Lo spirito e la qualità della Fiorentina

Serie A

Gian Marco Porcellini

La Fiorentina viene da 6 vittorie consecutive: la rinascita della squadra di Pioli è merito di un nuovo spirito di squadra ma anche della qualità a disposizione

Da quel maledetto 4 marzo in cui Davide Astori ha perso la vita, la Fiorentina ha ottenuto 5 vittorie consecutive. Considerando l’1-0 casalingo contro il Chievo della settimana precedente, la serie si allunga a 6 successi, la prima volta da 58 anni a questa parte per la viola. Ha dell’incredibile dinanzi a una simile tragedia la reazione dei ragazzi di Pioli, che hanno saputo convertire un evento dalle conseguenze potenzialmente deleterie in un surplus di motivazioni a cui attingere sotto forma di energia mentale, compattandosi ulteriormente per onorare la scomparsa del proprio capitano e cercare di restituire un senso ad una stagione che aveva rischiato di sfumare nell’anonimato dopo le fragorose sconfitte con Sampdoria (1-3 esterno) e Verona (1-4 interno). “Però se riduciamo tutti i nostri risultati allo spirito collettivo credo sia una mancanza di obiettività, perché abbiamo dimostrato anche di avere qualità” ha precisato l’allenatore emiliano dopo il 2-0 in casa della Roma lo scorso sabato.

L'ordine di Saponara

Fin dalle prime giornate Stefano Pioli ha conferito un’identità riconoscibile alla sua formazione, in linea con il lavoro portato avanti nelle ultime esperienze alla Lazio e all’Inter: fase di non possesso segnata da una pressione sulla costruzione bassa innescata prevalentemente dalle mezzali, fase di possesso imperniata sulla ricerca quasi ossessiva della verticalità, la chiave per aprire il campo alle sgasate di Chiesa, l’elemento di maggior talento. La viola si è  subito stabilizzata su ritmi alti e un calcio frenetico, ma lo stato di caos non ha permesso di ottimizzare appieno il potenziale offensivo della squadra.

Mancava un play offensivo in grado di gestire il possesso negli ultimi due terzi di campo, ordinare le spaziature dei compagni e rifinire l’azione. Il tecnico nel suo 4-3-3 fluido aveva affidato questo compito per una ventina di giornate a Thereau, che partendo da sinistra avrebbe dovuto accentrarsi per raccordare il gioco, un’interpretazione che però non è nelle sue corde per limiti atletici e di comprensione del gioco. 

Dopo essere passato dal 3-5-2 col doppio centravanti Simeone-Falcinelli nel match vinto 1-0 contro il Chievo, il primo successo della striscia aperta, nella gara contro il Benevento Pioli ha lanciato dal 1’ per la prima volta in questo campionato Riccardo Saponara. Il fantasista romagnolo, complici due infortuni che ne hanno limitato la disponibilità, nelle precedenti 26 giornate aveva disputato appena 149 minuti in cui aveva fornito delle avvisaglie di una precoce involuzione sulla falsa riga di Charles Barkley, che in Space Jam si ritrovava improvvisamente prosciugato del proprio talento. La partita con la formazione di De Zerbi è stato lo spartiacque della sua stagione e a sua volta della Fiorentina, che ancora non ha ritrovato la miglior versione di Saponara, ma comunque un elemento tonico e volitivo, in grado di accentrare il gioco e alzare ulteriormente la soglia del dinamismo.

Saponara non rappresenta l’espressione più pura del talento, quanto semmai quella di un giocatore temprato da un lavoro maniacale sul suo corpo e sul suo gioco. Anche la cerebralità del suo calcio sembra un aspetto artificiale, aggiuntivo, lievitato con gli anni e riemerso in queste ultime settimane. L’ex giocatore dell'Empoli, che in entrambe le fasi occupa la fascia centrale del campo, in realtà non tocca molti palloni (effettua solo 21,9 passaggi ogni 90’, meno di Sportiello) che però gli sono più che sufficienti per ordinare la fase offensiva e determinarne gli sviluppi. Non partecipa alla prima costruzione, si abbassa appena per favorire la risalita dellapella, eventualmente allargandosi dalla parte del terzino in possesso per offrire una linea di passaggio più sicura. 

Nell'immagine qui sopra, ad esempio, Saponara si abbassa tra Gonalons e Strootman per dettare il passaggio a Veretout.

Una volta consolidato il possesso, Saponara preferisce ricevere dietro al centrocampo avversario, dando le spalle alla linea laterale per godere di una visione completa del campo. Le conduzioni e la sensibilità nell’accelerare o rallentare la manovra da parte di Saponara stanno costituendo l’anello mancante di una formazione cresciuta in termini di efficienza grazie alle sue scelte negli ultimi 40 metri.

Tra l’altro è il giocatore in rosa con più passaggi chiave (1,9) in media ogni 90’, e assist complessivi, ben 5 in altrettante presenze da titolare. Pioli lo sta sfruttando da enganche che gravita nel terzo quarto di campo, più che da finalizzatore, come si può intuire dal numero esiguo di conclusioni, appena 0,9 a partita, contro una media di 1,8 mantenuta nel corso della carriera.

