Trent Alexander Arnold, un normale ragazzo di Liverpool il cui sogno è diventato realtà

“Sono solo un normale ragazzo di Liverpool il cui sogno è diventato realtà”. Angolo tra Sybil Road e Anfield Road, a 100 metri dalla Main Stand di Anfield. Il murales dedicato a Trent Alexander Arnold è uno dei luoghi di pellegrinaggio classici di chi va a vedere il Liverpool. Racconta la storia di Trent, entrato bambino, a 6 anni, nel Liverpool Football Club, un club che lascia da uomo, a 26 anni e da campione, dopo aver vinto due volte la Premier League e una volta la Champions League. È la storia di uno dei ragazzi della Merseyside cresciuti con i Reds nel destino. Una storia che però sta per finire, perché Trent fa le valige, lascia casa sua e parte per Madrid. Nel video di saluto ha usato una delle tante frasi fatte del calcio “cerco una nuova sfida”: dopo una vita nella sua comfort zone, coccolato dall’amore della sua gente, Trent ha voglia di mettersi in gioco da un’altra parte, “è stata per distacco la decisione più difficile della mia vita”. Per i tifosi una botta pesante veder partire a parametro zero uno di loro, “one of our own” come chiamano gli inglesi i ragazzi allevati in casa. L’addio peserà anche dal punto di vista tecnico: TAA è un calciatore unico, ha cambiato alcuni parametri del ruolo di terzino destro, ruolo che ha interpretato in un modo totalmente non convenzionale. Piede destro da trequartista, ha regalato ai suoi compagni 92 assist, il più famoso quello dalla bandierina per Origi nella rimonta contro il Barcellona nella semifinale di Champions League 18/19, quella poi vinta nella finale di Madrid contro il Tottenham. Dal suo esordio solo De Bruyne, Salah e Son hanno dato più assist e creato più occasioni da rete in campionato, con la differenza non banale che Trent di mestiere farebbe il difensore. Un difensore capace di segnare 23 gol, di cui 8 su punizione. L’ultimo l’ha segnato contro il Leicester due settimane fa, un gol festeggiato con rabbia davanti al settore ospiti del King Power Stadium dopo aver lanciato la sua maglia numero 66. Un’esultanza che già sapeva di addio, un addio ormai scontato e messo in preventivo da mesi. Ci hanno provato, a trattenerlo, ci ha provato in prima persona anche Arne Slot ma Trent aveva già deciso di salutare, dopo 20 anni con il rosso addosso. Che motivazioni poteva ancora avere un ragazzo che a 23 anni aveva già realizzato tutti i suoi sogni? Il primo, giocare nel Liverpool, l’ha realizzato a dicembre 2016, quando a 18 anni Klopp lo fece esordire nei minuti finali di un Middlesbrough-Liverpool. Ha vinto tutto in tenera età: la Champions League, la prima Premier League dei Reds dopo 30 anni, Fa Cup, Coppa di Lega, Supercoppa Europea e Mondiale per Club. Ha rivinto la Premier League quest’anno e da questo punto di vista l’addio non poteva arrivare in un contesto più dolce. Saluterà il 25 maggio, nel giorno in cui alzerà il trofeo di campione d’Inghilterra davanti alla sua gente. Non tutti i tifosi hanno compreso la sua scelta: il figlio prediletto di Anfield, Steven Gerrard, lasciò solo a fine carriera per andare a Los Angeles, respingendo le offerte più allettanti. Trent ha fatto un’altra scelta: vivrà la parata per le vie della sua città, poi volterà pagina. Non ha saputo resistere alla tentazione del club più importante del mondo, il Real Madrid, e sarà il terzino destro titolare del nuovo corso dei Blancos, mentre a Liverpool con ogni probabilità il suo posto sarà di Conor Bradley, il ragazzo nordirlandese del 2003 lanciato da Klopp lo scorso anno. Un altro ragazzo in cerca di un sogno e in cerca di una storia da raccontare. La storia che a Liverpool verrà tramandata per anni è quella di Trent, il ragazzo che a un certo punto ha trovato il coraggio di partire e di lasciare casa.

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Federico Zancan