Inter-Pordenone, crisi parallele: è la maledizione di Coppa?

Serie A

Luca Cassia

L'Inter di Spalletti e il Pordenone di Perilli, squadre in difficoltà dall'incrocio di Coppa Italia (Foto LaPresse)

Dallo scorso 12 dicembre, ottavi di Tim Cup vinti ai rigori contro il Pordenone, iniziano i guai dell'Inter di Spalletti scivolato dalla vetta al 5° posto. Sono 8 i punti raccolti in due mesi proprio come i Ramarri: esonerato Colucci, l'eroe Perilli si è infortunato. Nient'altro che una maledizione di Coppa?

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E se non fosse solo un caso? Fuori dalla zona Champions per la prima volta in stagione, il viaggio nella crisi dell’Inter incontra motivazioni più o meno significative: dall’austerità del mercato invernale alla lontananza della proprietà cinese, elementi cruciali come l’assenza di un leader riconosciuto all’interno di uno spogliatoio troppo fragile. Resta solo un ricordo l’avvio esaltante di Spalletti, votato al 4-2-3-1 senza rivoluzioni né guizzi sulla trequarti alla Perrotta o Nainggolan. Certo, lo stop del neo 25enne Icardi pesa eccome negli equilibri di un gruppo dal gol perduto, fattore che tuttavia non può bastare per spiegare il crollo verticale dei nerazzurri. Calendario alla mano, provate a ripercorrerne il cammino dettato dall’involuzione fino allo scorso 12 dicembre: gli ottavi di finale di Coppa Italia, match vinto solo ai rigori contro il piccolo Pordenone, rappresentano un punto di non ritorno in termini di certezze e autostima per l’allora capolista della Serie A. Ebbene, pure i sorprendenti friulani convivono con le stesse difficoltà di risultati e prestazioni fino ai guai dei propri eroi a San Siro. Due mesi abbondanti dal sapore di maledizione.

Il mondo alla rovescia

Uscita indenne dallo Stadium juventino il 9 dicembre, l’Inter occupava la vetta del campionato trascinata da un’imbattibilità lunga 16 partite. Inevitabile l’entusiasmo dei tifosi, 50mila di media a San Siro, popolo dimezzato in occasione dell’incrocio di Coppa contro il Pordenone. Mai così in alto in 97 anni di esistenza, iscritti alla Serie C non senza velleità di promozione, i friulani animano la sfida più importante tra un’irresistibile campagna social e l’esodo dei sostenitori neroverdi. Una favola interrotta, niente giant killing per dirla all’inglese, tuttavia i Ramarri bloccano la capolista della Serie A per 120’ arrendendosi solo ai calci di rigori. Se gli appassionati incensano lo spirito della matricola e le parate del portiere Perilli, la stampa punta il dito contro il maxi turnover di Spalletti che ammetterà le sue colpe. Giusto Padelli e Nagatomo, applauditi all’epilogo, scansano le critiche a differenza dei subentrati Brozovic, Perisic e Icardi. "I loro cambi valevano 250 milioni, i miei 250mila delle vecchie lire", scherzò ma non troppo l’allenatore ospite Colucci. Doverosi gli omaggi a fine gara, ma la crisi è dietro l’angolo: la vendetta friulana targata Udinese apre una breccia, il Sassuolo e il Milan di Coppa portano altri colpi da knockout prima dello 0-0 contro la Lazio. Qui va in archivio il 2017 ma non la "pareggite" di Spalletti: diversi per dinamiche gli 1-1 contro Fiorentina e Roma, ingiustificabili gli stessi risultati contro SPAL e Crotone. Nient’altro che ingannevole la vittoria contro il Bologna targata Karamoh così come il 66.7% di possesso palla a Marassi, teatro della sconfitta contro il Genoa dalle marcature tragicomiche.

