Serie A, le migliori giocate della 12^ giornata

Serie A

Dario Saltari e Marco D'Ottavi

Il gran gol a giro di El Shaarawy, Gervinho imprendibile contro il Torino e le altre giocate che ci hanno colpito nell'ultimo week end di campionato

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Quello appena passato è stato un week end di calcio pazzesco, con moltissimi gol e partite intense e divertenti sia in Italia che in Europa. Se l’Atalanta ha calpestato le ambizioni interiste con quattro gol (dopo che, appena una settimana prima, la squadra di Spalletti aveva raggiunto il secondo posto) e la Roma ne ha segnati altrettanti alla Samp, con una vittoria finalmente serena, in Spagna il Betis di Setien ha battuto il Barcellona fuori casa 4-3 mentre il Borussia Dortmund ha battuto il Bayern 3-2 confermandosi in testa alla Bundesliga (per non parlare del Superclásico in finale Libertadores, finito in parità con 4 gol all’andata, o dei 7 gol segnati dall’Ajax in Eredivisie, contro l’Excelsior). Questa rubrica è nata per segnalare non solo i gesti di Serie A più visibili e pazzeschi (il gol di El Shaarawy), ma anche quelli più nascosti e sottili (tipo il numero di Bentancur) che in giornate ricche di calcio come questa rischiano di venire dimenticati, ma che non per questo sono meno pregevoli o interessanti.

Gervinho continua a stupirci

Lunedì 12 novembre 2018, e Gervinho non ha ancora smesso di stupirci. Segnando al Torino, l’attaccante ivoriano ha raggiunto quota 4 gol in campionato, come Belotti, Quagliarella e Milik, appena uno in meno di giocatori come Higuain e Mandzukic. Ma al di là del numero di gol è la leggerezza con cui sta passeggiando sulla Serie A a stupire, come se Gervinho non fosse arrivato a Parma dalla Cina, ma direttamente dal 2013, l’anno in cui il campionato italiano ha iniziato ad apprezzarne le qualità.

Prendete questo numero al 75.esimo del secondo tempo e provate a contare il numero di cose eccezionali che fa per innescare la transizione della sua squadra: c’è prima la velocità con cui decide di ripiegare su Baselli; poi la prontezza con cui interpreta il suo controllo di coscia sbagliato; poi la pulizia tecnica con cui lo supera facendogli passare il pallone sopra la testa con un sombrero precisissimo; e infine l’intelligenza e il coraggio di prendere una scelta controintuitiva e rischiosa, quella cioè di servire un compagno in posizione migliore con un tacco verso la propria porta, mentre tutto il Torino stava già scappando all’indietro per provare a fermare la sua corsa.

Se prima nessuno si aspettava che Gervinho potesse tornare ai suoi livelli fin da subito tornando in Italia dopo due anni, adesso siamo in una fase successiva dello stupore: quella in cui ci rendiamo conto che Gervinho sia addirittura diventato qualcosa di più di un giocatore imprendibile in spazi aperti e imprevedibile nello stretto.

L’arcobaleno di Romulo

Non avere un ruolo ben definito è spesso visto come un limite per un calciatore: evidenzia una carenza di caratteristiche specifiche a favore di una vaga capacità di adattamento. In alcuni - rari - casi è invece la spada di damocle di un’intelligenza calcistica superiore, come per Romulo.

In carriera il centrocampista, chiamiamolo così, del Genoa ha giocato in quasi tutte le posizioni del campo e non perché non è “né carne e né pesce”, ma perché ha una sensibilità tattica e tecnica superiore alla media che gli permette di coprire i buchi di rose mal costruite. Nella sfida contro il Napoli, Juric lo ha schierato come esterno destro nel 3-5-2, per la terza volta dirottato sulla fascia in stagione. Romulo può occupare quel ruolo sia a livello fisico, quando sta bene ha una forza nelle gambe non comune, sia - soprattutto - a livello tecnico (è il giocatore che effettua più passaggi chiave in squadra, 1.5, il terzo per dribbling riusciti).

Il cross con cui serve Kouame è una gemma preziosa: Romulo controlla un pallone sulla trequarti destra, alza la testa per controllare la situazione in area di rigore (una cosa che fanno sempre meno giocatori), si aggiusta il pallone sul destro e poi calcia con l’interno collo il pallone trovando un perfetto equilibrio tra forza e precisione. Il suo cross aggira la difesa del Napoli - nell’ordine Koulibaly, Albiol e Hysaj - per trovare Kouame sul secondo palo. L’attaccante del Genoa deve solo saltare per arrivare all’appuntamento col pallone, non deve mettere ne forza ne angolo: il cross è talmente forte e preciso che se al suo posto ci fosse stato un lampione, sarebbe finita allo stesso modo.

È tornato Ilicic

Si dice spesso che ci si accorge dell’importanza di qualcosa solo quando la si perde, il che è sicuramente vero nel caso dell’Atalanta con Ilicic. La scorsa stagione avevamo riscoperto il giocatore sloveno, rigenerato dall’architettura tattica di Gasperini dopo anni al di sotto delle aspettative, ma quest’anno la nostra consapevolezza è andato ancora più a fondo: abbiamo capito che Ilicic è addirittura l’ago della bilancia della pericolosità offensiva dell’Atalanta. Il trequartista sloveno ha contribuito con una grande prestazione alla vittoria netta dei bergamaschi sull’Inter, sciando con leggerezza su un campo pesante mentre gli avversari sembravano affondare.

