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L'ultima partita di Roberto Baggio: il 16 maggio 2004 il suo addio al calcio

Serie A

Vanni Spinella

Sono passati 16 anni da quel giorno: con la maglia del Brescia, in un San Siro che celebrava lo scudetto conquistato dal Milan due settimane prima, il Divin Codino lascia il calcio giocato. Tutti in piedi per un campione amato da tutti

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La magia del calcio è fatta anche di storie che si intrecciano, coincidenze che non possono essere pure coincidenze. I famosi puntini che si uniscono in modo che tutto torni non hanno fatto eccezione il 16 maggio del 2004, organizzando per Roberto Baggio l’addio al calcio che un campione del suo rango meritava. All’ultima giornata di campionato, il Brescia del Divin Codino, salvo da un pezzo anche grazie ai gol del suo numero 10, è ospite del Milan campione d’Italia, fresco di scudetto conquistato aritmeticamente due settimane prima nello scontro diretto con la Roma. Così, dopo quell’1-0 firmato Shevchenko, San Siro torna il centro del mondo calcistico per una nuova, malinconica, festa.

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L’addio al calcio di Roberto Baggio viene celebrato sul palcoscenico della Scala del Calcio, e non poteva essere altrimenti per un artista del genere. Uno stadio intero in piedi ad applaudirlo: non il suo stadio, o almeno non più, dopo che vi aveva giocato vestendo entrambe le maglie delle milanesi, ma per le icone come lui funziona così. Finiscono per essere i campioni di tutti, oltre la maglia, oltre uno stadio.
 

Lascerà dopo 643 partite da professionista con i club, dall’esordio con il Vicenza all’amata Fiorentina, passando per il trasferimento alla Juventus, tra polemiche e trofei (in bianconero arriva anche il Pallone d’Oro del ’93), le stagioni a Milano (prima il Milan, poi l’Inter), intervallate dalla dolcissima parentesi di Bologna, che lo rigenera e lo porta al Mondiale del ’98, fino alla scoperta di Brescia, per il finale di carriera scritto disegnando magie fino all’ultimo, e con un’altra convocazione al Mondiale, quello del 2002, che probabilmente sarebbe stata meritata e che gli venne negata. Duecentonovantuno i gol, quasi impossibili da contare gli assist: si fa molto prima a citare i compagni d’attacco che ha reso felici, anche se l’elenco è lungo anche qui: Borgonovo, Casiraghi, Schillaci, Vialli, Ravanelli, Weah, Andersson, Vieri, Ronaldo, Hubner, Tare, Toni…

Tornando a quel 16 maggio, sempre le coincidenze, se ancora possiamo riduttivamente chiamarle così, fanno sì che Baggio faccia il suo ingresso in campo, da capitano, con Paolo Maldini. Scambio di gagliardetti tra leggende del calcio italiano, e si comincia. Era possibile immaginare un “rivale” migliore, per l’ultimo saluto?
Il film scorre veloce fino al minuto 84, il suo minuto, quello della sostituzione studiata per regalargli l'applauso di tutti i tifosi del mondo, simbolicamente rappresentati da quelli di San Siro. Una mano che si leva al cielo per ringraziare, e che poi va a coprire la commozione. Gesti semplici, genuini. Nessuna esagerazione, nel suo stile.
 

A questo punto, verrebbe da sognare un addio al calcio con gol, ma forse sarebbe stato troppo prevedibile, addirittura “banale”. Al calcio piace sorprendere sempre, e Baggio l’ultimo suo gol l’aveva già riservato per il pubblico di Brescia, una settimana prima, nel 2-1 contro la Lazio. E allora quel Milan-Brescia termina 4-2 con una doppietta di Matuzalem nel giorno di Baggio. Ma di quel 16 maggio il risultato è l’ultima cosa che tutti ricordano.