Dall’incrocio di Coppa i conti sono presto fatti: 8 punti raccolti in campionato, 48 totali in classifica in 25 turni esattamente come un anno fa agli ordini di De Boer e Pioli. Addirittura impietoso il confronto tra le prime 15 giornate (39 punti all’attivo con 33 reti segnati) tutt’altro che bilanciate dalle successive 10 con una sola vittoria e 7 gol realizzati. L’Inter è passata da un’incredibile media punti (2.6) a quella retrocessione (0.9), trend agli antipodi che precede l’incontro da non sbagliare contro il Benevento ultimo della classe. Spalletti ha spiegato di non sentirsi in discussione, i tifosi contestano le strategie di mercato: dentro Rafinha e Lisandro Lopez, via João Mário e Gabigol brillanti all’estero così come Nagatomo autore del rigore decisivo contro il Pordenone. Già, proprio la sfida di Coppa che ribadì una coperta corta e la stanchezza dei titolari spremuti dall’avvio di stagione. In attesa del ritorno di Icardi, enigmatico sui social ma a caccia del 100° gol in Serie A, chi resta ai box è Miranda mentre si rivedrà Perisic a secco da due mesi e mezzo. Obbligatorio ritrovare un’intesa di gruppo, la migliore condizione fisica e un’attenzione ai dettagli che scongiuri gli errori registrati a Genova. Se di maledizione stiamo parlando, sono questi gli antidoti per svoltare nella rincorsa alla Champions dopo il sorpasso delle romane.

Rivoluzione a Pordenone

Non è il carattere a mancare ai Ramarri neroverdi, quasi commoventi in Coppa ribaltando il pronostico contro Venezia e Cagliari fino alla serata di San Siro. Analogamente all’Inter, tuttavia, dallo scorso 12 dicembre il Pordenone ha guadagnato in campionato lo stesso bottino dei nerazzurri (8 punti) sebbene con una partita disputata in meno. Crisi parallela per una realtà che occupava il 5° posto nel girone B di Serie C, oggi scivolata al 9° e dalle tante novità rispetto al gruppo scortato a Milano da oltre 4mila unità. La finestra di mercato ha salutato Lulli (Arezzo) e soprattutto Sainz-Maza, ex Barça nonché spauracchio interista finito al Pisa, addii confortati da new entry di categoria come Caccetta e Zammarini, Bombagi e Nocciolini. La campagna di riparazione non ha tuttavia premiato le scelte di Leonardo Colucci, solo una vittoria a Teramo e ben 4 sconfitte contro dirette concorrenti (Renate, FeralpiSalò e Südtirol) oltre al pericolante Santarcangelo. Il ko nel recupero a Bolzano, datato 14 febbraio, ha comportato l’esonero dell’allenatore classe 1972: altro che omaggio di San Valentino per l’artefice della scalata in Coppa.

Colucci ma non solo nel tracollo neroverde: prendete Simone Perilli, portiere 22enne, tifoso laziale ed eroe nella notte più indimenticabile. Parate a non finire, due rigori sventati su Skrianiar e Gagliardini fino ai rimpianti sul penalty calciato da Icardi: crucci di un gigante alto 195 cm e cresciuto con Volfango Patarca, colui che scoprì Nesta. La malasorte si è abbattuta anche sul numero '1' neroverde, out dall’intervallo dello 0-3 incassato contro la FeralpiSalò complice un infortunio alla schiena. Assente a Bolzano e pure nella trasferta di Gubbio, sostituito dal baby Mazzini nel match che ha restituito punti e morale al Pordenone.

Dal vittorioso 3-2 in Umbria siede infatti in panchina Fabio Rossitto, pordenonese di Aviano ed ex centrocampista con 225 presenze in Serie A. Nient’altro che un ritorno il suo alla guida dei Ramarri, adottati per la terza volta dopo il 2013 (fuori ai playoff in Serie D) e nel 2015, retrocessi dalla Lega Pro prima del ripescaggio. Due semifinali perse ai playoff con Tedino e l’esonero di Colucci più tardi, la rincorsa a quella Serie B mai centrata spetta quindi ad una vecchia conoscenza nell’ambiente neroverde. Non è il cambio in panchina a riguardare i nerazzurri, per carità, lo spiega la dedizione alla causa di Spalletti al centro di un progetto di lungo respiro. L’esempio è arrivato piuttosto dal presidente friulano Mauro Lovisa che, rivolgendosi ai tifosi, ha richiamato l’unità del gruppo per invertire la tendenza. Sullo sfondo aleggia la maledizione di Coppa, chissà che non serva una "pace" tra le parti per uscire dalle crisi.