Lazio Roma, le chiavi tattiche del derby della capitale

Serie A

Dario Saltari

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Il derby della capitale non era mai arrivato così presto e se è vero che "non è una partita come le altre" è l'occasione per mettere alla prova le ambizioni future di due squadre molto diverse. Lazio-Roma sarà in diretta esclusiva domenica 1 settembre dalle 18.00 su Sky Sport Serie A

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Sembra passato un secolo e cambiato tutto da quando Lazio e Roma, quasi esattamente undici mesi fa, si affrontarono per la prima volta la scorsa stagione. Eppure anche allora era settembre, anche allora la Lazio sembrava nettamente favorita, e anche allora per la Roma sembrava che dal derby potesse dipendere il futuro di un intero progetto tattico. La squadra di Inzaghi arrivava alla stracittadina con ben 5 vittorie consecutive tra campionato ed Europa League alle spalle, mentre la squadra Di Francesco, delle precedenti sei ne aveva vinta solo una (contro il Frosinone), raccogliendo tre sconfitte e due pareggi.

Succede spesso a Roma di avere l’impressione che nulla cambi davvero, e in effetti giallorossi e biancocelesti si ritrovano a quasi un anno di distanza, con le squadre praticamente invariate, e uno stato d’animo molto simile rispetto a quello della scorsa stagione. Alla prima di campionato la Lazio ha vinto in maniera convincente proprio contro una squadra di Di Francesco, la Sampdoria, ed è sembrata avere esattamente le armi per fare male alla Roma, che invece contro il Genoa è sembrata fragile fino all’inverosimile, per via o nonostante le ambiziose idee del suo nuovo tecnico, Paulo Fonseca.

Eppure, nonostante possa sembrare una banalità senza valore, c’è un fondo di verità nel dire che il Derby è una partita a parte, su cui il passato sembra non avere potere. Ma quanto questo sarà effettivamente vero potremo scoprirlo solo dopo il fischio finale, e adesso non possiamo che guardare proprio al recente passato per farci un’idea su quello che potrebbe succedere.

Come la Lazio può far male alla Roma

La Lazio ha ricominciato il campionato più o meno come aveva disputato la seconda metà dello scorso, in una delle sue versioni più offensive. E cioè con Correa accanto a Immobile, e con Luis Alberto e Milinkovic-Savic da finte mezzali del 3-5-2, essendo entrambi maturati in zone molto più alte della trequarti. È una soluzione piuttosto ambiziosa, quella di Simone Inzaghi, che permette alla Lazio di attaccare contemporaneamente lo spazio tra le linee e l’ampiezza, occupando tutti i corridoi verticali del campo: centralmente la trequarti viene occupata oltre che da Luis Alberto e da Milinkovic-Savic, anche dai movimenti incontro di Correa, mentre gli esterni vengono occupati, spesso contemporaneamente, da Lazzari e Lulic.

La Lazio ha attaccato in questo modo una squadra che difende seguendo principi simili a quelli della Roma di Fonseca, e cioè del tutto a zona, con un baricentro piuttosto alto e cercando il più possibile di mantenere la compattezza orizzontale in zona palla. E, come si dice, ha fatto carne da macello: contro la Sampdoria ha segnato tre gol, tirando ben dieci volte in porta e producendo 1.5 xG.

La Lazio si è resa pericolosa in transizione, sfruttando le grosse sbavature della Sampdoria in fase di riaggressione e nelle scalate in avanti, ma anche con attacchi posizionali palleggiati, sfruttando soprattutto i cambi di gioco. Il vantaggio della difesa a tre contro squadre che cercano il più possibile di mantenere la compattezza orizzontale senza palla è quello di avere sempre gli esterni alti ad attaccare l’ampiezza, costringendo la difesa avversaria a scalate orizzontali veloci e precise.

Proprio in questo aspetto la Roma si è dimostrata piuttosto fragile all’esordio stagionale contro il Genoa, commettendo errori sia individuali che di reparto. La squadra di Fonseca era lenta a scivolare in orizzontale in risposta ai cambi di gioco del “Grifone” e in due dei tre gol subiti si è aperta al centro della difesa, perché uno dei suoi centrali ha deciso di seguire l’uomo anziché difendere la zona di sua competenza mantenendo come riferimento il pallone.

Il 3-3 del Genoa nasce proprio da un mix di errori di reparto e errori individuali: Florenzi è in ritardo a scalare orizzontalmente verso i due centrali mentre contemporaneamente Mancini si fa attirare fuori posizione dal movimento di Pinamonti a tagliare sul primo palo, aprendo lo spazio che permetterà a Kouamé di battere a rete da solo dentro l’area.

