In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

L'Atalanta ha ridato vita a Ilicic

Serie A

Emanuele Atturo

Arrivato in estate a fari spenti, lo sloveno ha trovato una nuova casa nel sistema di Gasperini ed è diventato uno dei giocatori più determinanti del campionato

Condividi:

Quando ad agosto l’Atalanta ha acquistato Josip Ilicic sembrava uno scherzo: uno dei giocatori meno vitali del campionato comprato da una delle squadre più intense e fisiche. Cosa era saltato in mente a Gasperini? In che modo la lentezza di Ilicic, la sua pigrizia tattica, la sua incostanza, si sarebbero coinciliate con una squadra che richiede il massimo sforzo - fisico e mentale - ai propri giocatori?

Quello arrivato a Bergamo non era neanche il miglior Ilicic possibile: a 29 anni veniva dalla stagione peggiore della sua carriera, con 35 presenze e appena 6 gol su un numero spropositato di tiri (92). Una stagione fatta di scelte affrettate, corse palla al piede malinconiche, dribbling svogliati. I 6 pali colpiti sembravano certificare l’idea di un giocatore con un rapporto privilegiato col lato oscuro del calcio. Il tutto, dentro la cornice decadente dell’ultima Fiorentina di Paulo Sousa.

Il peggior Ilicic possibile

La spirale negativa della squadra aveva contribuito alle sue brutte prestazioni, ma il tecnico della “viola” lo aveva anche criticato personalmente, definendolo “un giocatore che va aiutato”: «Non ha iniziato questa stagione con la stessa determinazione dello scorso anno. Non in base ai numeri, perché lui è spesso determinante, ma dal punto di vista della convinzione. È un giocatore che deve essere aiutato, ma io sono un allenatore e devo prendere delle decisioni in certi momenti. Cerco equilibrio. L'anno scorso ci ha dato una grossa mano, quest'anno ha trovato più pali che goal».

Quando tirava aria di cessione il quotidiano toscano La Nazione lo aveva incorniciato con un’immagine degna di un racconto di Cechov: «Se ne andrà in silenzio, senza essere riuscito a lasciare il segno. Lo zaino griffato pieno di rimpianti». Sembra sia impossibile non associare Ilicic a immagine archetipiche di malinconia. Ilicic con le guance scavate, i capelli smorti, gli occhi freddi color acquamarina, troppo triste per il mondo del calcio.

Nelle sue stagioni migliori Ilicic era riuscito a giocare con una grazia aerea. Il modo in cui aveva reso possibile l’idea di quel corpo buffo e nodoso con lo stile di un trequartista tecnico sembrava un sogno. La sua prima stagione a Palermo, insieme a Pastore e Miccoli, con tiri ambiziosi sparati sotto l’incrocio dei pali con una tecnica di tiro mai vista. Ma anche il suo primo anno con Sousa, dove copriva il ruolo di uno dei vertici alti del quadrato di centrocampo ed è riuscito a segnare 15 gol, record in carriera. Alla luce della sua ultima stagione, quelli sembravano periodi di perfezione irreplicabili, capitati quasi per caso.

Il vero Ilicic sembrava in fondo quello indolente dell’ultima stagione a Firenze, per cui il calcio è uno sport faticoso, una specie di condanna esistenziale che si riduce alla ricerca morbosa di soluzioni individuali: tiri da fuori ambiziosissimi, dribbling ostinati e fini a sé stessi, passaggi sbagliati. Una descrizione che si cuce bene su un giocatore che a 20 anni voleva smettere col calcio per dedicarsi al calcetto, che ancora oggi definisce “la mia vera passione”.

L’Ilicic che arriva a Bergamo sembrava un giocatore in fase discendente: un motivo in più per credere poco nel suo riscatto in un contesto contrario alle sue caratteristiche. Tre mesi dopo lo sloveno è uno dei più entusiasmanti giocatori del campionato e sta forse vivendo la migliore stagione della sua carriera. Domenica, nella sfida casalinga contro la Lazio, ha segnato il suo ottavo gol stagionale (in 20 partite, quasi 1 ogni 2) ed è stato un gol bellissimo.

Gomez ha ricevuto una palla in verticale da Freuler sulla catena di sinistra. L’argentino è avanzato indisturbato, ha alzato la testa, nel frattempo Ilicic si era infilato fra i due centrali della Lazio - allargati dall’inserimento esterno di Cristante - e Gomez lo ha servito con una palla morbida. Ilicic ha rallentato la corsa, tenendo gli occhi sul pallone e poi, senza mai guardare la porta, ha segnato con una spaccata di sinistro.

Il miglior Ilicic possibile

Le perplessità estive sull’acquisto di Ilicic non erano legate solo alle sue caratteristiche tecniche ma anche a come collocarle nel sistema fortemente definito dell’Atalanta. Ilicic è è un trequartista mancino: nel 3-4-3 di Gasperini avrebbe potuto giocare solo alto a destra, ma in quella posizione il tecnico la scorsa stagione aveva schierato Jasmine Kurtic. Un centrocampista molto fisico, che gioca con grande agonismo entrambe le fasi e che era stato prezioso per l’efficacia del suo gioco aereo. Sia per far risalire il campo alla squadra che per colpire verso la porta i cross verso il lato debole del “Papu” Gomez.

