancora dalla parte sbagliata della storia: infortuni a ripetizione, solo due partite giocate e l’inizio di un calvario. Howe, però, a Bournemouth era amato da tutti. E, malgrado i tanti infortuni, i tifosi nel 2004 con la squadra in terza divisione fecero addirittura una colletta da 16 mila pound per ricomprarselo. Già. Maledetti infortuni. La carriera di Howe da calciatore sarebbe finita poco dopo. A soli 29 anni, dopo 312 presenze e 12 gol con la maglia delle Cherries. Ma stava per iniziare quella da allenatore. Eddie avrebbe ripagato ampiamente i suoi tifosi, ereditando la panchina della prima squadra da Jimmy Quinn in un pomeriggio triste dell’ultimo dell’anno del 2008. Anche lì Howe sembrava essere dalla parte sbagliata della storia: il Bournemouth era 23° in League Two , a sette punti di distanza dalla salvezza. Anche lì Howe cominciò pazientemente a riscriverla. Giorno dopo giorno. Arrivarono 11 vittorie nelle ultime 18 partite. Una salvezza miracolosa che portò ad una delle più clamorose scalate della storia del calcio inglese: dalla quarta divisione alla Premier League. Dove il Bournemouth ora naviga stabilmente da anni. Dopo essere stata messa da Howe sulla mappa del calcio che conta, anche a St.James’s Park la storia per Howe sembrava iniziare dalla parte sbagliata. Ereditò dalla gestione di Steve Bruce un Newcastle 19esimo in classifica con zero vittorie e zero clean sheet nelle prime undici giornate. E la partita d’esordio contro il Brentford – finita 3 a 3 - fu costretto a viverla come un’animale in gabbia bloccato in una stanza d’albergo dal Covid. Risultato finale? Si salvò, chiudendo all’11esimo posto con 49 punti. Ma fu solo l’inizio. La stagione successiva - prima intera in carica – fu subito un trionfo: quarto posto e ritorno dopo 20 anni in Champions League. Il miglior risultato dal terzo posto raggiunto nella stagione 2002-03 da Bobby Robson. Non uno qualunque. In assoluto e soprattutto a Newcastle. Basta andare davanti a St.James’s Park e vedere la statua che gli hanno dedicato. Il paragone con Sir Bobby è stato subito inevitabile nei discorsi del popolo 'Geordie'. La miglior dichiarazione d’amore possibile per un allenatore da queste parti. Anche se persino uno come Robson - che senza contare i tanti successi con PSV, Porto e Barcellona è stato capace di vincere addirittura una Coppa Uefa e un Fa Cup con l’Ipswich Town – non era riuscito ad alzare neppure un trofeo con il Newcastle United. C’è riuscito Howe, due anni dopo la delusione della finale di Coppa di Lega persa contro il Man Utd. Anche lì il destino si era messo di traverso togliendogli i due migliori portieri a disposizione, essendo Pope squalificato e Dubravka ineleggibile nella competizione. Ma stavolta nulla ha potuto fermare l’irresistibile ascesa di Eddie Howe. Neppure il Liverpool del formidabile Arne Slot, capace di dominare il più difficile campionato del mondo, dalla prima giornata. Per arrivare a scrivere la storia partendo sempre dalla parte sbagliata bisogna avere un grande talento. E magari essere Eddie Howe.

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Paolo Ciarravano