Il nuovo allenatore dell'Inter eredita una squadra che ha chiuso al settimo posto in classifica, con l'obbligo di lottare per il titolo nella prossima stagione. Un "salto" che nel recente passato è riuscito proprio a quel Conte inseguito a lungo dai nerazzurri
La scommessa è difficile, ma di quelle che ogni tanto capita di vincere. Luciano Spalletti raccoglie un’Inter reduce da un anonimo settimo posto, figlio dell’ennesima “pazza” stagione, per dare vita all’ennesima rivoluzione nerazzurra, ridare stabilità all’ambiente, ripartire da zero o quasi. Diciamo da 7. Il problema principale, ovviamente, sarà la piazza. Andatelo a dire voi al tifoso interista (ma anche alla proprietà cinese che mette i soldi…) che per arrivare al titolo c’è bisogno di una ricostruzione lenta, di un progetto, di tempo. Il tifoso non ha tempo. A Milano men che meno.
L'esempio dei "nemici"
Il salto dal settimo al primo posto, dunque, è la missione con cui Spalletti sa che dovrà confrontarsi, perché il sopracitato tifoso non si accontenta della storia del gap difficile da colmare così rapidamente, e poi è lo stesso albo d’oro a fornire gli esempi di chi ce l’ha fatta. Ultimo in ordine di tempo, quello degli attuali campioni in carica, che prima di infilare 6 titoli da record erano arrivati proprio settimi.
Due settimi posti di fila, per la precisione, sono quelli da cui è ripartita la Juventus nel 2011-2012, giunta a -27 e a -24 dalla vetta nelle due stagioni precedenti (l’Inter riparte da -29). Una ricostruzione-lampo che fu affidata ad Antonio Conte (non a caso inseguito dai nerazzurri prima di scegliere Spalletti), con una Juve fuori dalle Coppe e quindi con la testa “libera”, che poteva contare anche sulle motivazioni fornite dalla novità dello Stadium. Un mercato intelligente (Pirlo a zero, Vidal per appena 10 milioni, Lichtsteiner, Vucinic) ma non privo di errori (Elia ed Estigarribia erano due che avrebbero dovuto permettere a Conte di disegnare il suo 4-2-4), mascherati bene dall’allenatore che, una volta valutata la stoffa che aveva tra le mani e prese le misure, cucì il vestito perfetto alla sua Signora: 3-5-2, BBC e via discorrendo, un abito durato anche diverse stagioni.
Bastava arrivare quinti...
Anche nella Capitale, da cui Spalletti proviene, l’ultimo scudetto arrivò quasi all’improvviso. Quarta, quinta, sesta nei tre anni precedenti alla stagione di grazia 2000-2001, la Roma pareva peggiorarsi di anno in anno. Capello ripartì dallo scheletro: Samuel, Emerson, Batistuta, tre acquisti per un’ossatura da scudetto. E sempre da un sesto posto ripartirono il Verona scudettato nell’85 e la Juventus nell’86.
Il compito si fa più semplice, lo dice la storia, se si tenta l’assalto allo scudetto partendo dalla quinta posizione, che in questa stagione pareva tranquillamente alla portata dei nerazzurri prima del naufragio di aprile. È successo per tre volte sul finire degli Anni Novanta: Milan nel 1988 (quinto l’anno prima quando trionfò il Napoli), Inter “dei record” nel 1989 (l’anno prima giunta dietro Milan, Napoli, Roma e Samp), Sampdoria nel 1991 (addirittura mai tra le prime tre nella sua storia, prima di allora).
Sette negli ultimi 30 anni, dunque, le squadre scudettate dopo una stagione dal quarto posto in giù. Essere gli ottavi, in questo caso, sarebbe una cosa che farebbe felici i tifosi interisti.