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Serie A, le migliori giocate della 29^ giornata

Serie A

Fabrizio Gabrielli

La conduzione in contropiede di Mauro Icardi, il solito dribbling completamente pazzo di Alisson ed altre perle dall'ultima giornata del campionato di Serie A

 

GUARDA GLI HIGHLIGHTS DELL'ULTIMA GIORNATA DI SERIE A

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Il mese di Marzo è tradizionalmente quello in cui la stagione calcistica entra nel vivo, a meno che non viviate in Germania o in Francia: la Serie A si anima, a ridosso della Primavera, in un susseguirsi interminabile di giornate a loro modo campali, in cui si rinnova un’epica a volte spicciola, che sembra vivere negli abiti di una narrativa minore, e che è invece il vero condimento del nostro campionato. Il pareggio della Juventus nell’anticipo di Ferrara ha movimentato la classifica sia in testa che in coda: nel mezzo c’è stato spazio per la messa in scena di rimonte, umiliazioni e soprattutto bellissime giocate di alcuni degli esponenti più luminescenti del nostro calcio, ma anche - nella settimana in cui torna a giocare la Nazionale - prospetti che lasciano ben sperare per il futuro.

Esistono tanti modi di approcciarsi a un dribbling, che finiscono per definire - più a tutto tondo di quanto un singolo gesto dovrebbe fare - il tipo di calciatore che si mette in testa di saltare l’avversario stordendolo con il proprio movimento. C’è per esempio il mood da uomo-cannone di Douglas Costa, che ogni volta sembra cospargersi il corpo di lubrificante e allacciarsi il caschetto protettivo; oppure quello provocatorio con cui il Papu Gómez punta l’avversario prima di inaugurare il mulinare delle gambe. Il brasiliano e l’argentino guidano la classifica dei migliori dribblatori della Serie A con 4.7 dribbling per partita, una classifica in cui Josip Ilicic compare nella top ten con 3.7 dribbling tentati, e un 75% di conversione in successo. Lo sloveno ha uno stile tutto suo di presentarsi alla sfida uno contro uno: l’istantanea del momento immediatamente precedente che meglio lo rappresenta è quella del dandy di spalle di fronte alla scogliera nel dipinto simbolo dello Sturm und Drang. Ieri, contro l’Hellas Verona, ha nuovamente sublimato tutta l’estetica decadentista delle sue gambetas. Prima di ricevere il pallone da Freuler è lì sulla trequarti che tentenna, le ginocchia leggermente piegate, dissimulando pazienza. L’eccessiva libertà di cui gode gli permette di sfiorare per due volte la sfera col sinistro, e sull’attacco poco convinto di Fares rdi ecitare il più didascalico dei dribbling, con l’aggiunta di fioretto, però, di una carezza di suola che precede l’affondo tra le maglie gialle.

Nonostante non ci sia supponenza in nessuno dei SuperG inscenati al Bentegodi, Ilicic ieri ha davvero surclassato gli avversari. Non solo segnando tre reti, ma anche giocando una partita senza sbavature in fase di possesso palla, e soprattutto sontuosa nelle sfide dirette: dei 15 duelli ingaggiati ne ha vinti 11, e per dare una misura dell’impronta totalizzante che ha impresso alla partita basterà notare come abbia sfoderato, da solo, la metà dei dribbling tentati da tutta la squadra avversaria.

Se l’anticipo tra SPAL e Juventus è riuscito a risultare estremamente equilibrato, soprattutto nel primo tempo, i meriti spettano a Leonardo Semplici, che ha improntato il piano gara degli estensi, anziché sulla strenua difesa del fortino, su un’idea di calcio reattivo ma anche propositivo, che non ne ha snaturato la coerenza stagionale. Nei primi quarantacinque minuti la SPAL è riuscita a tenere il proprio baricentro alto, a schermare con un pressing costante sui portatori di palla avversari. Anziché arroccarsi, i biancocelesti si sono spesso proposti con strappi in ripartenza.