Ilicic è un giocatore completamente diverso, un accentratore: ama ricevere sui piedi, giocare tanti palloni e tenerli per tanto tempo.Tutte cose che il sistema dell’Atalanta lo scorso anno concedeva solo a Gomez sul lato sinistro. Era possibile far coesistere, sui due lati opposti, due giocatori che amano il pallone così tanto? Oppure bisognava considerare Ilicic un semplice backup di Gomez a sinistra?

Nel pessimismo estivo hanno influito forse troppi pregiudizi. La nostra idea di Ilicic come archetipo del talento slavo indolente capace di tutto - nel bene o nel male - mal si adattava con la nostra idea del calcio iper-fisico e codificato di Gasperini. La realtà è che un sistema apparentemente rigido come quello dell’Atlanta - pur fondato sulla solidità dell’organizzazione collettiva- fa largo affidamento sul talento individuale dei propri uomini. Le marcature a uomo in fase di non possesso, l’ostinazione a costruire sulla catene laterali, le distanze spesso ampie fra un giocatore e l’altro, costituiscono una rete che al contempo necessita ed esalta il talento individuale.

È per questo che il sistema di Gasperini, tra la scorsa stagione e questa, ha funzionato da moltiplicatore del talento individuale. Giocatori che altrove si sono rivelati un pochino più normali, con la maglia dell’Atalanta sono sembrati semplicemente inarrestabili. Così sta succedendo a Ilicic quest’anno, a cui è concesso di fare tutto quello che ama fare su un campo da calcio: tenere molto palla, dribblare, fare assist, tirare. Quando parte in conduzione palla al piede sulla destra sembra troppo lento per poterselo permettere; Ilicic corre con la palla attaccata al piede e la testa, 190 cm più su, più avanti del busto come quella degli scattisti al traguardo, senza però nessuna esplosività. Ilicic non sembra mai correre ma accelerare il passo come uno che ha fretta, vestito con dei jeans e degli stivaletti.

Gli avversari ci mettono poco a circondarlo, e mette quasi ansia a vedersi: così lento e poco reattivo doversi destreggiare in fretta in spazi così stretti. Ma Ilicic in qualche modo riesce sempre a districarsi con un’arte elusiva del corpo che sbilancia gli avversari, li rende improvvisamente più lenti, meno reattivi, come ipnotizzati di fronte a un’animale esotico.

Ilicic è il giocatore della Serie A che dribbla di più ogni 90 minuti: 5.4 dribbling tentati, poco più del “Papu” Gomez, anche se con una percentuale di riuscita leggermente peggiore. Bisogna dire che i dubbi sulla sua intensità erano legittimi e li ha cancellati crescendo di condizione fisica rispetto agli anni passati: «La preparazione con Gasperini è stata tremenda. Oggi però raccolgo i frutti della fatica: le mie gambe vanno a mille».

Ilicic può defilarsi fino alla linea laterale per partire in conduzione e dare ossigeno a una squadra che non brilla per capacità di palleggio; ricevere nel mezzo spazio di destra per costruire il classico triangolo laterale con la mezzala e l’esterno; oppure può accentrarsi ancora un po’, cambiando pelle tattica all’Atalanta fino a trasformare lo schieramento in un 3-4-1-2. Nelle partite più tirate Gasperini lo ha usato persino da falso nove, preferendo a destra un giocatore fenomenale senza palla come Cristante. A quel punto Ilicic può galleggiare sulla trequarti per trovare le migliori zone di ricezione e dare imprevedibilità a un attacco che lo scorso anno a volte era stato fin troppo codificato e dipendeva troppo dall’intensità e dall’ispirazione di Gomez.

Ilicic ha insomma permesso a Gasperini di redistribuire i centri creativi, sgravando di un po’ di responsabilità Gomez a sinistra. L’argentino sta giocando una grande stagione ma sta contribuendo un po’ meno alla produzione offensiva della squadra, almeno in termini numerici. In questo momento della stagione siamo al dato - che sarebbe suonato paradossale qualche mese fa - che Ilicic ha una somma totale di gol e assist superiore a quella di Gomez (6 gol e 4 assist lo sloveno, 3 gol e 5 assist l’argentino). Gomez, insomma, non deve fare tutto: la prima costruzione, la creazione di superiorità numerica, la rifinitura, la finalizzazione; o meglio: deve farlo lo stesso ma non nella quantità e con la continuità con cui doveva farlo durante lo scorso anno.

La mappa dei passaggi dell’Atalanta fotografa bene la redistribuzione dei pesi creativi. Elaborazione di Alfredo Giacobbe.

 

Sia alla Fiorentina di Sousa che oggi con Gasperini, Ilicic ha dimostrato che ha bisogno di avere consegne ben precise all’interno di un sistema codificato, altrimenti rischia di andare alla deriva nella sua ricerca morbosa di soluzioni individuali. In fondo sembrava saperlo anche lui, quando in estate motivava così la scelta di venire all’Atalanta, preferendola alla Sampdoria: «l’anno scorso ho visto come giocava l’Atalanta e sono rimasto impressionato. I giocatori sembravano che si divertissero parecchio. E io non so giocare a calcio senza divertirmi».

Ilicic è il perfetto esempio di come l’individualismo di un giocatore può entrare in armonia con un organismo collettivo che non ne deprime la creatività ma le dà i binari per potersi esprimere in modo più pieno e luminoso.