Anche quest'anno l'ala spagnola sta giocando benissimo e potrebbe finire in doppia cifra di gol per la sua terza volta in Serie A
Quando nel 2009 Iago Falque ha esordito in Italia, nel trofeo Berlusconi, la Juventus non aveva una maglia tutta sua da dargli. Così cancellarono la “t” da quella di Tiago e gliela diedero. Riletta oggi questa storia somiglia a una specie di parabola che contiene tutto quello che sarebbe stato Iago Falque nel futuro della nostra Serie A: un giocatore umile, destinato a scomparire dietro compagni apparentemente più forti. Per molti versi inadeguato al calcio contemporaneo, e per questo oggetto di un culto minore.
Sono passati quasi dieci anni da quell’esordio, durante i quali Iago Falque ha cambiato 9 squadre, praticamente una all’anno, cercando il proprio posto nel mondo. Alcuni club in cui ha giocato sono persino difficili da associare a lui: Villarreal B, Bari, Tottenham, Southampton, Almeria, Rayo Vallecano. A 24 anni, quando il Genoa ha deciso di acquistarlo a titolo definitivo, non si capiva che giocatore fosse veramente, visto che pur giocando in attacco aveva segnato più o meno 4 gol in 40 partite di Liga.
Quello che arriva nelle mani di Gian Piero Gasperini è quindi materia grezza, che il tecnico ha potuto modellare nel solco del suo 3-4-3. Cresciuto nel contesto della “Masia” - era in squadra con Thiago Alcantara e Sergio Busquets - Iago Falque nasce come ala associativa, più brava a cucire il gioco che a definirlo. Con il Genoa, Gasperini gli inculca una dimensione verticale più spendibile nel calcio italiano: «Sono arrivato in Italia alla Juventus ma è a Genova che ho capito il calcio italiano», ha detto al quotidiano spagnolo AS qualche mese fa.
Nel tridente con Perotti e Borriello, Iago Falque inizia a mettere in mostra la propria peculiarità tecnica: un’ala brevilinea ma non esplosiva, che, pur avendo una grande sensibilità tecnica, non spicca in nessuna situazione di gioco particolare. Non è un rifinitore vero e proprio, né di certo un finalizzatore. Eppure alla sua stagione d’esordio in Serie A mette insieme numeri di tutto rispetto: 13 gol e 3 assist, che gli fanno guadagnare le attenzioni della Roma, che nell’estate del 2015 lo prende in prestito con obbligo di riscatto per una cifra complessiva di circa 10 milioni di euro.
La stagione alla Roma non riesce ad esprimersi, e pur in un contesto che non avrebbe aiutato nessuno (era il secondo anno di Rudi Garcia, quando la Roma era già meno brillante e Iago Falque si infortunò anche) lui è sembrato confermare i suoi limiti. Per giocare titolare come ala in una squadra di primo livello bisogna necessariamente avere doti tecniche e fisiche eccezionali, Iago Falque incarna invece il prototipo del calciatore “normodotato”, che si apprezza più nella continuità che nella singolarità delle sue giocate.
A Torino ha trovato la sua dimensione ideale, una formazione appena sotto la fascia europea dove può assumersi delle responsabilità che squadre più forti magari non gli concederebbero. In questi due anni si è ritagliato un ruolo affascinante di personaggio secondario della nostra Serie A, da ammirare non solo per la costanza con cui spara i suoi piatti sinistri sul secondo palo, ma anche per l’originalità del suo stile di gioco, sempre in bilico fra l’inadeguatezza e l’armonia. Lo scorso anno ha segnato 12 gol e fatto 8 assist e quest’anno è già a 9 gol e 6 assist. Insomma, Iago Falque è a un passo dall’andare in doppia cifra in Serie A per la terza stagione su tre in cui gioca titolare.
Abbiamo scelto 5 azioni che raccontano 5 qualità di Iago Falque, facendo chiarezza su un talento dai limiti poco decifrabili, ma affascinante per chi ama un calcio fatto di pochi gesti puliti e affilati.
La regolarità
Quando arriva al Torino Iago Falque ha trovato altri giocatori che a un certo punto della loro carriera sono sembrati poter ambire a livelli superiori ma che hanno perso la loro occasione in qualche modo. A differenza però di Niang, Iturbe o Ljajic, Iago non è un talento sprecato e incostante: è un talento il cui tetto non è altissimo, per così dire, ma assolutamente affidabile: se ha il difetto di non spiccare mai troppo in positivo, ha il merito di non farlo neanche mai in negativo.
Non solo all’interno di una stagione ma anche nel corso di una stessa partita, raramente Iago Falque sbaglia una scelta o fa qualcosa di cui la sua squadra non ha bisogno. È forse proprio nel confronto con altri talenti che sono in squadra con lui che può risaltare ciò che rende Iago Falque speciale. Alle corse spesso inutili di Niang, all’agonismo entropico di Belotti, alla svagatezza di Baselli, alla confusione di Ljajic Iago Falque contrappone soprattutto la chiarezza di idee. Qui tira fuori una giocata di alto livello tecnico, ma è anche l’unica che può fare in quel momento per ricavare qualcosa di utile dal suo isolamento.
La lucidità nelle scelte
Ciò non significa che Iago Falque si limita ad un gioco scolastico, anzi. La sua influenza all’interno delle partite è aumentata rispetto agli scorsi anni: realizza 2.6 passaggi chiave ogni 90’, contro gli 1.8 dello scorso anno e della stagione al Genoa. Negli ultimi mesi, con l’arrivo di Mazzarri, le sue responsabilità sono ulteriormente cresciute per l’assenza di Adem Ljajic.