Ho deciso di inserire nelle migliori giocate di questa giornata un contropiede significativo dell’approccio alla gara degli uomini di Semplici, giunto all’acme della resistenza atletica e fisica, intorno alla mezz’ora.

Dopo aver strappato palla dai piedi di Higuaín, Cionek appoggia a Lazzari proponendosi per il passaggio di ritorno. Imbeccato da un bel filtrante lungolinea del brasiliano-polacco, Lazzari imprime alla manovra uno scatto inatteso: con un tocco di prima innesca Paloschi, che pur in equilibrio precario riesce a sfiorare per Antenucci, il quale protegge il pallone retrocedendo verso la propria trequarti. Ma anziché cercare una nuova impostazione comoda, Antenucci sventaglia verso la fascia opposta, dove Filippo Costa può incunearsi in un corridoio lasciato vuoto dalla difesa juventina, tutta attratta verso la porzione di campo opposta dalla densità creata dagli estensi. Il cross di Costa non genera nulla più che un sussulto negli equilibri della gara, ma fomenta l’entusiasmo del pubblico spallino, che può a ragione considerarsi felice: a fine giornata la SPAL avrà rosicchiato un punto al Crotone, e potrà considerarsi - nell’eterna guerra che è la lotta alla salvezza - la sopravvissuta di giornata, l’unica in grado di fare punti pesanti, inaspettatamente.

Jorge Sampaoli ha diramato le convocazioni per le prossime sfide amichevoli dell’Albiceleste (tra le quali anche quella di venerdì contro l’Italia) precisamente una settimana fa, e Mauro Icardi - che finora era stato uno dei punti fermi, e delle scommesse personali, del tecnico argentino - non fa parte della lista. Ieri il centravanti ha risposto nella sola maniera che conosce, cioè quella di segnare gol pesantissimi e piazzarsi al centro della narrazione di una gara con il massimo livello di arroganza immaginabile. Eppure, nei dettagli della maniera in cui ha contribuito a portare a compimento la demolizione per implosione della Samp di Giampaolo, ci sono tutti i bug del gioco di Icardi che non piacciono a Sampaoli, e in generale a tutti gli argentini, a partire dall’apparente estraneità a ognuna delle dinamiche di un gioco che tecnicamente sarebbe di squadra. Basterebbe guardare la mappa dei passaggi della partita, in cui Maurito sembra essere capitato per caso a Genova, di passaggio.

In questo contropiede, che arriva con il punteggio ancora sullo 0-0, Maurito sembra voler anticipare una manifestazione di intenti, quella di caricarsi tutto il peso del mondo, come Atlante sulle sue spalle, senza reale bisogno degli altri dieci compagni. Entra in possesso del pallone sulla sua trequarti, tallonato da Murru, uno dei più efficaci difensori della Serie A in quanto a contrasti vinti. Nello stile in cui resiste alla pressione, si gira e si invola resistendo ai continui tentativi di tamponamento di Murru, sembra come se Icardi stia correndo ingoiato da una di quelle sfere respingenti che si usano nel bubble-football.  

Una giocata che testimonia anche il livello ascetico raggiunto da Icardi: ieri in sessantasei minuti in campo ha toccato il pallone meno di dieci volte. Eppure ha tirato 6 volte contro Viviano, e quattro volte l’ha battuto.

Fabio Depaoli è un’anomalia statistica all’interno del contesto del Chievo Verona. A quasi ventuno anni ha già messo in cascina quasi 800 minuti in Serie A, un in controtendenza se si considera che l’età media dei clivensi è di ventotto anni e mezzo. Estremamente versatile da un punto di vista tattico, Depaoli è un centrocampista centrale che Maran sta sperimentando molto sulle fasce, sia da laterale basso che, come nella partita contro il Milan, da esterno di centrocampo puro. A San Siro ha coperto la fascia opposta a quella del più esperto Giaccherini, uno dei rappresentanti più cristallini della predisposizione clivense all’Ancien Régime, e ad accomunarlo al Giak c’è l’importanza di un gesto tecnico, spesso sottovalutato come lo stop, invece fondamentale nelle azioni che hanno portato ai due gol clivensi.

