Speciale Var: la verità sugli episodi discussi

Serie A

Lorenzo Fontani

Dopo i primi 4 mesi di utilizzo del Var e diversi episodi analizzati settimanalmente, approfittando della sosta di campionato vi proponiamo uno speciale nel quale proveremo a spiegare meglio gli aspetti che hanno suscitato maggior interesse e maggiori critiche, sottolineando gli errori fatti ma anche quelli evitati

COME FUNZIONA IL VAR

Il titolo del nostro fortunato speciale con la "Masterclass" tenuta negli studi di Sky proprio da Rizzoli e Rosetti sarà il punto di partenza dell'incontro: ancora oggi in campo e fuori ci sono comportamenti e dichiarazioni che dimostrano la scarsa conoscenza dei vincoli imposti dal protocollo (che, va ricordato, è universale e definito dall'International Board: quando si chiede all'Italia di cambiarlo si prende una cantonata).

L'uso del Var è infatti rigidamente limitato a 4 fattispecie: calci di rigore, espulsioni dirette, gol viziati da irregolarità e scambio di persona sui cartellini. Non sono rivedibili le seconde ammonizioni (date o da dare), i calci di punizione o i calci d'angolo dai quali magari scaturisca un gol, così come va capito bene il concetto di "fase di attacco": quella fase cioè che va rivista prima di un gol o di un rigore. Su tutti questi aspetti c'è chi continua a fare confusione, come ad esempio in occasione della seconda ammonizione di De Roon in Roma-Atalanta o del fallo di Benatia su Pavoletti prima del gol della Juve a Cagliari (entrambe situazioni fuori da protocollo Var, mentre invece era rivedibile il fallo di Lichtsteiner su Gomez che portò all'annullamento del gol della Juve a Bergamo, per la continuità del "possesso offensivo" bianconero).

Ognuno ha la propria proposta di miglioramento (limitare le valutazioni dei rigori al dentro/fuori area, inserire i "challenge" per le squadre come in alcuni sport USA, eliminare la dicitura "chiaro errore" e rivedere tutti gli errori potenziali, ecc…) ma nel breve periodo il protocollo non cambierà.

CHIARO, MA NON CHIARISSIMO

E' il mantra che sta mandando in crisi un po' tutti, a cominciare a volte dagli stessi arbitri/Var. E' il principio base su cui poggia l'attuale protocollo, che predica “massimo beneficio, ma con la minima interferenza " e per non interferire troppo col gioco chiede che siano rivisti soltanto i "chiari errori"(“clear mistake") commessi dall'arbitro in campo. Ma che cos’è un "chiaro errore"? Impossibile stabilirlo se non empiricamente sulla base di un'ampia casistica che si sta ancora formando. La risposta rimane soggettiva soprattutto perché ad essere soggettive sono la gran parte delle Regole del Gioco, a cominciare dalla madre di tutte le interpretazioni, il fallo di mano. 

DIAMOCI UNA... MANO

Pierluigi Collina lo definiva "un processo alle intenzioni": un tocco di mano/braccio, per essere falloso e dunque punibile, nel calcio deve essere volontario, traduzione non felicissima del molto più adatto inglese “deliberate", deliberato: cioè fatto deliberatamente quando in realtà si potrebbe evitare. Impossibile avere una interpretazione univoca di una regola che fornisce solo parametri, non certezze: movimento naturale, pallone inaspettato, intenzione di costituire maggiore ostacolo, ecc. ecc. Anche qui valgono gli esempi, e verranno mostrati agli allenatori con la "sentenza" dei vertici arbitrali: i tre mani di Iago Falque (Lazio-Torino), Mertens (Crotone-Napoli) e Bernardeschi (Cagliari-Juve) erano tutti e tre da punire, ma in questo ordine crescente di gravità: quello di Roma "border line" (ad amplificare il tutto ci fu la successiva espulsione di Immobile), quello di Cagliari assolutamente da intervento Var.

L’EQUIVOCO DEL "CHI CHIAMA CHI" E IL MISTERO DEGLI ANTI-VAR 

A proposito del rigore non dato al Cagliari, l'arbitro Calvarese è stato "impallinato" da più parti, complice la sosta del campionato che ha indotto molti media ad approfondire il tema, arrivando a paventare l'esistenza di un partito anti-Var. In sostanza, il teramano sarebbe uno di quei presuntuosi che – stabilendo il protocollo che l'ultima parola è sempre dell'arbitro centrale – si rifiuterebbe di andare a rivedere un'azione dubbia. Un comportamento masochistico, considerato che i dialoghi cabina-campo sono registrati e tutto ciò non sarebbe certo apprezzato dai capi… In realtà la questione è un po' più sfumata.

Prima di tutto va chiarito un piccolo equivoco: non è del tutto vero che – se l'arbitro in campo spiega via microfono di aver visto e valutato l'azione – automaticamente il Var non possa intervenire. La cosa va letta dall'altro lato: se l'arbitro in campo ammette/dimostra di non aver decifrato bene un episodio (fallo di Skriniar su Perotti in Roma-Inter, concesso un calcio d'angolo inesistente) il Var deve intervenire perché già di per sé si configura una svista. Ma se l'arbitro, pur avendo controllato l'azione, ha comunque commesso un errore evidente, il Var deve richiamarlo eccome. Ecco allora che non esistono tanto arbitri "anti-Var" (non sul campo almeno…) ma magari qualche arbitro più allergico alla revisione e – anzi soprattutto perché alla fine è da lì che parte l'input – qualche Var con una soglia del "chiaro errore" più bassa e quindi meno incline a richiamare il collega (sarà un caso che il Var di Cagliari fosse Banti, notoriamente arbitro con soglia del fallo altissima e con pochissimi rigori concessi in carriera…?)