Senza il serbo a fungere da biglia impazzita della fase di possesso del Toro, Iago Falque ha potuto prendere più spazio, prolungare le sue conduzioni palla al piede, cercare in prima persona l’ultimo passaggio. Quando finisce isolato sulla destra, pur essendo completamente mancino, non è semplice leggere le intenzioni di Iago Falque. Come detto, non stiamo parlando di un calciatore estremamente creativo, ma alla poca creatività supplisce con l’intelligenza. Non è uno di quei giocatori capaci di creare assecondando il loro istinto, piuttosto è di quelli che arrivano a soluzioni creative passando prima attraverso le varie opzioni di gioco disponibili.
Come nel caso dell’azione qui sopra. Gli attacchi del Torino sono costellati di isolamenti di Iago Falque sul lato destro, e anche qui è bravo a prendere tempo e a non cedere alla tentazione di un cross pigro nell’area affollata. Pesca benissimo l’inserimento di Baselli oltre la linea difensiva. Le doti atletiche non eccezionali di Iago Falque lo hanno costretto a sviluppare quest’attitudine di gioco, girando attorno ai propri limiti attraverso delle scelte più razionali possibili.
La regia occulta
Da quando Walter Mazzarri ha preso il posto di Sinisa Mihajilovic sulla panchina del Torino la costruzione del gioco granata si è spostata dal centro alle fasce. Ora il gioco passa molto di più per le catene laterali e nelle pass-map i tocchi medi dei centrocampisti centrali sono molto spostati verso le fasce. In questo contesto Iago Falque accorcia spesso verso il terzino dal suo lato - De Silvestri - per offrire un’opzione lungolinea.
È una situazione che fa collassare il pressing avversario su Iago Falque, che di solito però è reattivo e bravo nel giocare anche spalla alla porta sotto pressione dal suo lato e raramente butta via il pallone. La pass-map testimonia una specie di uscita a ‘L’ della palla dalla difesa del Torino, che arriva spesso a De Silvestri; il terzino può poi appoggiarsi su Iago Falque o far avanzare la palla direttamente in conduzione.
Attirando gli avversari verso l’esterno, Iago Falque apre degli interessanti corridoi centrali per gli inserimenti dei centrocampisti granata, Baselli e Obi, entrambi incursori, o anche direttamente verso la punta. Quando Iago Falque prende palla la punta centrale del Torino si attiva subito per scattare centralmente, anche quando l’azione parte da posizioni molto arretrate.
Largo sulla fascia, con i piedi che quasi pestano la linea laterale, Iago Falque funge quasi da regista offensivo del Torino. Giocando sulla fascia, dice Guardiola, si può osservare tutto il campo in ampiezza e profondità. Iago Falque è l’ala della Serie A con la maggiore lunghezza media dei passaggi dopo Verdi, che nel Bologna ricopre un ruolo simile, quello di regista offensivo dall’ala.
Il paradosso di Iago Falque è quello di un giocatore dal grande talento associativo, che ha sempre giocato in squadre che preferiscono allungarsi sul campo, facendo poca densità in zona palla. Questo ha esaltato le sue doti balistiche nel calcio lungo, ma ha nascosto parte di quello che sembra essere il suo DNA calcistico. Chissà come giocherebbe Iago Falque in una squadra più corta che ama gestire il pallone.
La sensibilità tecnica
Iago Falque raramente salva il suo diretto avversario in modo secco, per questo amplifica la nostra impressione esotica di ala che non dribbla. Eppure è parzialmente vero: Iago Falque riesce a realizzare circa il 70% dei dribbling che prova, 1.4 su 2.3 per 90’, anche se si tratta di azioni, a dire il vero, spesso conservative, fatte correndo in orizzontale. Più lo spazio si restringe e più Iago Falque diventa effettivamente pericoloso in dribbling, grazie alla conduzione col pallone attaccato sul suo esterno piede e alla sua frequenza di passi.
Si vede in questo gol all’Inter, dove si sposta la palla prima ancora di arrivare a fronteggiare Miranda, ricavandosi lo spazio per tirare con una scelta intelligente, ma anche con una grande velocità nello spostamento laterale.
La finalizzazione precisa
Anche quando deve tirare in porta, Iago Falque lo fa come fosse un puro esercizio di freddezza e perizia tecnica. I suoi numeri realizzativi - 1 gol ogni 2 partite nelle sue stagioni da titolare - non possono spiegarsi interamente con la sensibilità del suo sinistro. Certo, nelle sue corse in diagonale da destra verso il centro, con la palla attaccata al piede, Iago Falque è sempre temibile.
Può concludere di collo rasoterra sul primo palo o ha giro sul secondo. Ma lo spagnolo ha anche bravo a muoversi per andare a concludere in area in movimento. Questo che abbiamo messo è il tipo di gol più lontano da come immagineremmo un gol di Iago Falque: una conclusione in corsa, di controbalzo, col piede debole, tagliando alle spalle della difesa avversaria. Quindi, da una parte è poco rappresentativo delle sue qualità migliori, ma al contempo testimonia un istinto sotto porta forse sottovalutato.
Col suo taglio di capelli anonimo e l’aria imbronciata, Iago Falque rappresenta una classe “di mezzo” che aggiunge silenziosamente valore al campionato italiano, domenica dopo domenica, rendendo più belle le partite e il talento più distribuito. A ormai 28 anni, Iago Falque ha rinunciato all’idea di spostarsi in una squadra dalle ambizioni più alte e in fondo a lui sta bene così: «Mi piace la gente del Toro. Nello sport moderno si dimentica subito e invece loro i ricordi li custodiscono. Ho voluto studiare meglio la storia granata, prendere confidenza con i nomi, da Mazzola in giù, perché la storia è ciò che resta e questa squadra gioca con passione».