I calciatori e i social: cosa c’è dietro un post

Serie A

Gianluca Maggiacomo

Neymar con in mano l'iPhone intento a scattare una foto che, probabilmente, andrà a finire sui suoi account social (Getty)
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Comunicano su Facebook, Twitter e Instagram parlando di gare e vittorie. Ma soprattutto, con lo smartphone in mano gli atleti svelano la loro vita fuori dal campo. E spesso si fanno aiutare da consulenti o social media manager

Il tweet del campione. Una foto postata su Instagram dopo una vittoria, insieme ai compagni o durante le vacanze. Uno status su Facebook, magari accompagnato da uno scatto o da un classico selfie. Gli sportivi e i social network: amore a prima vista. Twitter, Facebook e, soprattutto, Instagram sono ormai mondi che il calciatore frequenta con assiduità. Grazie ai social si riesce a star vicini ai tifosi. E, allo stesso tempo, a far immagine. A veicolare se stessi. La posta in gioco è rilevante. Non è un gioco. Per questo dietro ogni mossa social degli sportivi non ci può esser improvvisazione. E per evitare il rischio di gaffes, sempre più spesso gli atleti si affidano a dei consulenti che hanno il compito di suggerire ed indirizzare. Senza, ovviamente, mai sostituirsi. “Dietro un account social c’è il calciatore con la sua storia. È lui che parla. È lui che posta. Sempre. I professionisti come me si limitano a consigliarlo e a seguirlo”, dice Max Sardella, 36 anni, social media manager, tra gli altri, di Alessandro Florenzi, centrocampista della Roma, Fabio Pisacane, difensore del Cagliari, e Stefano Sorrentino, portiere del Chievo Verona. Come fa pure Andrea Saule, 35 anni, consulente di comunicazione di Massimiliano Allegri e di altri calciatori di Serie A: “Con lo sportivo io mi sento prima e dopo la partita. Ci telefoniamo o ci scriviamo. Ci confrontiamo. Lui mi dice cosa vuol fare. Io ascolto e lo consiglio, eventualmente, su come è meglio agire”.

 

Non tradire la community

Per uno sportivo stare sui social vuol dire  veicolare i propri valori. Quello che si è in campo e pure fuori. Ecco perché, durante la stagione o nel pieno delle vacanze, l’atleta non deve mai dimenticare quel che è agli occhi dei fan che, spesso a milioni, lo seguono. “Bisogna sempre esser fedeli all’immagine che i tifosi hanno di te. L’errore più grande che un personaggio pubblico dello sport può fare è tradire la sua community, creando un’immagine artefatta e non veritiera di se stesso”, spiega Ferdinando Marino, 35 anni, social media manager di Kapusons, agenzia del Gruppo EPOKA, che si occupa della comunicazione digital di Francesco Totti ed Ivan Zaytsev. “Dietro ogni post o foto c’è sempre un connubio tra la volontà dell’atleta nel comunicare qualcosa e la pianificazione”, spiega Marino. Per esempio: “Totti è agli occhi di tutti un personaggio genuino. E lo è davvero nella vita di tutti i giorni. Esprime italianità e romanità insieme. Ed è su questi valori che si basa tutta la sua presenza sui social”.

 

Il campione che diventa brand

L’importanza del social media manager o del consulente è andata crescendo nel corso degli ultimi anni. La loro centralità è aumentata a dismisura. Svolgono un ruolo rilevante ma in ombra. “Affidarsi a un professionista della comunicazione per uno sportivo vuol dire innanzitutto avere meno pensieri e concentrarsi di più sugli allenamenti e sull’aspetto sportivo. Ovvero: tu, calciatore, fai bene in campo. Io, consulente, provvedo, assieme a te, ad indirizzare la tua comunicazione, senza darti ulteriori grattacapi”, spiega Sardella. E questo, secondo Saule, “porta ad intavolare buone relazioni con i fan, con la società per cui si gioca e con gli sponsor. Saper stare sui social è già di per sé un valore. È un qualcosa che il calciatore riconosce ed apprezza”. E che porta benefici: “L’approccio che noi cerchiamo di seguire, all’interno di uno specifico programma dedicato ai numeri 1 dello sport, è quello di trasformare il campione in un brand”, spiega Marino. “E per farlo i criteri sono tre. Il primo: esser sui social rimanendo fedeli alla propria personalità. Totti, per esempio, è sui social com’è nella vita di tutti i giorni. Il secondo: non dimenticare mai la responsabilità, perché il calciatore è un esempio per milioni di persone. Infine, terzo: valutare bene le occasioni, sportive e no, in cui avere visibilità, per dire la propria”, dice Marino.

