L'OPINIONE. “Mio padre mi ha insegnato tra le tante cose il rispetto per la gente”. E ancora più esplicito: “Capisco che i soldi possano farti stare bene ma la coerenza con le proprie idee non ha prezzo!". Ammirazione per un tecnico fedele a se stesso e pieno di umanità
“Mio padre mi ha insegnato tra le tante cose il rispetto per la gente”. L’amarcord personale e adolescenziale di Enrico Nicolini, vice allenatore di Andrea Mandorlini sia in Romania che al Verona, racconta una bella storia. Di calcio, certo, ma anche (direbbe Walter Veltroni) d’altri tempi. Proprio nei giorni di Gigi Riva, del Collare d’Oro all’hombre vertical del calcio italiano. Perché lui, il Rombo di Tuono nato a Leggiuno 72 anni fa e diventato uomo con la schiena dritta in Sardegna, si sa: pronunciò il famoso, rumorosissimo no alla Juventus quando, con il Cagliari di Scopigno, era il re plebeo, il rivoluzionario di sinistro che tutti bramavano in squadra. Facile dire adesso di Nicolini che è inattuale, che è fuori tempo, che non ha uso di mondo perché non vuole abitare gli anni affaristici delle bandiere ammainate, dei campioni che cambiano maglia (e spesso anche moglie) con disinvoltura, e quindi che è un residuo del passato. Eppure quella frase di Nicolini postata su Facebook per spiegare la sua scelta (“Capisco che i soldi possano farti stare bene ma la coerenza con le proprie idee non ha prezzo!") non dovrebbe essere scambiata per vecchia retorica pauperista. Sono piuttosto i sentimenti profondi e veri di un uomo di Sport. Che vuol dire anche (e soprattutto) rispetto per lealtà e coerenza. Stile, insomma. E quel preferirei di no, celeberrima citazione dallo scrivano Bartleby del romanzo di Melville (I would prefer not to, sibilava sempre), dice di un universale rispetto per le Idee e per se stesso. Non importa quasi mai dove stai andando. Più importante è sempre il come. Nicolini, protagonista di una scelta minoritaria in un tempo di troppì facili sì maggioritari a tutto, lo sta compiendo a testa alta. Restando fermo.