In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Milan, Baresi a Casa Sky Sport: "Così Sacchi e Berlusconi ci cambiarono"

MILAN

L’ex capitano rossonero compie 60 anni e per l’occasione è stato ospite di Casa Sky Sport: "È un privilegio far parte ancora oggi di questo club, abbiamo sofferto e vinto tutti insieme. Sono in simbiosi con i tifosi del Milan"

CORONAVIRUS, GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA

Condividi:

Una vita in rossonero, una carriera lunga vent’anni in cui Franco Baresi ha vestito una sola maglia, quella del Milan tra il 1977 e il 1997. In occasione dei suoi 60 anni, l’ex capitano è stato ospite di Casa Sky Sport: "Per me il Milan è una vita e una passione, è stato una seconda famiglia. Sono arrivato da adolescente e ora sono ancora qui, ne ho viste tante in ogni veste. È un privilegio far parte di questo club, ho vinto tanto e non mi posso lamentare. Ringrazio tanta gente, dal primo all’ultimo i membri del popolo rossonero che mi ha sempre sostenuto. Abbiamo sofferto e vinto tutti insieme, e fin da subito c’è stato un grande feeling che poi è diventata una simbiosi. In Serie B ero molto giovane, non so se arrivarono delle offerte ma ero felice di rimanere. Era anche una scommessa, fecero una squadra intorno a me". Insieme a Costacurta, Maldini e Tassotti ha composto una delle linee difensive più forti di tutti i tempi. "Alessandro si è guadagnato tutto. Insieme abbiamo vissuto tanti anni come reparto e anche uno affianco all’altro, ci siamo tolti tante soddisfazioni. Anche Galli è stato uno dei miei primi compagni di reparto ed è stato importantissimo, abbiamo trascorso anche anni meno belli, ma poi ci siamo rifatti: eravamo in quattro ma è come se giocassimo in cinque. Mi dispiacque non giocare la finale di Champions del 1994 ma ci salvò lui. Tassotti all’inizio non riuscì a mostrare le sue qualità nel gioco a uomo, ma poi uscì fuori. Per me è stato un compagno di viaggio e un esempio".

I momenti fondamentali della carriera

Baresi ha individuato i tre eventi che hanno segnato dei punti di svolta per la sua carriera: "A 22 anni quando sono diventato capitano mi sono sentito più responsabile, ho capito man mano cosa significa rappresentare questo club. Poi direi l’arrivo di Berlusconi: sappiamo com’è difficile gestire una squadra, noi abbiamo avuto lui per 30 anni ed è stata una fortuna perché è stato ambizioso e lungimirante. Infine il primo scudetto con Sacchi nel 1988". Con questo allenatore, il Milan ha vissuto uno dei periodi più vincenti di sempre, oltre a lasciare un’impronta indelebile nella storia del calcio: "Ci ha trasmesso e insegnato un metodo diverso di allenamento, ha portato una cultura del lavoro e delle idee che non pensavamo che si potessero mettere in campo all’inizio. Siamo riusciti a trasmettere alla gente entusiasmo ed emozione. Poi chiaramente servono anche i giocatori, ma abbiamo avuto nel mister una guida molto importante". Anche Arrigo Sacchi è intervenuto durante Casa Sky Sport, ricordando un aneddoto: quando Baresi giocò parte di un derby con un braccio rotto. L’ex difensore ha confermato tutto: "È vero, si ruppe dopo uno scontro di gioco con Klinsmann, ma non mi ero reso conto della gravità. Mancava poco alla fine della partita e riuscì a finirla col dolore. Poi dopo vedemmo le radiografie e ci accorgemmo che c’era la frattura. Fortunatamente riuscii poi ad essere disponibile per la Coppa Intercontinentale".

Il recupero lampo ai Mondiali in USA

Un altro episodio memorabile della carriera di Baresi risale ai Mondiali del 1994, quando recuperò in tempi record da un problema al menisco e giocò quasi perfettamente (sbaglierà uno dei rigori, ndr) la finale col Brasile: "Non avrei mai pensato di poter giocare. Quando mi feci male mi cadde il mondo addosso, perché sarebbe stato il mio ultimo Mondiale ed ero anche il capitano, ero amareggiato ma la squadra fu grandissima ad arrivare fino alla fine. L’Italia mostrò un carattere incredibile. Ringrazio ancora quella Nazionale per avermi dato l’occasione di giocare quella partita. Sapevo di avere molta responsabilità e non volevo deludere, la prestazione andò bene, peccato per come andò a finire con quei rigori. Lo sport va accettato per questo".