Serie A, le migliori giocate della 28^ giornata

Serie A

Emanuele Atturo

L'incredibile gol di tacco di Immobile, i dribbling di Cancelo e Douglas Costa e altre perle raccolte dall'ultima giornata di Serie A

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Siamo nel momento decisivo del campionato e ogni partita sembra decidere la vita e la morte delle squadre. Anche in questa giornata ci sono stati verdetti importanti, sia in testa - dove la Juventus ha superato il Napoli - che in coda - dove la classifica si è accorciata ulteriormente. Ma è stata un’altra giornata di grande giocate. Troverete presenze fisse del nostro pezzo sulle giocate, come Douglas Costa, ma anche nuove entrate, come Andrea Nalini e Joao Cancelo. Ovviamente parleremo del gol di tacco di Immobile, che si candida a gol dell’anno in Serie A.

In settimana abbiamo scritto delle qualità di Stefan De Vrij. Daniele Morrone ne ha lodato l’intelligenza nelle scelte e la capacità di nascondere i propri difetti: qualcosa che viene troppo spesso sottovalutato.

De Vrij sulla carta non è un difensore così moderno: soffre a difendere con tanto campo alle spalle, non è molto reattivo fisicamente e la sua qualità tecnica col pallone fra i piedi è poco più che normale. Eppure spesso la Lazio sfrutta la sua capacità nel gioco lungo: quando i biancocelesti vogliono semplificare al massimo la manovra, magari perché sotto pressione, De Vrij lancia da destra a sinistra in diagonale verso la montagna Milinkovic-Savic: «I suoi compiti sono semplici ma per eseguirli serve freddezza con il pallone e una buona precisione nel lancio, perché è vero che Milinkovic-Savic stopperebbe anche una roccia lanciata con una catapulta, ma la roccia in questione dovrebbe comunque cadere nella sua zona di competenza» ha scritto Daniele Morrone.

Contro il Cagliari Milinkovic-Savic è partito in realtà dalla panchina e la Lazio non ha avuto l’opzione del lancio lungo su di lui. In compenso la catena di sinistra ha visto in campo dal primo minuto - una rarità per uno dei migliori supersub del nostro campionato - di Jordan Lukaku, che ama lanciarsi in verticale sulla propria corsia, con e senza il pallone. Se è vero che in quest’occasione De Vrij ha tutto il tempo e lo spazio per controllare, alzare la testa, e lanciare, non va neanche sottovalutata la precisione di un lancio che ha messo praticamente il compagno in area di rigore in corsa.

De Vrij ha vissuto una settimana particolare: oggi dovrebbe presentarsi alla procura anti-doping, anche se sembra solo per una procedura “burocratica”. Nel frattempo il suo addio alla Lazio sembra cosa fatta: la società non intende alzare l’offerta contrattuale, e lui non intende accettare queste condizioni. La squadra che riuscirà a convincerlo acquisterà non solo un centrale intelligente e affidabile senza palla, ma anche un discreto regista difensivo, con dei pieni abbastanza buoni per sopravvivere alle enormi richieste del calcio contemporaneo.

Ci sono certi dribbling di Douglas Costa che non sembrano umani. Il modo in cui prende velocità e si infila fra gli avversari, muovendo le gambe freneticamente, spostando il pallone un numero non ricostruibile di volte, sgusciando in mezzo ai corpi come fosse cosparso di vaselina, ha qualcosa di anti-fisico. Il suo corpo sembra obbedire a leggi diverse, come se la gravità per lui valesse in orizzontale, attirata da una enorme massa adagiata nella porta avversaria.

Guardate questo dribbling. Non c’è niente di normale in questo dribbling: alla quarta volta che lo rivedo devo ancora capire in che modo si è spostato il pallone la prima volta. Sembra fintare verso l’interno per poi andare sull’esterno, oppure fare un elastico (cioè toccandola con l’interno prima di spostarsela con l’esterno). In ogni caso lo fa a una velocità che rende la giocata inafferrabile agli occhi. Poi sembra essersela allungata, scoprendola al ritorno di un avversario, ma non solo ci arriva ma fa una ruleta privata di tutta l’eleganza coreografica di un gesto simile, lasciandone solo la pura potenza. I giocatori dell’Udinese provano a tirarlo giù, ma comunque non ci riescono prima che Douglas Costa riesca a toccare la palla a Dybala.

