Shevchenko: "Grazie Italia, ora voglio fare la storia anche da allenatore"

Serie A
Andrij Shevchenko, allenatore dell'Ucraina (Getty)
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L'ex attaccante ucraino si racconta sulla Gazzetta: "Amo l’Italia, mi sento italiano, ho il vostro Paese nel cuore fin da bambino. Al Mondiali dobbiamo andare insieme, dopo aver scritto la storia del calcio italiano voglio fare altrettanto in panchina! I miei gioielli? Yarmolenko e Konopljanka"

"A tutto Sheva". Questo il titolo della Gazzetta dello Sport per l'intervista all'ex attaccante. Perché dice proprio tutto: lui, il Milan, gli inizi, il futuro da allenatore, il sogno-Mondiali. "Dobbiamo andarci insieme! Io con l'Ucraina e Ventura con l'Italia, il vostro paese è nel cuore". Arrivò ragazzino, con gli occhi vispi e la fame di goleador. In otto anni di Serie A scrisse la storia segnando 175 reti in 322 presenze. Tutte con la maglia del Milan, con cui ha vinto il titolo. Intervistato dalla Gazzetta, Andrij Shevchenko ripercorre la sua carriera e parla del futuro. 

"Voglio fare la storia anche da allenatore!"

"Sono orgoglioso di aver scritto pagine storiche del calcio italiano da giocatore - dice Shevchenko - ma un domani vorrei fare altrettanto da allenatore, questo è certo. Un Mondiale senza l’Italia perderebbe sapore, io sono convinto che ce la farete. E comunque in generale non vedo più una crisi italiana. Secondo me il vostro calcio è tornato a crescere negli ultimi anni, merito di un’eccezionale scuola di allenatori". E ancora, sui giocatori da fornire alla Nazionale: "Avete sempre talenti di livello, ma soprattutto producete idee nuove, tecnici con caratteristiche differenti fra loro ma comunque rivoluzionari: penso a Conte, Allegri e Sarri". Sui suoi talenti, Yarmolenko e Konoplyanka: "Hanno qualità ed esperienza, ma le mie squadre non dipenderanno mai dai singoli. Non si va lontano così, l’ho imparato in Italia. O hai Messi oppure devi prima di tutto essere solido, organizzato e con un’identità ben precisa. Stiamo gettando basi importanti, il lavoro va completato e mi piace questa esperienza".

Pronostico sulla Serie A

"La Juve è la più forte per struttura societaria, rosa ed esperienza. Subito dietro vedo il Napoli, che non smette di crescere. L’Inter? Ha Spalletti, tecnico preparatissimo, meticoloso, non molla mai e ci mette il cuore nel suo lavoro. Sì, Spalletti è una garanzia per l’Inter, e i nerazzurri saranno lì fino in fondo. Avevo perplessità sul Milan e vorrei chiarire. Ho semplicemente detto cosa avrei fatto personalmente in fase di mercato, ovvero inserire al massimo 3-­4 titolari nuovi, di grande valore. Sono già tanti per come la penso io. La strada scelta dalla nuova dirigenza è legittima, ma secondo me presuppone un programma a lunga scadenza, e quindi serve pazienza da parte di tutti: si riparte da zero, per ora è stato comprato il futuro, i fuoriclasse veri arriveranno invece probabilmente fra uno-­due anni.E’ giusto alzare al massimo l’asticella anche nelle dichiarazioni, il Milan deve porsi sempre l’obiettivo massimo".

"Italia nel cuore, Maldini è ancora il mio Capitano!"

"Amo l’Italia, mi sento italiano. È da quando sono bimbo che ho il vostro Paese nel cuore. Venni undicenne per un torneo giovanile, giocammo ad Agropoli e rimasi incantato dalla gente, dal modo di vivere, da tutto. Rientrai a casa con la convinzione che un giorno avrei vissuto a lungo in Italia. Da evitare nei play-off per una questione di cuore e non sono sentimenti di circostanza. L’Italia è l’università del calcio dal punto di vista tattico. La serie A propone novità ogni anno, e io attingo moltissimo. Mauro per me è poi sempre stato un punto di riferimento in ogni senso, anche umanamente. Ci capiamo con uno sguardo". Sul derhy di Milano in programma dopo la sosta: "E' un primo dentro o fuori per il Milan. Il mio derby del cuore è quello del ritorno della semifinale di Champions nel 2003. In città c’era una tensione pazzesca, ma io avevo una grande qualità: quando entravo in campo intorno a me facevo mentalmente il vuoto, sparivano pubblico, bandiere e cori. Avevo solo campo e avversari in testa e negli occhi. I simboli erano Zanetti, l’avversario più duro, e Maldini, ancora oggi il mio Capitano".