Calcio, accadde oggi: "Io sono Luciano", 15 anni fa il "caso Eriberto"

Serie A

Vanni Spinella

Dopo un grande campionato con il Chievo di Delneri, l'esterno brasiliano firma un ricco contratto con la Lazio nell'estate 2002. Il trasferimento salta quando il giocatore svela la sua vera identità... rubata a un contadino

Potrebbe essere benissimo il titolo di un film. Dopo “Io sono leggenda” e “Io sono vendetta”, “Io sono Luciano”: storia di un ragazzo brasiliano con il sogno di giocare a pallone in Italia, che per sfuggire alla povertà vende la propria anima e acquista una nuova identità. E già che c’è si ringiovanisce anche un po’.

Estate 2002: Eriberto da Conceiçao Silva, esterno brasiliano classe 1979, ha appena concluso la sua seconda stagione nel Chievo di Delneri. In quel 4-4-2, che l’allenatore friulano mette giù come pochi altri al mondo, le ali volano sul serio: magari non saranno bellissime a vedersi quando corrono, ma valle a prendere. Manfredini su una corsia ed Eriberto sull’altra sono le due rivelazioni del campionato e di quel miracoloso Chievo giunto quinto in classifica (a un punto dal preliminare di Champions) da neopromosso in A. Vola anche la quotazione sul mercato di quel manipolo di eroi (Corini, Perrotta, Corradi, Marazzina…) e se solo un paio di anni prima Campedelli versava al Bologna circa 5 miliardi di lire per un brasiliano dinoccolato e pasticcione (storie di incredibili gol sbagliati ma anche di viali di circonvallazione imboccati contromano con troppo alcol in corpo), adesso si vede offrire 18 milioni di euro dalla Lazio per il campioncino che è sbocciato da quel bozzolo.

Un bel salto, per il nostro Eriberto piè veloce, spesso più della palla, come capita a quelle giovani saette prestate al calcio che devono ancora imparare a convivere con i propri superpoteri e scoprire tutte le potenzialità del loro corpo. In fondo il ragazzo ha appena 23 anni: nato il 21 gennaio 1979, dice la carta d’identità.

Cragnotti mette sul piatto un ricco contratto di 5 anni (inserendo nel pacchetto anche il “gemello” Manfredini per altri 6 milioni di euro), quando Eriberto sparisce. Fuga in Brasile, dicono. Con il permesso del Chievo, aggiungono. Il “giallo”, però, tiene tutti sulle spine, non solo quelli della Lazio, perché tra le motivazioni che trapelano attraverso l’agente del giocatore, Pedrinho, unico autorizzato a parlare, ci sono non meglio specificati seri, anzi serissimi problemi personali. “Eriberto si è incontrato con i suoi avvocati in Brasile e insieme hanno deciso la linea difensiva da sostenere”. Il problema dunque è giudiziario. Poi aggiunge: “Lui ha deciso di non rimandare oltre questa storia. È un passo che andava fatto e che lo riporterà in vita”.

Il 22 agosto 2002, in effetti, Eriberto nasce per la seconda volta, e rinasce come Luciano Siqueira de Oliveira. Parla subito: poche parole, che nascondono la storia triste di un ragazzo cresciuto senza genitori che lavora per poter mangiare e dà ascolto alle persone sbagliate pur di inseguire un sogno. “Il mio vero nome è Luciano, non Eriberto. E non ho 23 anni, ma 26”. Mistero svelato.

Squalificato per 6 mesi (pena di un anno ridotta per l’ammissione del giocatore e per il suo palese pentimento), il trasferimento alla Lazio ovviamente salta e la stagione seguente, sull’album Panini, ritroviamo la figurina di Eriberto, ora Luciano, nuovamente al Chievo. Si delineano presto anche tutti i contorni della vicenda: viveva a Rio de Janeiro, aveva 20 anni (reali) e voleva fare il calciatore ad ogni costo, quando nel 1996 gli presentarono un procuratore senza scrupoli che come Lucignolo gli indicò la cattiva strada per farcela: documenti falsi, generalità rubate a un contadino dello stato di Rio (che farà causa al suo ex-omonimo per danni morali, sperando in un bel risarcimento) e provino al Palmeiras: “Il ragazzo non è un granché, ma in fondo ha solo 17 anni: lo prendiamo e ci lavoriamo su”. Due anni dopo il burattino felice è al Bologna, in Serie A. Il grillo parlante inizia a farsi sentire quando è diventato un giocatore affermato che sta per compiere il grande salto verso una big: “Più passava il tempo e più mi facevo delle domande. Sarei potuto andare alla Lazio e guadagnare tanti soldi, ma non riuscivo più a reggere il peso della bugia. E poi voglio che mio figlio possa portare il mio nome”.

Dopo i titoli di coda, le classiche scene che svelano come è andata a finire: Luciano è approdato ugualmente in una big, l’Inter, nell’estate 2003, ma senza ritrovare più quello spunto di quando si fingeva più giovane di 3 anni. A gennaio 2004 è già tornato al Chievo, dove resta per altre 9 stagioni, fino a 37 anni compiuti… e reali.