Su un lancio lungo dalla difesa, che sembra voler raggiungere Cacciatore lanciato in progressione eppure fuori misura, Depaoli si produce in un arresto che sfida le leggi della gravità: arpiona il pallone con la gamba destra testa e molto alta, in uno sforzo elastico che fa tuttavia sembrare ordinario, come solo il talento dei molto giovani riesce a fare. La palla sembra sfuggirgli, ma a quel punto arriva cacciatore che mette dentro la palla che, dopo qualche deviazione, finisce sul monumentale destro di Inglese.

Alisson è uno dei protagonisti della Serie A finito più spesso all’interno di questa rubrica miscellanea, in cui il fil rouge è soprattutto la brillantezza del gesto tecnico. Ci è capitato soprattutto per le sue parate, che hanno contribuito a tenere insieme i pezzi della Roma come fossero le sole cime solide su cui potesse contare la squadra di Di Francesco, una nave che ha preso spesso a rollare quando il vento della competitività si è leggermente alzato.

A Crotone la Roma, pur senza vedere mai realmente messo in discussione il proprio dominio territoriale, per un tratto del secondo tempo ha manifestato un calo di concentrazione che ha incoraggiato i calabresi. Chi la calma faraonica, per antonomasia, non la perde mai è Alisson Ramsés Becker: chiamato in discussione da un retropassaggio leggermente fuori misura di Gerson, il portiere brasiliano si alza il pallone con il destro con una tranquillità così ostentata da apparire fuori luogo di fronte alla pressione di Stoian. Il portiere decide allora di prodursi in un sombrero che disegna idealmente la linea di demarcazione tra la sicurezza e la follia. Benali, l’avversario più vicino allo svolgimento dell’azione una volta tagliato fuori Stoian, ha una reazione tra l’ammirato e il sorpreso: ci impiega qualche centesimo di secondo di troppo a capire che l’occasione è propizia per rubare palla in una zona molto sensibile. Peccato che il secondo controllo d’esterno destro, immediatamente successivo a un pregevole stop di suola, sia leggermente impreciso e faccia finire la palla in fallo laterale. Chissà che superato anche Benali Alisson non avesse in mente di prodursi in un affondo fino all’area avversaria.

Per apprezzare la giocata di Biraschi bisogna togliere per un attimo il filtro del sensazionalismo dalle lenti con cui guardiamo le partite, guardate sperando di imbatterci in giocate mozzafiato. Bisogna riportare la nostra scala di valori a quell’Arcadia sentimentale in cui la concretezza, la tenacia e l’istinto di sopravvivenza sono le leve che muovono i nostri comportamenti. A una manciata di minuti dalla fine di una gara che il Genoa sta perdendo ma che può rischiare di perdere rovinosamente Spolli perde un pallone sanguinoso all’altezza della sua metà campo. Il Napoli innesca un contropiede dagli esiti apparentemente scontati, con il polacco che ha una prateria davanti a sé e Insigne che sopraggiunge al suo fianco, pronto a raccogliere un assist d’oro. Chi non si scoraggia di fronte all’accartocciamento di Spolli è Biraschi, che con la testa bassa carica verso la sua porta, nel tentativo di dimostrare che - almeno nell’approccio - non si può mai considerare tutto finito finché tutto non è finito.

Il fatto che riesca a frapporsi tra Insigne e la rete, a Perin superato, ci regala un insegnamento forse un po’ melenso e retorico, quel tipo di suggerimenti che i papà danno sempre ai loro figli, credendoci o meno importa il giusto. Un insegnamento semplice come il pane appena sfornato, la saggezza contadina o un paesaggio rassicurante: bisognerebbe avere sempre il coraggio di non mollare mai, come ha fatto Biraschi, come fanno ogni settimana tutti gli unsung heroes che non finiscono su questa rubrica, perché non si può mai dire, un giorno magari toccherà anche a loro.