Dal perché è lontano dal calcio, la sua passione, al problema social. Alberto Malesani si è raccontato in un'intervista al Corriere dello Sport: "Sono stato per le mie esternazioni, il mio modo di evidenziare la passione per il calcio e non per il lavoro. Avrei meritato un altra fine di carriera"
Il calcio gli manca, eccome se gli manca. Alberto Malesani è tornato a parlare, con una lunga intervista al Corriere dello Sport, in cui ha ripercorso la sua carriera, i motivi per cui è lontano dalla sua passione più grande, e perché i social non l’hanno di certo aiutato: "Il calcio mi manca - ha detto-. È stata la mia vita e dentro ora ho un vuoto, ma a quanto sembra sono io a mancar poco". Da quello che ha potuto pensare in seguito, "credo di aver sempre lavorato bene con spunti avveniristici e idee innovative e non quelle trite e ritrite delle quali sento sempre parlare. Vede, il calcio è una ricerca quotidiana e magari non avendolo saputo spiegare sono finito per diventare famoso per quelle ca...e sui social".
"I social mi hanno rovinato"
La lontananza dal calcio è un argomento che ricorre spesso: "Le confesso che pensavo di finire meglio la mia carriera. Le dico di più: pensavo di meritare di finirla meglio. Probabilmente ho grosse colpe io per le scelte sbagliate che ho fatto, avrei dovuto farne altre". Le colpe principali, Malesani le fa proprie: "Il mio sistema di lavoro non è adatto a esperienze brevi, il mio modo di fare e insegnare calcio ha bisogno di più tempo, ma dopo averle detto questo aggiungo che i social mi hanno rovinato". E ha poi chiarito meglio: "Sono stato giudicato per le immagini e non per il lavoro che ho fatto sul campo come avrebbe dovuto essere, le mie esternazioni, le mie espressioni, il mio modo di essere persona e di evidenziare la passione per il calcio sono stati ripresi dai social e di conseguenza sono stato deriso e sbeffeggiato. Non ci sono altri motivi".
Malesani e il perché è lontano dal calcio
"Io sono tra quelli che non volevano chiudere, sarei bugiardo se dicessi il contrario. Per curiosità, volendo dare una spiegazione anche a me stesso - ha aggiunto -, ho fatto per la prima volta dei sondaggi per capire perché nessuno mi chiama più. È emerso che è caduta la stima nei miei confronti, che qualcuno mi ritiene a fine corsa o che ha voluto che la mia carriera finisse".
L"esperienza al Sassuolo
"La scelta di Sassuolo (la sua ultima esperienza in panchina nel 2014 ndr) è stata quella più giusta, perché il Sassuolo è una grande società. Che legittimamente può pensare anche tutti gli anni all’Europa. Avevo un grande rapporto con i dirigenti, anche il gruppo di lavoro della Mapei era entusiasta di quello che stavo facendo sul campo, ma i risultati non sono arrivati e nel calcio la pazienza non c’è più. Avrei dovuto essere più bravo a combinare lavoro e risultati, la verità è che ormai solo con le vittorie puoi far apprezzare le tue idee".
Opinionista?
"Mi hanno chiamato in tanti a fare l’opinionista, ma dopo tre volte che ci sono andato - ha aggiunto - ho detto basta, perché non ce la faccio a criticare gli allenatori, magari non sapendo come lavorano e in quale realtà lavorano. Per come intendo io il calcio la figura dell’opinionista mi sembra una contraddizione".