Il miracolo del Sunderland si è ripetuto a Wembley: i Black Cats sono tornati in Premier

Se non amate il vento state lontani da Sunderland. Lassù, ai confini con la Scozia, dove il fiume Wear sfocia nel Mare del Nord, il Dio Eolo si è sempre trovato a suo agio. Paolo Di Canio provò a gestirlo nei mesi in cui fu manager della squadra. Piazzava il pallone in mezzo al campo per spiegare i movimenti tattici, ma dopo pochi secondi quello se n’era andato 30 metri più in là: il pallone, non Di Canio, che doveva andarlo a recuperare per una scena che si ripeteva più volte, moderna fatica di Sisifo. Inutilmente, perché con le raffiche non c’era verso di far restare ferma la sfera di cuoio. Nonostante il vento, o forse proprio per l’abilità a gestirlo, a Sunderland erano stati tra i primi a mettersi in luce nel football: sette titoli inglesi, la maggior parte dei quali conquistati a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Il più recente, si fa per dire, nel 1936: a meno di trovare dei centenari, nessuno in città può averne memoria. Quelli, per altro, erano anche gli anni migliori di Sunderland. Il porto e il carbone estratto dalle vicine miniere l’avevano resa un centro fiorentissimo, tra le altre cose, per la lavorazione del sale che ai tempi dell’Impero arrivava dall’India e per la produzione del vetro. Poi, nel dopoguerra, la crisi economica, risolta solo recentemente con il lavoro creato dall’arrivo degli stabilimenti Nissan. Con il declino della città era arrivata anche quella del club calcistico, i 'Black Cats', ignorando la superstizione. Tra le varie spiegazioni, tutte molto fantasiose, quella di un tifoso che nel 1937 sarebbe andato a Wembley ad assistere alla finale di Fa Cup contro il Preston portandosi in tribuna un felino di quel colore nascosto sotto la giacca: il Sunderland vinse 3-1 e si pensò che il nomignolo, anziché jella, portasse bene. Non andò esattamente così: per vincere un nuovo trofeo, per altro anche l’ultimo della storia del club, si sarebbero dovuti attendere 36 anni. Nel 1973, sempre in finale di Fa Cup, il Leeds era favoritissimo contro il Sunderland, che stava in seconda divisione e già miracolosamente era arrivato a Wembley. Un gol di Ian Porterfield portò in vantaggio la squadra guidata in panchina da Bob Stokoe, con i miracoli di Jim Montgomery tra i pali a sigillare il vantaggio: in particolare, una doppia deviazione nel finale di partita è tuttora giudicata la parata più bella nella storia del trofeo. Quella volta i 'Black Cats' trasferirono la maledizione sul Leeds, che in dieci giorni andò incontro a un triplo incubo: dopo Wembley furono battuti dal Milan in finale di Coppa delle Coppe e vennero superati dal Liverpool in testa alla classifica all’ultima giornata di campionato. Da tre possibili trofei a zero. Miracoloso, senza ombra di dubbio, anche il ritorno in Premier conquistato nell’ultimo weekend. Il Sunderland, nello scorso campionato, aveva chiuso al sedicesimo posto, assai più vicino alla retrocessione che alla lotta per salire. A inizio anno, in panchina si era seduto Regis Le Bris, semisconosciuto tecnico francese dal curriculum assai scarno: un paio d’anni alla guida del Lorient non potevano certo dare garanzie particolari ai supporter del Sunderland. A volerlo era stato il presidente, un altro transalpino dal cognome suggestivo, Kyrill Dreyfus, a capo di una proprietà che ha soci anche uruguayani e ramificazioni russe. Squadra che dava ancora meno certezze dell’allenatore: tutti giovanissimi, guidati in campo dal capitano Luke O’Nien, meritevole della fascia per le 300 presenze nel club ma soprattutto perché era l’unico che almeno toccava i 25 anni. Ancora più preoccupante il fatto che nessuno, in rosa, avesse disputato lo straccio di un minuto in Premier League, né poteva migliorare molto la situazione l’ingaggio di Enzo Le Fèe, centrocampista arrivato a gennaio dalla Roma dove trovava poco spazio e ammirevole per il coraggio: non è da tutti passare dalle bellezze della Città Eterna alla grigia e ventosa Sunderland senza farsi prendere dal magone. In queste condizioni già il quarto posto in campionato era apparso un’impresa, e la semifinale di playoff aveva aumentato le perplessità sull’ipotesi promozione. Per sconfiggere il Coventry nel doppio confronto era stato necessario un gol di Dan Ballard all’ultimo secondo del recupero della partita di ritorno. A essere sinceri non c’era nulla, se non il ricordo della Coppa d’Inghilterra nel 1973, che potesse far pensare a una qualche possibilità nella finale di Wembley contro lo Sheffield United: club appena sceso dalla Premier, le 'Blades' avevano lottato sino all’ultima giornata per la promozione diretta con Burnley e Leeds. In semifinale avevano demolito il Bristol City, che aveva fatto un campionato assai simile al Sunderland, e se i 'Black Cats' non avevano giocatori con presenze in Premier lo Sheffield assommava in rosa un totale di 294 partite. Il gol di Tyrese Campbell su assist di Gustavo Hamer, il brasiliano votato come miglior giocatore del campionato, era sembrato la certificazione della superiorità delle 'Blades'. Solo che con i gatti neri in campo qualcosa può sempre succedere, e quando Eliezer Mayenda ha segnato il gol del pareggio qualcuno si è ricordato della sinistra tradizione dello Sheffield a Wembley: dieci sconfitte consecutive nelle diverse apparizioni all’Imperial Stadium, l'ultimo successo datato addirittura 1925. Poteva bastare. Il cerchio si stava chiudendo, prendendo forma con un colpo alla testa per il difensore Anel Ahmedhodzic, costretto ad uscire a sostituzione terminate. Ridotto in dieci, per lo Sheffield United il destino si è compiuto con il gol di un diciannovenne in prestito dal Brighton, Tom Watson: elementare, avrebbe commentato Sherlock Holmes. A distanza di 52 anni un nuovo miracolo si era compiuto a Wembley, sotto gli occhi di Steve Cram, il più famoso tra i tifosi dei 'Black Cats'. E’ stato campione europeo e mondiale dei 1500, nonché primatista assoluto del miglio. Oggi fa il telecronista di atletica per la BBC, ma con una partita del Sunderland in contemporanea abbandonerebbe anche il commento della finale olimpica dei 100 metri.

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Il miracolo del Sunderland si è ripetuto a Wembley: i Black Cats sono tornati in Premier

Nicola Roggero