Serie A, le migliori giocate della 7^ giornata

Serie A

Daniele Manusia e Dario Saltari

La grande prestazione di Pellegrini al derby, il gol al volo di Politano, la veronica di Allan e le altre grandi giocate dell'ultima giornata di campionato

Nella giornata che ha cementato ancora di più il dominio sulla Serie A della Juventus, che ha battuto non senza qualche difficoltà la principale avversaria per lo scudetto, il campionato ha continuato a muoversi: la Roma ha vinto il derby della capitale, uscendo temporaneamente dalla crisi e riconquistando fiducia e punti nella corsa ai primi quattro posti, la Fiorentina ha battuto l'Atalanta, confermandosi come la grande sorpresa di questo inizio di stagione, mentre l'Inter ha superato l'ostacolo Cagliari, consolidando il recente trend positivo. Proprio la partita dei nerazzurri è quella che ha contenuto il maggior numero di giocate da ricordare - il gol di Politano, ovviamente, ma anche l'assist di punta di Nainggolan e il filtrante di rovesciata di Lautaro Martinez - ma anche il resto delle partite non ha deluso, con il tacco di Pellegrini che ha dato il via alla sua grande prestazione, la bella manovra collettiva che ha portato Kessie ad un passo dal gol contro il Sassuolo di De Zerbi, la veronica di Allan alla fine di Juventus-Napoli e il recupero in scivolata di Zaza, che ci ha ricordato del suo incredibile talento difensivo. Un buono spot per la biodiversità tecnica della Serie A, che troppo spesso viene sottovalutata.

La grande prestazione di Pellegrini è iniziata, ovviamente, con un colpo di tacco

Sabato Lorenzo Pellegrini ha cambiato il derby. E questo dopo un inizio di stagione negativo, con alcune partite tecnicamente povere e un gol sbagliato a porta vuota nella trasferta di Bologna, in cui suoi tifosi ne avevano addirittura messo in discussione il talento. Entrando in un derby decisivo al 37esimo al posto di Pastore - un giocatore di culto, che veniva da un gol segnato di tacco, il secondo della sua stagione - e in un ruolo teoricamente non suo, Pellegrini aveva tutto da perdere, insomma. E invece il centrocampista italiano ha sfoggiato una prestazione da ricordare, dando compiutezza al piano gara pensato da Di Francesco con giocate raffinate, che hanno accelerato le transizioni della Roma, mettendo in crisi una squadra che ama allungarsi sul campo come la Lazio.

All’inizio di tutto questo - prima del gol di tacco, del calcio di punizione guadagnato al limite dell’area e poi trasformato da Kolarov, dell’assist per il gol di Fazio che ha chiuso la partita, cioè - c’è questa giocata, la prima volta in assoluto che entra in possesso durante la partita. Pellegrini si è allargato sull’esterno destro, forse istintivamente perché è quello che gli chiede Di Francesco quando gioca mezzala nel 4-3-3, e riceve un diagonale difficile da Nzonzi. Difficile perché ha Lucas Leiva già addosso e Parolo che gli sta arrivando a tutta velocità dalla destra. Pellegrini quindi restituisce palla immediatamente al centrocampista francese dopo il primo controllo, ma lo fa in maniera un po’ sciatta, aprendo troppo il piatto, e la palla sembra finire sui piedi di Luis Alberto. Ma Nzonzi a quel punto fa ciò che ci si aspetta da un giocatore che è chiamato “il polpo”: prima sposta il trequartista spagnolo con il corpo, frapponendosi tra lui e la palla, poi con un tocco di punta, utilizzandola come se fosse un tentacolo per l’appunto, serve di nuovo Pellegrini, che è spalle alla porta dopo un controllo difficile, con Lucas Leiva che gli sta nuovamente provando a togliere la palla e Luiz Felipe che gli sta arrivando alle spalle. Colpire la palla con il tacco, a quel punto, è l’unico modo per far proseguire l’azione in verticale verso la porta della Lazio, e Pellegrini lo fa con un colpo secco ed elegante, da minigolf, facendola passare nell’unico corridoio disponibile. Dallo stadio si alza un “Ohhh” di stupore. El Shaarawy poi entra in area, ma il suo esterno verso Florenzi si spegne sui piede di Caceres. Il resto, come si dice, è storia.

Ma cosa sarebbe successo se Pellegrini avesse sbagliato questo colpo di tacco, magari mandando la palla in fallo laterale, o regalandola alla difesa della Lazio? O se avesse sbagliato il tocco precedente a Nzonzi, o se il centrocampista francese non fosse riuscito a riciclare quel pallone che sembrava perso? Pellegrini avrebbe comunque avuto la fiducia per sfoggiare la prestazione che poi ha fatto? O i mugolii dello stadio avrebbero definitivamente minato la convinzione nei propri mezzi? Non avremo mai una risposta certa a queste domande, ovviamente, ma a volte un colpo di tacco non è solo un colpo di tacco.