GLI ERRORI COMMESSI (E AMMESSI) E QUELLI EVITATI

Rizzoli e Rosetti mostreranno agli allenatori le statistiche di questa prima metà (+ una giornata) di campionato. Al di là dei numeri confortanti sulla riduzione dei gialli (soprattutto per proteste), sui falli fischiati e sul tempo effettivo (addirittura aumentato), il messaggio sarà chiaro: il sistema ha garantito la correzione di una altissima percentuale degli errori commessi in campo (nelle fattispecie da Var): ad esempio verranno portati episodi come il rigore inizialmente non visto per mani di Manolas nel derby di Roma, quelli dati e poi tolti (ancora falli di mano, una condanna) in Sassuolo-Torino e Inter-Lazio, o in Chievo-Atalanta per la precedente uscita dal terreno di gioco del pallone, o i gol palesemente irregolari di Kessie contro il Crotone e di Florenzi contro il Sassuolo. Naturalmente non si nasconderanno di fronte agli errori commessi. "Soltanto 5 a fronte di 900 situazioni riviste", ha detto il presidente dell'Aia Nicchi, includendo nei 900 anche i famosi "silent check" senza alcun intervento/perdita di tempo. Il capo dell'Associazione Arbitri si è tenuto un filo basso, ma è vero che due mani sono più che sufficienti per contare gli errori evidenti e conclamati, individuati cioè come tali anche dai vertici arbitrali. Ecco l'elenco: il primo, peccato di inesperienza, in occasione del rigore dato al Genoa contro la Juve senza controllare il fuorigioco di Galabinov. E poi in ordine crescente di gravità:

  • il rigore non dato alla Lazio per mani di Iago Falque con successiva espulsione di Immobile che poteva essere interpretata come semplice giallo
  • il gol di Kean convalidato in Torino-Verona
  • il rigore non dato alla Juve contro il Bologna per mani di MBaye
  • il rigore non dato per mani di Mertens in Crotone-Napoli
  • il rigore non dato alla Fiorentina contro l’Atalanta per la trattenuta di Spinazzola su Astori
  • il rigore non dato al Cagliari per mani di Bernardeschi contro la Juve
  • il rigore non dato al Sassuolo per mani di Torreira contro la Samp

Una curiosità. I casi di Roma-Inter e del derby torinese di Coppa Italia non vengono considerati come degli errori nella sostanza, ma nella procedura/gestione della "on field review", cioè la revisione diretta a bordo campo da parte dell'arbitro: sarebbe stata necessaria a Roma, mentre sarebbe stato meglio evitarla a Torino.

MALOCCHIO DI FALCO

Il caso-Torreira, forse il più clamoroso (una vera e propria parata a pochi passi dalla linea di porta ignorata da arbitro e Var) verrà portato ad esempio per spiegare un dettaglio non banale che però – anche per ragioni di opportunità – non è stato finora portato alla luce. Non sono infatti soltanto gli arbitri a dover familiarizzare col nuovo strumento, ma anche lo strumento, e i loro manovratori, a dover migliorare. Al di là dei sempre possibili malfunzionamenti della tecnologia, trovarsi in cabina un tecnico non particolarmente esperto o comunque meno rapido di altri può rallentare e complicare la revisione di un episodio e far scattare il corto circuito. Il replay decisivo per individuare oltre ogni dubbio quel fallo di mano di Genova infatti non è mai stato visto dal Var Tagliavento. Un ritardo nel fornirlo da parte del tecnico di "Hawk Eye" (la società "Occhio di falco") che fornisce tecnologia e relativi operatori, e la mancata insistenza/pazienza da parte del Var nel ricercare l'immagine decisiva e la frittata è fatta. Nessuna richiesta di giustificazione, ma una informazione in più affinché tutti siano consapevoli della complessità della "macchina".

VERSO IL MONDIALE

Nonostante il già citato Collina, capo supremo della commissione arbitrale Uefa e Fifa, non sia tra i principali sponsor del sistema Var (non a caso nelle coppe europee non viene ancora utilizzato), le possibilità che lo strumento non venga adottato al Mondiale sono vicinissime allo zero. Tra pochi giorni l’Ifab (l'International Board, unico organismo abilitato a cambiare le regole del calcio) terrà una prima riunione preparatoria di quella decisiva che ci sarà a marzo. Il presidente della Fifa Infantino non ha alcuna intenzione di fare marcia indietro, al massimo si potrà prolungare la fase sperimentale prima di inserire formalmente l'uso dei Var nel regolamento, ma in Russia ci saranno. E la squadra italiana, l'unica ahinoi presente, potrebbe ampliare la rosa. Al momento infatti l'unico certo di partire, come arbitro centrale, è Gianluca Rocchi, che all'occorrenza potrebbe anche operare come Var (la cabina di regia centralizzata permetterà di ottimizzare le risorse): ruolo che al 99% svolgerà anche Orsato, a sua volta con la valigia pronta. Ma se per gli arbitri il criterio della geopolitica rimane rigido e scenderanno in campo anche direttori di gara di federazioni non particolarmente "allenate", nella cabina Var è troppo rischioso mandare gente inesperta. Per questo è probabile che i campionati che hanno già i Var in casa (italiani e tedeschi innanzitutto) avranno più rappresentanti.