Quando riceve in maniera statica sulla fascia e parte da fermo Douglas Costa sembra un sasso lanciato in diagonale verso la porta. Non c’è modo di fermarlo. Non stupisce certo che il brasiliano sia il giocatore che tenta più dribbling in Serie A, e che ne completa di più, e con la migliore percentuale di riuscita. Douglas Costa prova 7.1 dribbling ogni 90’ e ne completa 5.4. Quando passa la palla sembra una specie di umile rinuncia a quest’applicazione sovrana della propria superiorità, potrebbe benissimo non farlo.

Ieri si è parlato molto di Joao Cancelo. Nel secondo tempo Spalletti lo ha spostato da destra a sinistra, e ha motivato la scelta con la presenza di Insigne: con l’ala del Napoli davanti il portoghese avrebbe avuto troppi problemi difensivi e non avrebbe potuto sfogare la propria vena offensiva. Cancelo dopo la partita ha dichiarato però di preferire giocare a destra e Spalletti non l’ha presa bene, dicendo che «Cancelo è uno che se lo metti a destra dice che ha giocato male perché doveva giocare dieci metri avanti» come se volesse sottintendere che Cancelo abbia giocato male.

E invece Cancelo ha fatto un’ottima partita, sia a destra, dove ha controllato Insigne, che a sinistra, dove ha tirato fuori diverse giocate ambiziose, che sembravano rivelare un giocatore tutt’altro che fuori posto. Abbiamo scelto una giocata di Cancelo particolarmente pazza, visto che è quasi ultimo uomo e tenta un dribbling complicatissimo. Non sono sicuro si veda bene senza replay, ma Cancelo la tocca con l’interno destro per spostarsela all’improvviso di tacco col sinistro, dribblando Hysaj. È una giocata rischiosa, ma non così fine a sé stessa visto che Cancelo libera una linea di passaggio per Borja Valero che attacca in transizione.

A fine partita Spalletti si è lamentato della poca qualità della propria squadra, ma Cancelo è uno dei nerazzurri che ha dimostrato un estro e una qualità tecnica incisiva anche in una partita difficile come quella contro il Napoli.

È una storia già raccontata ma che vale la pena ripetere. Quattro anni fa, a 24 anni, Andrea Nalini era ancora un calciatore dilettante e per mantenersi ha dovuto, nell’ordine, fare il saldatore alla Cordioli di Verona, un’impresa edile, e l’operaio dell’AIA al reparto würstel. Un curriculum che gli è valso il soprannome di “Jamie Vardy italiano”.

Nalini in realtà non è un goleador: ha segnato appena 5 gol in categorie superiori all’Eccellenza e gioca defilato sulla fascia. I suoi primi due gol - finora gli unici in Serie A - sono arrivati nell’ultima giornata di campionato contro la Lazio, quando il Crotone ha completato il suo miracolo salvezza. Da quando è arrivato Walter Zenga il suo rendimento è migliorato parecchio. Nalini si trova a proprio agio nel 4-3-3, potendo giocare sia da ala sinistra che da punta, dove agisce quasi da falso nove. Nalini spicca comunque soprattutto per un contributo difensivo molto impegnativo, spiegabile solo con il suo passato nei campi di provincia.

In questa giocata - fondamentale per il risultato finale, visto che porta al rigore del 2 a 0 - però c’è tutto. Nalini si posiziona bene per ricevere un rilancio complicato di Cordaz, poi fa un controllo ambiziosissimo, spingendosela in avanti oltre il marcatore, girando su sé stesso. È in ritardo e davanti ha un giocatore di certo non lento come Jacopo Sala, eppure riesce a superarlo in corsa, a metterglisi davanti e a guadagnare il calcio di rigore. A 28 anni Nalini non migliorerà verosimilmente le proprie prospettive di carriera, ma forse possiamo godercelo ancora in Serie A, vederlo fare queste giocate di qualità in modo del tutto estemporaneo, rincorrere gli avversari, sbattersi come se ogni palla fosse l’ultima della sua vita.

Ed eccoci al punto in cui dobbiamo per forza parlare del gol di Immobile, che si candida con forza a diventare il gol dell’anno in Serie A.