Il gol di Politano e l'assist di Nainggolan

Dopo un inizio di stagione difficile (4 punti nelle prime 4 partite), l’Inter sembra aver preso il passo giusto e, considerando anche la vittoria al cardiopalma in Champions League con il Tottenham (grazie al gol del 2-1 di Vecino, arrivato nei minuti di recupero), è a 4 successi consecutivi. Adesso, con 13 punti in campionato è quella più in alto tra le squadre che ci aspettavamo in lotta per il terzo e quarto posto a inizio stagione, e anche se il prossimo pezzetto di stagione che aspetta la squadra di Spalletti è piuttosto impegnativo (dopo PSV e Spal ci sono il derby con il Milan, poi il Barça e poi la Lazio) c’è più di un motivo per sorridere. Tanto per cominciare, i nuovi arrivati hanno già iniziato a dare un contributo importante. Contro il Cagliari sia Nainggolan che Lautaro Martinez che Politano hanno regalato giocate meritevoli di entrare in questa rubrica.

Ovviamente, va data la priorità allo splendido gol dell’ex ala del Sassuolo, arrivato quest’estate senza generare grande entusiasmo ma che dall’inizio Spalletti ha inserito nell’XI titolare. Matteo Politano è uno di quei calciatori che sembrano sempre tirare troppo. Ci prova da ogni posizione, praticamente ogni volta che è libero di caricare il sinistro. In realtà, con 16 tiri in totale, è lontano sia dalle vette di Cristiano Ronaldo (54, anche se con l’equivalente di quasi due partite in più a disposizione) sia da giocatori come Insigne e Dzeko (rispettivamente 33 e 30, entrambi con un’ora di gioco in più accumulata), ma se Politano dà l’impressione di provarci anche quando non deve è perché è in effetti si prende responsabilità a volte troppo grandi, provando soluzioni difficili, per non dire improbabili. Tirare di collo al volo sul secondo palo, ad esempio, con l’area di rigore ancora piena dopo un calcio d’angolo, dopo aver sbagliato il controllo per di più, non è consigliabile a chi non voglia correre il rischio di fare una brutta figura. Ma Politano prova anche questo genere di tiri (era il quinto della sua partita e prima del fischio finale avrebbe tirato di nuovo, provando un pallonetto impossibile dal limite dell’area….) e quando il suo coraggio viene ripagato, magari anche con una leggera deviazione di Pavoletti, non possiamo che esserne felici.

In questa stessa partita Lautaro Martinez, oltre a un gol di testa per niente facile, ha regalato splendide protezioni del pallone e rifiniture di qualità, tipo la rovesciata con cui dal centro apre la parte destra di campo a Nainggolan. Lo stesso belga merita una menzione in questa puntata per almeno due azioni: quella in cui ha strappato una palla a Barella, considerato il suo erede per il gioco dinamico e aggressivo, con il suo iconico colpo di tacco in scivolata; e quella in cui mette in porta Candreva con un tocco di prima meraviglioso su una palla di Politano proveniente da sinistra (Candreva, poi, calcia sul piede di Cragno in uscita). Al di là del tocco in sé, che a seconda del gusto può piacere moltissimo o passare inosservato, ne approfittiamo per notare come di Nainggolan si parli spesso per le doti fisiche e, meno spesso, per quelle tecniche. Ma è la sua sensibilità nell’utilizzare il collo del piede che gli permette di giocare a velocità così elevate e in una posizione ibrida di mezzala/trequartista. Nainggolan controllerebbe di collo anche una pallina da tennis in caduta libera dall’ultimo piano del Pirellone e anche se è vero che, piazzato a ridosso della difesa avversaria, è un pericolo costante quando l’Inter pressa per recuperare palla, è vero anche che con la sua elasticità e la sua tecnica ha un raggio d’azione praticamente a 360°. Ed è questa la cosa davvero eccezionale. Per questo non basta mettere una qualsiasi mezzala incontrista sulla trequarti di campo affinché contribuisca anche in zona gol. Giocatori versatili come Nainggolan - tipo Vidal, anche se con qualità tecniche diverse, e forse Cristante - non sono così frequenti.

Il Milan porta Kessie ad un passo dal gol 

Il Milan di Gattuso si sta facendo notare per la riluttanza con cui i suoi giocatori più arretrati, difensori e portiere cioè, lanciano lunga la palla quando sono messi in difficoltà dal pressing avversario. Non c’è nessun Cancelo in grado di creare l’effetto domino nel sistema avversario con un dribbling, né c’è più Bonucci, capace di pescare un giocatore offensivo anche a trenta, quaranta metri di distanza con un rasoterra che taglia il centrocampo avversario. Né tantomeno Donnarumma è diventato improvvisamente come Alisson o Ederson. Eppure il Milan non butta via la palla. Anche a costo di abbassare Ricardo Rodriguez e Abate simultaneamente sulla linea dell’area piccola, vicini alla bandierina del calcio d’angolo.

