Higuain: "Alla Juve diventi macchina da guerra"
Serie ADagli inizi in Argentina alla voglia di vincere a Madrid, poi gli anni a Napoli e un trasferimento difficile. "Sapevo che firmare con i bianconeri era la scelta migliore per me. Pallone d'oro? Io preferisco vincere trofei. Se poi si può arrivare ad entrambe le cose, anche meglio"
Dall’Argentina alla Spagna, poi l’Italia. Napoli prima e Torino adesso, un addio complicato in una trattativa che ha catturato tutte le attenzioni della scorsa finestra di mercato. Ora Gonzalo Higuain è felice alla Juventus, squadra con cui ha già segnato 15 gol. Sulle pagine di Tuttosport l’attaccante argentino ha raccontato la sua vita a Torino, i suoi obiettivi personali e di squadra, il rapporto con compagni e città e non solo.
Gli obiettivi della Juventus - "La voglia di vincere che c'è a Madrid è praticamente uguale a quella di Torino, nel Real come nella Juventus si lotta per arrivare in fondo a tutte le competizioni. I tifosi sono esigenti e carini. Io sono arrivato qui per festeggiare tante coppe e la Juventus è nata per vincere, lo dice la storia. E' l'unica cosa che conta, ti preparano per quello, ti trasformano in una macchina da guerra. Tra Torino e Madrid cambia il modo di giocare, ma la mentalità è la stessa, devi vincere tutto. A me continua a colpire il modo di allenarsi e la fame che continuano ad avere giocatori che vincono lo scudetto da 5 anni. Quando vedi gente così ti viene ancora più voglia di lottare per raggiungere gli obiettivi. Nella mia carriera sono sempre stato abituato a giocare con compagni d'élite: allenarsi ogni giorno con Buffon, Chiellini, Bonucci, Barzagli e gli altri difensori è una bella prova. Confrontarti con i più forti ti migliora. Chiellini è il più aggressivo e la BBC è la difesa preferita di mio padre, che era difensore".
Il Porto - "E’ una squadra che conosco perché l'ho affrontata in Europa League con il Napoli e diverse volte in amichevole. Sono tosti ma tutto dipenderà dall'approccio che avremo noi: iniziano gli ottavi, la parte vera della Champions; dobbiamo stare tranquilli ma allo stesso tempo essere consapevoli che è una competizione che la Juventus vuole vincere: speriamo sia l'anno buono".
L’addio al Napoli - "Quando mio fratello mi ha detto che mi voleva la Juventus sono rimasto tranquillo e sereno. I dirigenti bianconeri sono stati molto decisi fin dal primo giorno che abbiamo parlato del possibile passaggio. Venire qui e lasciare Napoli non è stato facile ma sapevo che era la scelta migliore per me. La Juventus è una squadra top e può prendere i migliori, anche se dipende sempre tutto dalla volontà delle società e dei giocatori. Voglio ripagare la fiducia del club. In questi sei mesi il bilancio è positivo. Siamo primi in classifica, avanti in Coppa Italia, agli ottavi di Champions. Speriamo di continuare così e di conquistare titoli. Pallone d'oro? Sinceramente non ci penso. Dipende dalla stagione che si fa e se arriva questo premio bene, ma io preferisco vincere con la Juventus. Se poi si può prendere entrambi, tanto meglio"
Dybala - "Non sono un amico pressante e invadente. Paulo lo vedo sereno, non è disturbato dalle voci di mercato, affatto. Per tutta la vita nella Juventus? E' giovane, ha 23 anni, dipenderà dalla volontà sua e della società. Adesso il suo unico pensiero deve essere quello di lavorare per diventare un campione e restare a lungo ad alti livelli e ce la farà, ne sono sicuro. Ha la qualità e la testa, ma a volte quando sei giovane è difficile: è accaduto anche a me a Madrid. La cosa importante è rimanere equilibrati. A darmi questi consigli fu mio fratello Federico che gioca in MLS: a lui non sono mai interessati né critiche, né elogi. E' stato fondamentale pure mio padre e la mia famiglia e devo ringraziare Raul e Van Nistrerlooy: quando arrivai a Madrid avevo 18 anni e loro mi aiutarono parecchio a crescere. Quando arrivai a Madrid inizialmente sarei dovuto andare al Castilla, la squadra B del Real, ma dopo due allenamenti Capello mi disse: 'Resti con noi'".
Il futuro - "Non so se la Juventus sarà la mia ultima squadra europea - continua Higuain - sono arrivato da appena sei mesi e ho un contratto di 5 anni. La mia testa sta qui. Quando finirà il mio contratto con la Juventus avrò 32 anni e non sarà la fine della mia carriera. Vediamo, non lo so. Segnare è un’emozione bellissima, soprattutto quando ti porta a una vittoria o a un trofeo. Io li sfrutto tutti allo stesso modo, però, ovviamente, una rete che ti fa vincere la partita è più bella. Sul momento c'è tanta adrenalina, poi si continua a giocare. Segnare 30 gol? Me lo auguro. Sono arrivato a 15, sto bene e sono in crescita. Il mio modello? Guardo ancora i video di Ronaldo, il fenomeno. Ho iniziato da ragazzino e lo faccio tutt'ora qualche volta: nel mio ruolo è stato il più forte della storia. Di lui osservo velocità di esecuzione e ogni tipo di movimento. Ho avuto anche la fortuna di giocare insieme a Ronaldo per un mese nel Real Madrid, prima che lui si trasferisse al Milan. E' il mio idolo e lo studio".
Il ritorno a Napoli - "Il prossimo 2 aprile sarà emozionante, a Napoli ho vissuto tre anni meravigliosi e sarò sempre grato alla gente. Con Sarri e la squadra mi sono lasciato bene. Con molti ex compagni sono ancora in contatto, con il presidente no. Guardo il conto in banca a fine mese, come qualsiasi lavoratore o imprenditore. Non siamo robot noi giocatori, siamo persone: anche se non ci vedete così siamo persone che giocano a calcio. C'è gente che ha molti più soldi di noi e semplicemente è meno famosa. Siamo idoli, è vero, ma non siamo supereroi".
Gli inizi - "Ho realizzato il mio sogno, che era quello di diventare calciatore. Ma sono rimasto sempre lo stesso. Per riuscirci mi sono impegnato tantissimo e continuo a farlo. Tutti pensano che sia sempre bello e facile diventare calciatore. Io a 9-10 anni prendevo 3-4 autobus e mia mamma si alzava alle 6 del mattino per me. Ho rinunciato ai compleanni con gli amici e a tantissime esperienze. Tutte cose a cui magari altri che sognavano di diventare calciatori non hanno rinunciato e poi non lo sono diventati. E lì nasce l'invidia. Nel calcio c'è troppo odio, ma non in campo, attorno. Io cerco la mia felicità e non invidio nessuno: l'invidia non fa bene. A Torino sono felice: la gente ti sta addosso, ma in modo educato e carino".