Il capo Procura della Figc, Giuseppe Pecoraro, ha deciso di aprire un fascicolo sui presunti rapporti tra il club di De Laurentiis e le frange del tifo napoletano legate alla criminalità, in seguito alle parole del sostituto procuratore della Dda partenopea Enrica Parascandolo rilasciate durante l'audizione in commissione antimafia
Dopo la Juventus tocca anche al Napoli finire nel mirino della procura federale per i presunti rapporti tra la società di calcio e la parte della tifoseria legata alla criminalità organizzata. Dopo le parole rilasciate nei giorni scorsi alla commissione antimafia dal sostituto procuratore della Dda di Napoli Enrica Parascandolo, infatti, il capo Procura della Figc, Giuseppe Pecoraro, ha aperto un'indagine sui rapporti tra il club di De Laurentiis e i suoi ultras, chiedendo gli atti alla procura generale di Napoli.
Le parole di Parascandolo
"Esiste una forma di controllo, come per tutte le attivita', da parte della camorra, non mi sento di escluderlo", le parole del sostituto procuratore della Dda di Napoli. "Ma questo non vuol dire che le curve siano appannaggio dei clan o che i clan condizionino la gestione o la vendita dei biglietti. E soprattutto, come hanno dimostrato le indagini, nella maniera più assoluta risultano frequentazioni del vertice della società con i clan per acquietare la curva".
Il figlio del boss allo stadio
Dopo aver negato dirette collaborazioni tra il club partenopeo e frange del proprio tifo legate alla criminalità, Enrica Parascandolo si è soffermata però sulle frequenti presenze a bordo campo del figlio di un noto boss della Camorra, Antonio Lo Russo: "La sua presenza, garantita attraverso un pass da giardiniere, era tutt'altro che occasionale. Abbiamo riscontrato la massima collaborazione della Societa' Calcio Napoli, che ha messo a disposizione nostra, della Procura Federale e della Dia tutta la documentazione sulle persone che avevano accesso a bordo campo nel campionato 2009-2010. Antonio Lo Russo era presente a bordo campo con un pass con la qualifica di giardiniere, e non era l'unico. Altri figuravano come fotografi. Siamo risaliti alla ditta che aveva l'appalto per il campo, il vivaio Marrone, e sono state svolte attivita' investigative. Il titolare ha dichiarato di aver fatto un favore a un suo cliente, avendogli dato la possibilita' di stare a bordo campo. Mi risulta che la Procura Federale abbia archiviato la vicenda e in particolare escluda la responsabilita' della societa' in merito, nessun rapporto diretto intercorreva tra i giardinieri e la societa'".
Lo striscione per Lavezzi
Continuando a rispondendere alle domande dei parlamentari sulla spartizione delle curve, la pm della Dda di Napoli Parascandolo ha quindi precisato che clan con "rapporti di buon vicinato se non di alleanza vanno allo stadio nella stessa curva. Clan rivali vanno in curve diverse, è un dato notorio la divisione della tifoseria in base al territorio e, ahimè, ai gruppi camorristici. Durante l'audizione la pm ha detto che "e' un dato notorio la divisione della tifoseria in base al territorio e, ahime', ai gruppi camorristici", nonostante questo ha ricordato come anni fa "l'intervento di Antonio Lo Russo ha permesso di esporre lo striscione a tutela di Lavezzi", per trattenerlo a Napoli, "in entrambe le curve in cambio della garanzia da parte del calciatore che non sarebbe andato a giocare in squadre italiane come la Juve, ma nel caso solo all'estero". Interrogato come collaboratore di giustizia Lo Russo ha affermato, ha detto Parascandolo, di aver avuto un rapporto di amicizia con Lavezzi, presentatogli da un amico ristoratore, "non certo come capo clan ma come capo ultra'". Ha anche parlato dell'esistenza tra i due di "utenze telefoniche dedicate", i cosiddetti "citofoni" e "non ha mai parlato di fatti illeciti da parte di Lavezzi".