Contro la Sampdoria la Lazio è stata molto efficace usando lo stesso identico meccanismo: aprendo le maglie della difesa avversaria con i cambi di gioco e poi colpendo gli spazi aperti in questo modo soprattutto con gli inserimenti dei centrocampisti.

Il cambio di gioco verso Lulic porta allo scivolamento a destra della difesa della Sampdoria, che però non riesce ad assorbire tutti i tagli della squadra di Inzaghi: Correa si infila nello spazio tra Bereszynski e Murillo, che contemporaneamente non si accorge di Immobile alle sue spalle, lasciato libero di entrare in area anche da Ekdal. Milinkovic-Savic, invece, chiama palla tra Colley e Murru, che deve anche guardarsi le spalle dall’arrivo di Lazzari (fuori inquadratura), su cui Caprari torna pigramente.

Se in questa settimana la Roma non avrà affinato i suoi meccanismi difensivi senza il pallone, insomma, rischia molto.

Come la Roma può far male alla Lazio

Ma se la Roma è stata fragile contro il Genoa è anche perché per lunghi tratti ha lavorato male anche con il pallone. Al contrario di quanto professa Fonseca, infatti, l’ha tenuto relativamente poco (53,6% la percentuale di possesso finale; a fine primo tempo era appena al 50,7%) e l’ha gestito spesso male, andando velocemente in verticale invece di consolidare il possesso nella metà campo avversaria. È da questa gestione poco attenta del pallone, e non dalla presunta spregiudicatezza del gioco di Fonseca, che sono nate le crepe sulla sua solidità difensiva, impedendogli di disporsi in maniera ottimale per la riaggressione e costringendola ad allungarsi sul campo, ad esporsi alle transizioni avversarie. La Roma, in questo senso, non è stata fragile perché ha seguito le idee dell’allenatore portoghese, ma perché le ha seguite troppo poco.

Dominare il possesso, poi, è una buona idea anche in termini offensivi, perché toglie alla Lazio le sue armi principali. Se Inzaghi può far male con i cambi di gioco e le ricezioni tra le linee di Luis Alberto e Milinkovic-Savic, allora è meglio togliergli il pallone e costringere giocatori spiccatamente offensivi a fare quello che sanno fare peggio: e cioè coprire lo spazio alle loro spalle. In questo senso, il 4-2-3-1 ha un vantaggio strutturale sulle difese a tre, mettendo un giocatore costantemente nelle condizioni di ricevere tra le linee, che nel caso della Roma è Dzeko, il vero numero 10 dei giallorossi.

Il vantaggio strutturale del 4-2-3-1 di Fonseca contro le difese a tre: i tre centrali del Genoa sono impegnati a seguire gli inserimenti di Ünder, Zaniolo e Kluivert permettendo a Dzeko di ricevere libero alle spalle del centrocampo del Genoa la bella diagonale di Florenzi.

Oltre al gioco spalle alla porta del bosniaco, però, saranno fondamentali anche le ricezioni nei mezzi spazi delle due ali (presumibilmente Cengiz Ünder e Kluivert), che andrebbero a ricevere proprio nello spazio alle spalle di Luis Alberto e Milinkovic-Savic, che già con la Sampdoria hanno dimostrato di poter soffrire.

Luiz Felipe e Radu devono uscire sulle ali della Sampdoria e non possono assorbire gli inserimenti di Linetty e Vieira che si inseriscono nei mezzi spazi, mal coperti da Milinkovic-Savic e Luiz Alberto, mentre Acerbi è in pericoloso uno contro uno con Quagliarella. Murru alla fine servirà Vieira, che verrà privato del gol solo da un intervento prodigioso di Strakosha.

Per la Lazio, insomma, adagiarsi su un piano gara del tutto attendista e reattivo potrebbe non essere la migliore delle idee. L’intera architettura tattica di Fonseca si basa sul controllo del pallone, e lasciarlo volontariamente alla Roma potrebbe portare a una sofferenza senza scopo, soprattutto di fronte ad una squadra che ha già dimostrato di poter essere molto creativa (e che con il Genoa forse avrebbe potuto addirittura fare di più in termini di gol, avendo prodotto esattamente 3 xG).

Per ripetere un’altra banalità apparentemente senza valore si potrebbe dire che vincerà chi ha più coraggio, perché per gestire il pallone senza snaturarsi ci vuole molto coraggio, innanzitutto di poter sbagliare in una partita così importante emotivamente. Forse è per questo che si dice che nei Derby spesso domina la paura, un’altra cosa che a Roma sembra non cambiare mai.