Di questo gol va innanzitutto ricostruito il contesto. Siamo nei minuti di recupero di una partita che la Lazio ha giocato male e che la vede sotto nel punteggio per 2 a 1. Con una sconfitta finirebbe 4 punti sotto la Roma e pari con l’Inter, in una lotta per il posto in Champions in cui sembra poter pesare ogni singolo punto da qui alla fine.

È in un contesto così disperato, con le spalle al muro, che Immobile si è inventato questa giocata così originale. Sarebbe troppo pensare che la traiettoria che il pallone ha preso - a pallonetto su Cragno leggermente fuori dai pali, pronto all’uscita sul cross - sia del tutto voluta, ma è proprio questa che ha reso il gol di Immobile così speciale. L’inquadratura dal centrocampo, che si allinea in parte con la prospettiva di Felipe Anderson, è la migliore per godersi il gol. Il modo in cui Immobile si avvicina alla palla, la naturalezza con cui usa una parte del piede così controintuitiva. Basta guardare la forma che disegna la gamba di Immobile, una specie di triangolo scaleno, per capire quanto sia lontano dalla grammatica calcistica.

Il gol si porta dietro non solo l’estro e la creatività - non così appariscente - di un centravanti agonista come Immobile, ma anche la mentalità che lo ha portato a rompere i canoni di cosa sia possibile fare pur di vincere.

“Goran Pandev non finisce mai” scrivevamo di recente, quando abbiamo dedicato un pezzo alla sua stagione di rinascita con il Genoa, a 35 anni. Pandev non giocava una stagione titolare addirittura da 5 anni e credo che nessuno poteva interpretare quest’anno al Genoa in modo diverso dalla classica “svernamento” di fine carriera.

Quasi tutti i giocatori offensivi nati nel 1983 hanno più o meno esaurito la propria carriera: Mirko Vucinic, Alessandro Diamanti, Rolando Bianchi, Antonio Floro Flores. Pandev non è il solo 35 enne ad aver avuto un colpo di coda della sua carriera quest’anno. Fabio Quagliarella ha raggiunto il proprio record realizzativo proprio in questa stagione, a 35 anni. Eppure se per Quagliarella questa stagione sembra una sorta di compimento tardivo di una carriera in tono minore rispetto alle aspettative, per Pandev gli anni migliori sembravano passati da un pezzo.

Quest’anno la sua centralità nel Genoa è tecnica e tattica, e ha una consistenza che supera i leitmotiv classici di un calciatore a fine carriera. Pandev non si limita a giocare con intelligenza ed esperienza, non è un giocatore statico che fa valere solo la propria superiorità tecnica e dirige le corse dei compagni più giovani di lui. In quest’azione lo vediamo ammortizzare un pallone complicato col sinistro e mostrare uno scatto invidiabile sui primi passi. Siamo a fine partita e non è per niente scontato che Pandev dopo aver controllato palla, abbia la forza per fare un tunnel a Biglia e decidere di attaccare in transizione 70 metri di campo. Pandev, insomma, sembra “un ragazzo” non solo per la qualità delle sue prestazioni, ma anche per come corre e si muove per il campo.

Tra i 40 giovani da seguire nel 2018 abbiamo inserito anche Han Kwang-Song, a gennaio tornato al Cagliari dopo un ottimo periodo di prestito al Perugia. Durante il mercato invernale la Juventus ha provato a comprarlo, non trovando però l’accordo con il Cagliari.

Han è arrivato in Italia poco più di un anno fa e ha messo in mostra soprattutto le sue qualità tecniche, la rapidità con cui si muove negli ultimi metri di campo. Un giocatore perfettamente a suo agio come seconda punta nel 3-5-2, che è dove ha giocato ieri nella partita contro la Lazio, la sua prima da titolare da quando è tornato in Sardegna. Di Han, scriveva Dario Saltari, si sottolinea poco la confidenza con la porta, che gli ha permesso di segnare 8 gol in una ventina di partite in Italia, a 20 anni. I maggiori dubbi sul suo talento riguardano la parte fisica, eppure Han sembra stia migliorando anche lì e in questo gol di Pavoletti bisogna per forza sottolineare - oltre all’ottima azione di Miangue sulla sinistra - la forza con cui Han stacca sul suo marcatore, in quel caso Radu, un centrale difensivo d’esperienza 6 centimetri più alto di lui. Han sta crescendo in fretta e da qui a fine stagione avrà gli occhi puntati addosso.