La compagna del capitano della Fiorentina si racconta a Vanity ad un anno dalla scomparsa di Davide. "Mi è caduta addosso una tragedia, una disgrazia così grande da cambiare per sempre la mia prospettiva sulle cose. È stato un anno straziante, difficile e impegnativo. Non credevo di essere così forte"
La compagna di Davide Astori, il capitano della Fiorentina morto per un problema cardiaco un anno fa alla vigilia di una partita di campionato a Udine, si racconta in un'intervista a Vanity Fair, in edicola oggi. Parla della tragedia che l'ha travolta e di come l'ha affrontata, insieme alla sua bambina Vittoria.
"Gli amici mi domandano: ma il 4 marzo hai dormito? E io penso che per me è 4 marzo ogni giorno. Quattro marzo quando mangio, 4 marzo quando vado a dormire, 4 marzo quando compro un biglietto di treno, organizzo un viaggio e penso che accanto a me Davide non ci sarà più. Ma per me - ammette la Fioretti- parlare di Davide al passato è impossibile.
Penso spesso a come si sarebbe comportato lui al mio posto, a come avrebbe fatto con il suo lavoro, al suo possibile addio al calcio. Forse avrebbe fatto il padre a tempo pieno perché con Vittoria era bravissimo.
Ognuno attraversa il dolore a modo proprio- continua la compagna di Davide nella lunga intervista a Vanity- ma non c’è un modo giusto per farlo. All'inizio avevo paura di tutto. Per molti mesi non ho acceso la tv né ho dormito nella nostra stanza. Mi facevo accompagnare in bagno per lavarmi i denti, temevo di non essere più in grado di gestire mia figlia, ero terrorizzata dall’idea di volerle meno bene. Mi ha aiutato una psicologa infantile. Ci sono andata subito, il giorno dopo la morte di Davide. Ero in confusione totale. Lei mi ha aiutato a capire che il 4 marzo era finita un’intera esistenza e che avrei dovuto cominciarne una completamente nuova.
Ho poco più di trent’anni e anche se a volte penso che innamorarsi di nuovo sia impossibile, mi auguro ancora di scoprire posti nuovi, ridere e uscire a cena con gli amici. Davide lo incontrai così, per caso, in un locale di Milano in cui non avremmo dovuto essere né io né lui. È arrivato nel momento giusto, Davide. Se lo avessi incontrato più giovane, non avrebbe funzionato. Anche se ormai ho smesso di chiedermi perché sia successo proprio a noi e so che non ci sono risposte, mi consolo pensando che eravamo felici. Non avevamo litigato. Non vedevamo l’ora di rivederci. Dopo quella cazzo di partita ogni cosa avrebbe ripreso il suo corso.
Non so se esistano davvero posti belli o brutti, ma se ce ne sono di belli, Davide, per come era, si trova sicuramente lì....il ricordo di Davide, è diventato un po’ di tutti e io sono contenta che la sua memoria sia viva. Sento dire da tutti che era un uomo eccezionale ed è vero, lo era".