Paolo Condò racconta la storia di Simone Inzaghi, protagonista del secondo episodio della terza stagione di "Mister Condò". Disponibile in anteprima On Demand per i clienti Sky Extra abbonati da almeno 3 anni. Da oggi in onda anche su Sky Sport
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Occorre avere una personalità molto forte per seguire le tracce di un fratello campione non soltanto nello stesso sport, ma persino nello stesso ruolo. Simone Inzaghi non ha mai nemmeno considerato un’opzione diversa da quella di fare il centravanti, e i successi di Pippo - di tre anni più grande - sono sempre stati una stella polare con la quale orientarsi, non un peso di cui alleggerirsi. Una storia parallela che il fortissimo legame familiare ha sempre tenuto al sicuro da gelosie e rivalità ossessive: è si che l’occasione ci sarebbe stata, con Pippo juventino e Simone laziale nella famosa conclusione del campionato 2000, quello del nubifragio di Perugia.
Illustrazioni grafiche di Giuseppe Ferrario
Uno scorcio di partita assieme in Nazionale, sospirato ma breve, fu l’epifania del rapporto da giocatori: non gemelli, ma come se. Simone in campo è durato poco, tormentato senza requie dagli infortuni. Così la sua esperienza da allenatore, un’intuizione del solito Tare (che fu suo compagno), è iniziata prima rispetto al fratello, e ha avuto uno sviluppo più lineare, con la prima squadra conquistata nei tempi giusti, e dopo il timore di averla persa nell’estate del Loco Bielsa. Oggi il suo nome è sinonimo di grande calcio, e la Lazio - che quest’anno ha già portato a casa la Supercoppa Italiana - corre con stile ed efficacia all’assalto di tutti i traguardi. Simone si schermisce, consapevole del momento magico ma in qualche modo memore della volubilità del football, che da giocatore fu costretto a pagare. Ma guardando la bellezza di Roma dalla terrazza di Monte Mario, in una serata senza nuvole, l’anima gli è uscita. L’ideale, per Mister Condò.