Ma è soprattutto il contrasto con l’inizio di stagione difficile della squadra di Gasperini senza Ilicic (fermato in estate da un’infezione) che ci ha fatto capire quant’è importante: come segnalato da Alfredo Giacobbe, da quando Ilicic è tornato a pieno regime l’Atalanta ha aumentato i tiri del 38%, i tocchi in area del 50%, gli Expected Goals dell’83% e i gol addirittura del 188%. Ilicic è una delle poche armi di Gasperini per creare superiorità senza ricorrere a un passaggio, rendendo imprevedibile un sistema a volte fin troppo meccanico. È bello vederlo restituirci con queste giocate una delle squadre più interessanti del nostro campionato.

Il gran gol a giro di El Shaarawy

Quando parte il filtrante di Kolarov, che era sgattaiolato nella trequarti della Sampdoria partendo dalla sinistra, Stephan El Shaarawy è tra i due centrali di Giampaolo, in una posizione da punta centrale di fatto, l’unico che sta attaccando la profondità alle spalle della linea difensiva avversaria. Dzeko era venuto incontro tra le linee, mentre Kluivert è troppo defilato sulla destra per poter partecipare all’azione. El Shaarawy si infila nel corridoio verso la porta di Audero lasciato colpevolmente aperto da Andersen e Colley, ma si allunga troppo il pallone e non riesce ad anticipare il portiere italiano con l’esterno.

Sembra la solita azione meccanica e inconcludente con cui ormai siamo abituati a definire il suo talento, e invece El Shaarawy riesce a recuperare la palla, aggirare Andersen con il destro e mettere la palla a giro nell’incrocio più lontano, nonostante Audero sia riuscito a recuperare parzialmente la posizione. È un gol che ricorda un tiro cestistico da tre partito da lontanissimo, e che ci riporta a un’epoca in cui era lecito aspettarsi da El Shaarawy qualcosa di spettacolare quasi a ogni azione. Partendo da quell’aspettativa diremmo che il suo talento è finito per ingrigirsi con il tempo, ma è anche possibile che l’avessimo frainteso o, ancora più semplicemente, che sia diventato un giocatore che non ci aspettavamo.

Con la doppietta di ieri El Shaarawy si è staccato ancora di più come principale marcatore di una squadra che fa grande fatica a convertire le azioni da gol in reti: da inizio anno ha segnato 5 gol in campionato, tutti con tiri da dentro l’area di rigore (e 3 addirittura dall’area piccola). Nell’economia del gioco di Di Francesco l’esterno italiano è diventato fondamentale non solo per la generosità con cui ripiega in difesa, ma anche perché è forse l’unico nella rosa ad attaccare la profondità senza palla e avere in area dei movimenti da attaccante puro. In questo senso, il gol che lo definisce meglio è in realtà il secondo, quando scappa alle spalle di Bereszynski e capitalizza l’assist di Dzeko a pochi metri dalla linea di porta.

Il dribbling con il tacco di Bentancur

L’assenza in contemporanea di Khedira ed Emre Can ha definitivamente aperto le porte del centrocampo della Juventus a Rodrigo Bentancur che ha già collezionato più presenze da titolare in serie A in queste prime 12 giornate che in tutto lo scorso campionato (7 a 5). Se nella prima stagione a Torino il suo ruolo sembrava quello di vice Pjanic, ovvero da playmaker basso, oggi Bentancur è una mezz’ala fatta e finita.

Una trasformazione rapida e implacabile che ha avuto il suo picco nella doppia sfida contro il Manchester United in cui Bentancur è stato tra i migliori in campo. Allegri ha finito per preferirlo a Khedira anche nella partita contro il Milan, una scelta che certifica il grande momento di forma dell'uruguagio, e che ha pagato. Ad appena 21 anni Bentancur gioca come uno che occupa la zona destra del centrocampo della Juventus da tutta la vita. La sua capacità di lettura unita a una grande forza aerobica lo rendono un recuperatore di palloni instancabile (1.8 intercetti e 1.6 contrasti a partita); le qualità tecniche e la sicurezza nei propri mezzi - invece - lo rendono un palleggiatore attento e sicuro. A tutto questo Bentancur abbina una capacità di pensare fuori dagli schemi non indifferente, che gli permette di risolvere problemi complessi in maniera non banale.

La giocata suola + tacco con cui serve Pjanic sbarazzandosi della pressione di Calhanoglu e Bakayoko è un perfetto esempio di bellezza utile. La cosa migliore di questa giocata, però, è come ne esce: Bentancur pur ricevendo un calcetto dall’avversario, rimane in piedi allargandosi alla destra di Pjanic per offrire una traccia al compagno. Bentancur poteva cadere per accentuare il contatto, rimanere fermo a rimirare la sua giocata, ma non sarebbe stato un comportamento da giocatore utile. E Bentancur prima del tacco e della suola è un giocatore utilissimo.