Chiesa sogna un gol alla Juve. Papà Enrico sa bene come si fa

Serie A

Vanni Spinella

Otto gol alla Juventus: è il bottino di Enrico Chiesa, che potrebbe svelare i suoi segreti al figlio Federico, a caccia della prima rete ai bianconeri. Il papà segnò il primo solo al quarto confronto: proprio quello che attende ora Chiesa jr

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Anche papà Enrico impiegò un po’ di tempo prima di riuscire a segnare alla Juventus; poi però, quando si sbloccò, ci prese gusto. È il pensiero che rassicura Federico a poche ore dal suo quarto confronto con i bianconeri, ai quali sogna di fare gol dal giorno dell’esordio in A. 20 agosto 2016, prima di campionato, Paulo Sousa lo schiera con coraggio, titolare per i primi 45’. Si gioca allo Stadium e il piccolo Chiesa, 19 anni da compiere, non lo conosce quasi nessuno. Di certo non lo riconosce uno degli steward dello stadio, che lo blocca quando lui, dopo la doccia all’intervallo, chiede di poter tornare a bordocampo.

“Lei non sa chi sono io!”, avrebbe tuonato un altro. Non Chiesa jr, figlio d’arte che pian piano si sta scrollando di dosso anche quella pesante etichetta: la Fiorentina l’ha eletto uomo-immagine, per i tifosi è già un simbolo. Dei due Federico cresciuti insieme nel settore giovanile lui è quello che ha scelto di rimanere, per l’altro, probabilmente, saranno solo fischi.

Contro la Juventus l’esordio, la prima ammonizione (nella gara di ritorno) e anche quello che sarebbe stato il suo primo gol in A, il 15 gennaio 2017: lancio di Badelj in profondità, lui ci si avventa e se la sfiora è una deviazione così impercettibile da indurre la Lega Calcio a non ritenerla decisiva, assegnando la rete al compagno. Poco male: la Fiorentina vince comunque (2-1), il primo gol di Federico Chiesa è rimandato solo di una settimana, contro il Chievo. L’ultimo, invece, cinque giorni fa, al Bologna: possiamo dire che è stato un “gol alla Enrico”?

Una cosa è certa: la Juventus ha segnato alcune tappe importanti nella sua carriera, adesso vorrebbe segnarle lui. Papà Enrico, da esperto in materia, potrebbe dargli qualche consiglio. Partiamo dai numeri: 21 incroci e 8 gol alla Signora, per Enrico Chiesa. Che diventano 8 in 12 partite se restringiamo alle stagioni con le maglie di Sampdoria, Parma e Fiorentina, tralasciando gli estremi della carriera, con Cremonese e Siena, quando non gli è mai riuscito di battere la Juve.

I "tre Chiesa" che hanno fatto gol alla Juve nelle figurine della Collezione Panini: 3 con la Samp, 3 col Parma, 2 con la Fiorentina

La prima gioia è addirittura doppia. Valeva la pena di aspettare tanto: arriva infatti al quarto incrocio con la Juventus, nella stagione della sua esplosione con la maglia della Sampdoria (1995/96: 22 gol in 27 partite, ispirato da Mancini). Il 10 dicembre 1995, contro i bianconeri di Vialli-Del Piero-Ravanelli, la Samp fa 2-0 grazie alla doppietta di Chiesa. Due capolavori, diversi tra loro: eppure, in entrambi, è visibilissimo il marchio di fabbrica, tanto da renderli tutti e due dei classici “gol alla Chiesa”. Sul primo brucia Ferrara con una fuga sulla destra e poi, arrivato al vertice dell’area di rigore, spara una botta fortissima in porta, senza andarci troppo per il sottile, di quelle che si abbassano – nonostante la loro potenza – subito dopo aver scavalcato il portiere. Sul secondo guadagna la stessa identica zona di campo, ma questa volta opta per la sterzata: con Carrera che lo fronteggia per non concedergli il destro, lui si accentra con un guizzo tanto rapido da mandare il difensore a terra e poi chiude sul palo più vicino, col sinistro, secchissimo. Perché va ricordato che per Enrico Chiesa destro o sinistro faceva poca differenza, lui calciava benissimo da qualsiasi posizione e spesso nei momenti più inaspettati. Caricava in una frazione di secondo, quasi piegandosi sul pallone, ed esplodeva.