“Non so dire se c’entri Davide (Astori, ndr), di sicuro dopo Udine Saponara si è allenato come mai aveva fatto prima – ha spiegato l’allenatore viola - l’ho visto bene, l’ho messo in campo e lui ha risposto da giocatore importante. Inizialmente ha pagato gli infortuni e le mie scelte tecniche, ma ora è pronto. Giocare con lui sulla trequarti ci consente di utilizzare un modulo “sporco”, che non dà riferimenti agli avversari. Ricky sta al centro, Biraghi e Veretout si dividono la fascia sinistra e Benassi si butta negli spazi. Mi piace l’idea di una squadra dinamica, i moduli per me sono secondari”. 

La fluidità dei moduli e l'intensità del "Cholito"

In effetti, dopo una prima parte in cui aveva cercato di inquadrare i compiti dei suoi giocatori entro un sistema di riferimento, il 4-3-3, da cui partire per trasmettere i propri concetti, la Fiorentina è diventata un’entità sempre più fluida, al punto che dopo l’infortunio di Badelj subìto a fine marzo si è schierata negli impegni successivi con tre moduli diversi (4-2-3-1, 3-5-2, 4-3-3) proponendo indistintamente i medesimi principi di gioco.

Con l’ingresso di Saponara nell’XI titolare sono però cambiate le posizioni di Benassi e Chiesa: sull’uscita del pallone dalla difesa l’ex capitano del Torino, anziché alzarsi sulla trequarti si apre sulla destra e contestualmente Chiesa entra dentro al campo fino a terminare la propria corsa in area a fianco di Simeone ed aumentare la presenza in area (considerato che Saponara non è solito accompagnare il "Cholito" negli ultimi 16 metri) o addirittura sulla fascia sinistra. 

Un esempio (dalla partita con il Torino) della nuova struttura posizionale offensiva, con Benassi che si allarga per crossare, Chiesa a centro area con Simeone, Saponara qualche metro più indietro e Biraghi a occupare il lato debole.  

Ne consegue uno schieramento asimmetrico (e potenzialmente squilibrato) che pende dal lato destro e costringe Jordan Veretout e Simeone a scivolare sulla fascia sinistra in fase difensiva, visto che Saponara rimane in zona centrale e marca il mediano.

Le scalate cui talvolta è costretto il Cholito sono l’emblema di un’annata al costante servizio dei compagni, più che alla ricerca della gloria personale. Questa stagione non ha chiarito i margini effettivi dell’attaccante argentino, ma ha fornito indicazioni più nette relativamente alle sue caratteristiche, da finalizzatore one touch specializzato nel gioco aereo, mosso da una forza di volontà tutt’altro che banale (vedi gli ultimi due gol segnati con Udinese e Roma).

Inoltre, ha mostrato un buon spirito associativo e una maggior abilità nel giocare fronte che non spalle alla porta, malgrado sia stato servito soprattutto sulla figura per risalire il campo o gestire le transizioni, aspetti in cui risulta più carente. Ed è paradossale che una formazione animata da una perenne tensione verticale l’abbia cercato così poco in profondità, a maggior ragione dopo l’inserimento di un play maker come Saponara (che sta pensando prima di tutto ad assecondare Chiesa). In prospettiva, lo step successivo passa anche dalla costruzione di un contesto più favorevole al profilo di Simeone, o eventualmente dalla scelta di un attaccante più compatibile con quello attuale. 

Alla 25a giornata la Fiorentina occupava l’11a posizione, staccata di ben 9 punti dal Milan. Grazie al filotto di 6 vittorie consecutive la viola ha superato 4 squadre, arrivando fino alla settima posizione che vale la qualificazione all’Europa League, a -2 dal Milan sesto. Una simile svolta era inimmaginabile ad inizio marzo, sia in termini di risultati sia di prestazioni. Dopo aver battuto, va detto, una serie di squadre che stavano attraversando un periodo negativo (anche la Roma è stata incontrata tra le due partite di Champions League, con il morale probabilmente ancora non al massimo dopo aver subito 4 gol al Camp Nou)  la Fiorentina in questa volata finale è chiamata a resistere agli assalti di Atalanta e Sampdoria nonostante un calendario tosto, che la vedrà affrontare, oltre a vari club in lotta per la salvezza, Lazio, Napoli e Milan all’ultima giornata.

Sfide in cui, al di là dei rapporti di forza, la viola può soffrire se costretta alla difesa posizionale, dove paga il deficit a livello di tattica individuale di alcuni elementi (Laurini e Vitor Hugo nello specifico). Ma a prescindere dall’epilogo del campionato, Pioli sta progressivamente riuscendo nel proprio obiettivo: conferire una fisionomia peculiare alla Fiorentina, fedele al proprio stile di gioco, da cui ripartire per dare continuità a questo nuovo corso.