Non c'è Inter-Roma senza "3": la storia della partita (im)perfetta

Serie A

Alfredo Corallo

Due dei gol storici dell'eterna sfida Inter-Roma: la rovesciata di Djorkaeff nel '97, il "cucchiaio" di Totti del 2005. Sempre a San Siro, sempre nel segno del numero 3
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La prima volta che le due squadre si affrontarono, nel 1927 in via Goldoni (oggi sede di un oratorio, guidato da un prete milanista...) fu subito spettacolo: 3-3. In campo c'era già la storia di Inter e Roma: Meazza, Bernardini, con Arpad Weisz sulla panchina dell'Ambrosiana. Da allora, passando per i capolavori di Djorkaeff e Totti, il "3" sarà una costante a Milano, per una sfida perfetta nella sua imperfezione...

"Un proiettile che fischia fulmineo su dieci teste, s'incunea nell'angolo alto a destra della casa romana e scuote la rete. Delirio. La fine". A dispetto di un linguaggio populista - che in confronto il tormentone social "Asensio 4-1, è finita" fa quasi tenerezza, roba da pischelli - gonfio di enfasi e metafore belliche, tipico dell'eloquenza fascista, quel pomeriggio di 90 anni fa rappresentò un manifesto di anti-retorica e "velocità", l'avanguardia di tutti i più "futuristi" e futuri degli Inter-Roma. Certo, per il risultato e il "genere" di partita: un 3-3 dalle sequenze folli; ma che interpreti: basterà ricordare che in via Goldoni 61, l'11 dicembre del 1927 (con la Roma appena fondata) c'erano in campo due personaggi che saranno icone assolute di Milano e della Capitale. Uno, Peppino Meazza, darà il nome allo stadio dove stasera nerazzurri e giallorossi si daranno "battaglia" per la Champions  (rimaniamo in linea con la citazione iniziale, militaresca, ripresa da una Gazzetta dell'epoca); e all'altro - Fulvio, detto "Fuffo" Bernardini - sarà intitolato il centro sportivo di Trigoria. Se non fosse sufficiente... sulla panchina dei milanesi sedeva un certo Árpád Weisz, ungherese di origini ebraiche, ancora oggi il più giovane allenatore a vincere un campionato di Serie A (34enne nel 1929-30 con l'Ambrosiana, il primo a Girone unico, ma si ripetè per due volte con il Bologna nel 1935-36 e 1936-37), rimasto vittima delle leggi razziali e morto in una camera a gas ad Auschwitz. Dimenticato, e riportato alla memoria nel 2009 grazie al lavoro di ricerca del nostro Matteo Marani e al suo libro "Dallo scudetto ad Auschwitz", appunto. 

Al civico 61 di Via Goldoni oggi c'è un'abitazione, alle spalle l'oratorio 

La partita imperfetta

Il campo di via Goldoni - che dal 1928 prenderà il nome di "Virgilio Fossati" in omaggio allo storico capitano interista caduto durante la Prima Guerra Mondiale - era stato inaugurato nel Capodanno del 1913 (Inter-Lazio 3-1) e aveva chiuso i battenti il 15 giugno del 1930 per il crollo delle tribune, a pochi minuti dal fischio di inizio di Ambrosiana-Genoa 1893, a un passo dalla tragedia: oltre 160 feriti, alcuni dei quali non vollero comunque perdersi un altro 3-3, "la partita perfetta" nella sua imperfezione , una formula pitagorica nell'infernale simbolismo dantesco, nel significato che gli antenati cinesi di Zhang Jindong assegnavano al numero magico dei 3 elementi: cielo, terra, uomo. Cosmico, e perché no, sacro: uno e trino, cos'è il calcio se non una religione, cosa siamo noi se non dei devoti!

Tra sacro e profano

Niente di blasfemo, per carità: alle spalle di via Goldoni c'è davvero l'oratorio "San Gaspare Bertoni", della parrocchia di Santa Croce, e il campetto sorge sempre lì, circondato dai palazzoni del quartiere "Acquabella", tra la stazione di Dateo e Piazzale Susa, dove i ragazzini dell'associazione calcistica O.S.C.A.R. ospitano le partite casalinghe del loro campionato CSI. Guidati da Padre Matteo, 39 anni, della Costa D'Avorio, a Milano da 8 in missione per l'Ordine degli Stimmatini. Calciatore, cintura nera di taekwondo e con una nuova passione per il kung-fu vietnamita. Milanista, in casa dell'Inter... ieri è stato lui a "confessarsi", quando siamo andati a trovarlo: "Sono tifoso del Milan, lo ammetto. Per Weah, Kaka e perché nel mio Paese è la squadra più amata, ci sono tanti club che si chiamano Milan. E poi la prima squadra che ha giocato qui, nel 1903, sa qual è stata? Il Milan!". Radici africane, milanista in "casa" dell'Inter, da Trinità a "triplete" è un attimo: vi ricorda qualcuno?

Sliding doors: Balotelli-Cassano 3-3

Già, Mario Balotelli - che "nasce" calcisticamente all'oratorio della sua Concesio - fu uno dei protagonisti dell'ultima volta che Inter e Roma si produssero nella notte (im)perfetta a San Siro, era il 1° marzo del 2009, negli anni in cui i due club si contendevano il dominio nazionale: da una parte José Mourinho, dall'altra Luciano Spalletti. Spettacolo dentro e fuori dal campo. Come un concentrato di arte pura fu quello precedente, nel 2003, con Cassano, Vieri, Recoba e Montella a scolpire tonnellate di emozioni e pazzia sulle difese "in libertà" (ecco riaffacciarsi la matrice futurista di Marinetti e soprattutto di Giacomo Balla...). 

Non c'è Inter-Roma senza "3"

Ma è nell'ultimo ventennio - stavolta niente "v" maiuscola, s'intende - che il numero 3 è diventato una variabile imprescindibile di questa vorticosa roulette di gol e colpi di genio. Amanti delle statistiche - e scommettitori - sanno bene che sui 32 match disputati al Meazza, dal gol di Djorkaeff (5 gennaio 1997), passando per il cucchiaio di Totti (26 ottobre 2005) e la doppietta di Eto'o in Supercoppa (21 agosto 2010) fino all'ultimissima di Nainggolan (26 febbraio 2017), nella metà delle gare almeno una delle due formazioni abbia segnato 3 reti. Che in totale fa 105, una media di 3 - ovviamente - a partita. E dal 2012 la Roma ha vinto 4 volte su 6. Come dite? Sì, una spremuta de' sangue: 3-1, 3-2, 3-0 e il 3-1 dello Spalletti II, che si è ripetuto all'andata all'Olimpico, lo scorso agosto, da neo interista. Ma non c'è Inter-Roma senza tre.