Krzysztof Piatek: la storia e i luoghi di inizio carriera

Serie A

Gianluigi Bagnulo

Siamo andati in Polonia per scoprire qualcosa in più sull'uomo del momento. 13 gol nel girone di andata della Serie A, a ottobre si è sbloccato anche a livello internazionale andando a segno in Nations League, contro il Portogallo. Kryszstof Piatek oggi è nel mirino del Milan, ma chi era fino a qualche mese fa? Lo speciale

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Le scritte "Piatek" sono dappertutto: negozi, hotel, ristoranti, targhe, palazzi. Questo però, almeno questo, non è merito suo. Il cognome dell'uomo che in questo momento trasforma tutto ciò che tocca in oro in polacco vuol dire "venerdì", appuntamento settimanale di chi non sbaglia mai l'appuntamento col gol. La Polonia di Piatek è asfalto e campagna, campi di calcio e intorno campi di grano. Il confine tra l’ascesa e la fuga è sottile come l’ironia del suo piccolo paesino, Niemcza, distretto di Dzierzoniow e del suo vice-sindaco. Si chiama Andrezj Bolisega e fino a qualche tempo fa di mestiere faceva l’allenatore, con discreti risultati, visto che a scoprire Piatek fu lui, quando il bomber pistolero del Genoa era un bambino di 11 anni, un piccolo bad boy a sua detta. Quando il calcio era uno dei tanti divertimenti e allora, a volte, anziché presentarsi agli allenamenti Piatek preferiva rimanere sul retro della sua casa di Niemcza a lanciare pietre.  Nel municipio di Dzierzoniow c’è una parete dedicata a tutti quelli che hanno fatto qualcosa per rendere più famosa questa piccola cittadina persa nella campagna polacca: presto - dice Bolisega - il nome di Piatek finirà lì. Ora che anziché scagliare pietre, il ragazzo preferisce scagliare in porta il pallone.

Venerdì appuntamento settimanale con... Piatek

Due chiacchiere con Andrezj Bolisega, lo scopritore di Piatek

La parete di Dzierzoniow...

È un viaggio fatto di tre tappe il nostro. Dopo la città di nascita di Piatek, la seconda tappa è Katowice. Si respira un’aria particolare, a pochi chilometri di distanza è nato Papa Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla. Lo scenario è di costante ricordo, di devozione. E poi una deviazione. Un cartello indica lo stadio del GKS Katowice che ospita gli allenamenti della nazionale polacca. Piatek sorride, scherza con Lewandowski, guardandolo senza arie di sfida ma solo di ammirazione. L’etichetta di successore non gli appartiene.

A un'ora di macchina sbuca splendida Cracovia, elegante, medievale, raffinata. Sa di storia, quella di Piatek lì si è conclusa l'anno scorso, dopo una stagione da 21 gol… e si vede. La squadra è ultima in classifica, ha appena perso 0-2 il derby in casa col Wisla e in allenamento l’allenatore Probierz urla talmente tanto che la sua voce si sente anche dall’esterno del campo d’allenamento. L'anno scorso, qui, Piatek aveva un 9 in più. 99 sulle spalle, una maglia che ha firmato e lasciato al club prima di andare via. Chi ne parla trasuda nostaglia, da Helik, che ha ereditato da lui la fascia da capitano, a Culina, ex Spezia e Varese, che a sua detta aveva avvisato Perica (Stipe, attaccante del Frosinone) suo connazionale delle potenzialità del ragazzo.

In ogni caso, al campo d’allenamento del Cracovia, dove ti volti e dove ti giri tutti ti parlano bene di Piatek, ti fanno capire che qui la maglia col 99 iniziava a stargli stretta. Meglio toglierne uno e metterlo vicino al nome nella classifica dei cannonieri della A. 9 gol con la 9 del Genoa. La notizia è arrivata fin quassù, dove che sia campagna o città, ormai, la chiamano Piatkomania. Alla fine sono pur sempre due 9.