Prandelli: "Ribery? E' come un bambino, ha l'entusiasmo di chi vuole ancora vincere"

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Ribery, da rivale a grande trascinatore della "sua" Fiorentina. Cesare Prandelli contribuisce al ritratto dell'attaccante francese, protagonista della nuova puntata de "L'Uomo della Domenica”, in onda da oggi su Sky Sport e disponibile on demand. L'intervista integrale all'allenatore viola 

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Una lunga intervisa a Cesare Prandelli che racconta Frank Ribery, protagonista dell'approfondimento di Giorgio Porrà, in onda da oggi sui canali Sky Sport  e disponibile on demand. Una lunga chiacchierata per conoscere il giocatore e l'uomo. O forse il "bambino", come lo definisce l'allenatore, spiegando quanto entusiasmo abbia ancora dentro. "Perché tante volte noi dimentichiamo quello che abbiamo provato da ragazzini. Lui invece lo sta provando ancora adesso. E trasmette entusiasmo e voglia di vincere anche le partitelle".

Franck Ribery e Cesare Prandelli: quando il francese è sbarcato a Firenze tutti a ricordare il famoso precedente degli ottavi di Champions del 2009 con la sua Fiorentina eliminata dal Bayern per colpa degli arbitri e delle magie del francese e di Robben. “La prima volta che ho incontrato Franck-ricorda Prandelli- gli ho detto che è in debito nei confronti della nostra squadra, quindi dovrà aiutarci ancora di più per migliorare. Ovviamente lui è un personaggio talmente a 360 gradi che è riuscito con una battuta a sdrammatizzare e a stimolare i giocatori”. Allora non deve essere stato facile elaborare quella bocciatura così bruciante. Quella Fiorentina era una delle migliori versioni del quinquennio dorato 2005-2010. “Quella squadra avrebbe meritato i quarti di Champions, viste le prestazioni delle due partite, purtroppo c’è stata come tutti ricordano una svista… speriamo sia solo una svista. Tornare a quei livelli richiede tempo, programmare una squadra non è così semplice. Ma in questo momento abbiamo buone potenzialità e possiamo velocizzare il miglioramento”. 

 

Ribery e Prandelli, dall’esterno la sensazione è di uomini, di sportivi caratterialmente un po’ distanti, anche riflettendo sulle rispettive vite e carriere, molto diverse tra loro. Conoscendolo meglio, allenandolo, quali sono le prime impressioni? In fondo, Ribery ha sempre avuto ottimi rapporti con i suoi allenatori, a parte Domenech e, in alcuni passaggi, anche Van Gaal. "Franck quando va in campo e ha la palla diventa un trascinatore perché gli è rimasto dentro quell’entusiasmo che possono avere i bambini. E' un bambino - tra virgolette - che vuole vincere. Perché tante volte noi dimentichiamo quello che abbiamo provato da ragazzini. Lui invece lo sta provando ancora adesso. E trasmette entusiasmo e voglia di vincere anche le partitelle. Riesce a trascinare i compagni: in campo è un grande esempio per tutti".

 

"Un giocatore totale”: ma quale è il colpo, il numero, col quale può sempre fare la differenza? Ribery, anche a 37 anni, sta dimostrando che il suo dribbling resta una meraviglia. “Il primo Ribery è stato un giocatore devastante perché quella fascia la faceva con grande intensità e dal limite dell’area di rigore aveva sempre una grande lucidità. Ovviamente il mio compito è far mantenere quella lucidità negli ultimi 20 metri e cercare di fare il lavoro sporco con altri giocatori, perchè altrimenti sarebbe impensabile che possa fare la differenza ogni volta che tocca la palla. Ho detto e sostengo che chi sa di calcio, chi ha i tempi di gioco, può giocare in tutte le zone del campo. La sua grande capacità è quella di vedere il gioco: sa quando deve accelerare, sa quando deve tenere palla per attirare due giocatori e poi liberare il compagno. E’ davvero un giocatore maturo e, paradossalmente, sono convinto che possa giocare in tutti i ruoli”. Quale è stato invece il Ribéry che, nel corso della carriera, aveva maggiormente impressionato Prandelli? A 23 anni era il campioncino della Francia di Zidane; poi, più maturo, esplose in quel Bayern che vinse tutto. Lui e Robben erano gli esterni a piede invertito, i loro movimenti erano perfetti, chirurgici, ma comunque sempre quelli, eppure nessuno riusciva a leggerli, ad arginarli. “E’ un campione. Quel Ribery del Bayern è un giocatore che ha fatto scuola, dopodichè molte squadre hanno cercato di rincorrere quei giocatori sugli esterni, come Ribery e Robben che erano capaci, nell’uno contro uno, di saltare l’avversario. E quando salti l’avversario gli equilibri tattici vanno modificati. Le superiorità numeriche che creavano le creavano proprio a livello individuale".

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Le cicatrici sul volto Ribery non ha mai voluto eliminarle: le ha sempre considerate la sua forza, contro tutto e tutti. “Quando hai un grande equilibrio interiore te ne freghi dell’aspetto estetico, anzi, ne fai un vanto, perché lui ha dimostrato che, con il lavoro, l’abnegazione, la voglia di superare tutte le difficoltà, è riuscito a realizzare il suo sogno. Quando un personaggio riesce a far questo dobbiamo soltanto applaudirlo". Ribery senatore stagionato, al pari di Ibra, Dzeko, Ronaldo, altri ancora. Nel calcio italiano domina la “gerontocrazia”, altrove funziona diversamente. Il problema è che quando varchiamo i confini la differenza si nota. "Diciamo che questi giocatori che hanno ormai vissuto stagioni straordinarie, che hanno anche un’età che molti vedono come l’età dell’addio, hanno talmente tanto carattere, tali motivazioni, che vogliono superare ogni ostacolo. Stanno giocando contro se stessi, e questa è una cosa straordinaria. Spesso devi stimolare i giocatori, motivarli, invece questi calciatori sono loro che stimolano i giovani".

Nessuno meglio di Prandelli, che in questa piazza ha mostrato il calcio più bello, può ragionare attorno al rapporto tra Firenze e i suoi fuoriclasse, perché questa è una città che sa legarsi per sempre a chi si rivela all’altezza della sua passione, del suo splendore. Che cosa deve fare Ribery per affiancare i vari Baggio, Antognoni, Batistuta in modo stabile, definitivo, nel sentimento popolare? "Penso che Ribery abbia già fatto molto in questi mesi e abbia dimostrato questa grande capacità di saper leggere l’aspetto mentale, psicologico di questa città. Faccio un esempio: se ci fossero stati 80mila spettatori a San Siro per la partita Inter-Fiorentina, probabilmente si sarebbero alzati tutti e avrebbero applaudito Ribery. Ecco, in quel momento, i fiorentini si sarebbero sentiti orgogliosi di essere rappresentati da un personaggio così".

 

Prandelli e la Fiorentina, appena ritrovata. Cosa significa respirare, abbracciare Firenze e la sua gente? "Tornare a Firenze per me ha significato riprovare sentimenti, emozioni forti. Nello stesso tempo, con un pensiero razionale, ho capito che ho una doppia responsabilità, non soltanto tecnica, ma anche una responsabilità nei confronti dei tifosi, visto che io mi considero e sono un tifoso della Fiorentina. Quindi avrò ancora di più questo peso. Ma sono convinto che questa è una città che se riesci a coinvolgerla, a proporle una squadra generosa e coraggiosa, ti aiuterà sempre. E so che non sarò mai solo". 

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