Al ritorno, a Torino, ancora una vittoria per i blucerchiati, stavolta uno 0-3 aperto da Chiesa dopo appena 22 secondi di gioco, con la riproposizione in miniatura del primo gol dell’andata. Palla lunga sul versante destro che lo pesca in profondità, lui lascia scorrere e scarica un’altra delle sue botte, peccato che stavolta il vertice da cui calcia sia quello dell’area piccola. Zero speranze per il portiere, anche solo di vederla. La chiudono Balleri e un Clarence Seedorf di 20 anni che gioca già come un veterano.

In estate il passaggio al Parma di Ancelotti e il 5 gennaio 1997 riecco la Juventus capolista: Chiesa colpisce ancora a freddo, dopo un minuto, anche se stavolta in modo quasi involontario. La punizione che calcia dalla trequarti, spostato sul versante sinistro è sì tagliata ma vuole essere chiaramente un invito per i compagni ad avventarcisi per una deviazione. La lisciano tutti e alla fine quando Peruzzi se la ritrova tra le mani è così sorpreso da farsela sfuggire. Dicesi papera. L’1-0 resisterà fino alla fine, con la partita chiusa in 9 contro 9 a causa delle 4 espulsioni. Tra questa anche la prima in carriera per Chiesa – lui che in tre stagioni in A non era mai stato nemmeno ammonito – per reciproche scorrettezze con Zidane. Il primo Parma di Chiesa chiuderà quel campionato al secondo posto, a -2 dalla Juventus, e nella stagione seguente ci si aspetta che il duello si rinnovi.

Stagione 97/98: alla nona giornata guida l’Inter (22 punti), davanti a Juve (20) e Parma (17). I nerazzurri fanno 2-2 nel derby, risultato che si ripete nello scontro diretto tra le due inseguitrici, il 23 novembre 1997. Apre Chiesa, rientrato dalla squalifica dopo essersi beccato un altro rosso (stavolta contro l’Inter) e la dinamica non è molto differente. Ze Maria spazza lunghissimo dalla difesa, Chiesa si lancia verso Peruzzi con una discesa nella metacampo bianconera deserta e arrivato davanti al portiere opta per il rasoterra fulminante. Finirà 2-2, mentre per il Parma non sarà un’annata esaltante quanto la precedente.

Si rifarà nella stagione seguente (1998/99) con Coppa Uefa e Coppa Italia, quarto posto in campionato e ancora un gol alla Juventus nel 4-2 del 7 febbraio 1999. I bianconeri sono quelli di Esnaider e Henry presi nel mercato di riparazione e proprio i due si danno il cambio nel tentativo vano da parte di Lippi di trovare le giuste contromisure. Sull’altro fronte, infatti, i gemelli Crespo e Chiesa si trovano che è una meraviglia, con tripletta dell’argentino e sigillo, il sesto personale alla Juve, di Enrico. Fin troppo facile per lui, servito da un retropassaggio corto di Montero, sul quale si avventa come un falchetto, evitando l’uscita di Peruzzi prima di depositare in porta.

Qui invece, sul primo gol di Crespo, si può parlare di classico “assist alla Chiesa”

Ne mancano due al conteggio, e Chiesa li realizza entrambi in una partita, con la maglia della Fiorentina che ora veste Federico. Il 6 gennaio 2001, contro i bianconeri del suo vecchio maestro Ancelotti, finisce 3-3, con i viola che sognano il colpaccio dopo essere andati avanti 2-0 (Chiesa dopo 4' con opportunismo e poi Nuno Gomez), vivono l’incubo della rimonta (Conte e doppio Inzaghi) e infine trovano il pari ancora con Chiesa, che beffa van der Sar con una punizione velenosa calciata rasoterra sul palo del portiere. È la Fiorentina di Terim che di lì a poco passerà nelle mani di Roberto Mancini, capace di esaltare Chiesa dalla panchina così come faceva da compagno di squadra nella Samp. Non è un caso che in quel finale di stagione sotto la guida del Mancio, Chiesa segni 11 gol in 13 partite, chiudendo la stagione a quota 22, proprio come nella sua stagione record in blucerchiato. Curiosamente è proprio la Juve, nel ritorno giocato a Firenze, a interrompere la sua serie di 5 partite di fila con gol (8 in tutto), nonché il suo conteggio dei dispetti alla Signora. Un conto lasciato in sospeso che qualcuno, in famiglia, vorrebbe far ripartire presto.