Va detto che già dallo scorso anno i rossoneri cercavano di costruire dal basso con pazienza ma raramente gli abbiamo visto ottenere risultati simili a quelli di oggi. In questa azione è fondamentale sottolineare la pazienza di Rodriguez e Donnarumma, che si scambiano la palla prima che il portiere vada dalla parte opposta; di Musacchio che si alza e abbassa dalla linea per rendersi disponibile e formare un triangolo con Suso e Kessié. Certo, poi ci vuole un giocatore in grado di sbilanciare l’azione dalla parte opposta: ci pensa Suso con un collo esterno per Calhanoglu, più preciso, più esatto addirittura, della corsa di Calhanoglu stesso che stava rischiando di finire troppo schiacciato sulla difesa del Sassuolo. La palla di Suso si ferma a mezz’aria e costringe il turco a girarsi verso Bonaventura, che non a caso è lì vicino e gli restituisce il pallone per fargli sfruttare i metri di campo che gli ha lasciato la difesa del Sassuolo. Merito anche di Samu Castillejo che spinge lontani i centrali neroverdi (Marlon e Ferrari) e, quando arriva al limite dell’area, aumenta ulteriormente il passo per creare lo spazio dove si inserisce a tutta velocità Kessié. L’ivoriano conclude con un cucchiaio lento, che scavalca comunque il portiere e che sarebbe entrato se Pol Lirola non avesse deciso di impedire al Milan di segnare uno dei suoi gol più belli della stagione salvando la palla sulla linea.

La veronica di Allan è il trionfo della forza di volontà

Quando Allan si gira come una porta girevole tra Matuidi e Pjanic il cronometro segna 77.30, la Juventus è appena andata vicinissima a segnare il 4-1, e il Napoli è con un uomo in meno e sul punto di perdere una palla pericolosissima al limite dell’area. Nel giudicare l’eccezionalità di questa giocata, insomma, non si può prendere in considerazione solo la bellezza estetica, la sua difficoltà tecnica o l’effettiva riuscita finale perché a guardare bene nessuno di questi requisiti soddisferebbe il nostro palato: sulla giravolta Allan sembra colpire inavvertitamente la palla con il tacco - o lo ha fatto apposta per allungarsela e andare in transizione? o lo ha fatto apposta per passare la palla a Fabian Ruiz? - e sarebbe stato recuperato da Matuidi se non fosse stato per l’intervento provvidenziale di Fabian Ruiz, che supera a destra il centrocampista francese della Juventus e prosegue la corsa in verticale verso la porta avversaria.

La vera bellezza di questa giocata sta nelle intenzioni, nella volontà di recuperare la partita anche nella più disperate delle situazioni. Spesso si dice che nel calcio quello che conta di più è la testa, lasciando questo assunto sul vago, ma Allan sembra dare concretezza a questa teoria: quanti altri giocatori avrebbero avuto la forza mentale per allungare lo scatto sul primo controllo sbagliato di Matuidi dopo chilometri di corsa al massimo dell’intensità? Quanti centrocampisti ci sono in Serie A che hanno il coraggio di tentare una veronica davanti la propria difesa per andare in verticale il più velocemente possibile e prendere la squadra avversaria in contropiede? Quanti giocatori ci sono che provano a vincere la partita anche quando tutto sembra perduto? Allan è quel tipo di giocatori che prima della forza fisica, dell’intensità, dell’intelligenza nel sapersi muovere nel campo, trasmette alla squadra la convinzione di potercela fare, nonostante tutto.

Zaza è tornato

Simone Zaza è un giocatore di culto. Se a fine anno ci fosse una cerimonia tanto estesa quanto gli Oscar e ci fosse un premio speciale per i migliori “attaccanti difensivi” o per il “miglior contributo difensivo di un attaccante”, Simone Zaza lo vincerebbe probabilmente tutti gli anni. Il suo è un vero è proprio talento che mescola abilità difensive e offensive: forse vale la pena ricordare quando nella stagione ‘14/’15, quando vestiva la maglia del Sassuolo, ha segnato un gol contro la Roma contrastando in scivolata un rinvio di De Sanctis. Anche contro il Chievo ha segnato il gol che ha deciso la partita (1-0) in scivolata, una specialità solitamente attribuita ai difensori.

Nell’azione che abbiamo scelto Zaza controlla prima malissimo una palla di esterno di Roberto Soriano. La classe di Soriano sbatte letteralmente contro le ginocchia di Zaza che si fa togliere la palla da Stepinski, trovatosi un po’ per caso all’altezza del centrocampo. Stepinski cade mentre protegge palla, Zaza non si scompone e insegue Hetemaj che nel frattempo ha raccolto la palla vagante e ha iniziato la transizione offensiva. Zaza lo insegue per una decina di metri circa, mentre Hetemaj curva verso l’interno del campo, in teoria allontanando il pallone da Zaza e mettendoci in mezzo il proprio corpo. Zaza scivola e con un colpo di tallone (à la Nainggolan) serve Meité e abbatte Hetemaj. Si può dire tutto, ma non che Simone Zaza in campo non dia tutto. Per questo è un giocatore di culto.