 

Trasformare i tifosi in fan

Già, ma cosa comunica il calciatore? Di sicuro aspetti sportivi. Vittorie, soddisfazioni, coppe vinte e trofei alzati al cielo. Insomma, quel che si è in campo. Ma non solo. Un calciatore attraverso Facebook, Twitter e Instagram, che è il social più amato del momento, anche tra i giocatori, fa vedere se stesso al di fuori del campo. Mostra i suoi affetti, le sue passioni, ciò che mangia, quel che fa nel tempo libero, la famiglia. Insomma, la sua vita al di fuori del rettangolo di gioco. “Icardi e Petagna sono due patiti per i cani. E, addirittura, hanno aperto un profilo Instagram a loro dedicato”, fa notare Sardella. L’obiettivo dello sportivo, quando sbarca sui social, è essenzialmente uno: “Trasformare i tifosi in fan”, dice Sardella. “I primi sono quelli che vanno allo stadio con la sciarpa al collo o che seguono la partita davanti alla tv. Sono quelli che ti apprezzano per la maglia che porti, perché è quella della squadra per cui tifano. I fan, invece, sono quelli che ti apprezzano per come ti mostri. Sono quelli che ti seguono su Instagram o Facebook al di la dei colori. L’uso giusto dei social si ha quando si mette sempre il fan al centro di tutto. Bisogna dargli valore ogni giorno. L’obiettivo deve essere quello di intrattenere il tifoso facendolo entrare nella proprie vita privata, in quel che si è. Perché i social hanno umanizzato lo sportivo. Fabio Pisacane, per esempio, non è seguito solo dai tifosi del Cagliari. Lui ha una storia (è stato affetto dalla sindrome di Guillain-Barrè, ndr) che lo fa andare ben oltre i colori. Fabio è il simbolo di chi lotta e si rialza. Di chi ce la fa. Questo è il suo valore. Che veicola con i suoi post sui social”.

 

 

Prima il campo, poi i social

Per un calciatore, però, non basta saper comunicare. Prima dei social c’è il campo. Ci sono i risultati. C’è il giocare bene. E, possibilmente, vincere. “Si deve sempre partire da quel che avviene la domenica o durante la settimana, in coppa. Poi, da lì, si comincia a ragionare su cosa fare sui social. Le cose devono andar a braccetto”, dice Saule. Qualche esempio? “Nell’ultima stagione ha spopolato la Papu-dance di Gomez, attaccante dell’Atalanta. Ciò, però, è stato possibile, oltre che per la bravura e la simpatia del giocatore, anche perché la squadra è andata benissimo in campionato, raggiungendo la storica qualificazione all’Europa League. Se Gomez avesse giocato nel Pescara, che ha avuto una stagione molto negativa, difficilmente avremmo assistito al fenomeno social della Papu-dance”, spiega Saule.

 

Il modello? CR7

Per uno sportivo stare nel modo giusto sui social è anche una occasione di business: “Spesso gli sponsor prima di contattare un calciatore per una campagna pubblicitaria si informano su come usano Instagram, Facebook o Twitter, perché questo porta riconoscibilità a livello internazionale”, fa notare Saule. A Insomma, i social sono una cosa seria. E a testimoniarlo è il modo in cui gli usa Cristiano Ronaldo. “CR7, con i suoi milioni di followers, è entrato come un imprenditore in un mercato online creato dai tifosi mettendo in piedi un vero e proprio brand”, dice Sardella. Il portoghese è il top in campo e fuori, quando ha lo smartphone in mano. L’esempio da seguire è lui. Anche in questo.