Darmian come Giaccherini, 'eroi normali' di Conte
scudetto inter ©GettyMarco Bucciantini ripercorre la carriera di Matteo Darmian, l'ultimo esempio della capacità di Antonio Conte di trasformare i gregari in protagonisti. Contiene le parole: Gramsci, sempiterna e AC/DC...
C’è un punto esatto, è un incrocio di perfetta simmetria: lì, in quell’istante e in quel pezzo di strada, si compie la poesia brutale, animalesca delle squadre di Conte. L’istinto, la conoscenza, i concetti quadrati e le pulsioni sentimentali si fondono: il campione ha messo tutto sé stesso nel lavoro, ha fecondato della sua lotta la partita e lo ha fatto con la convinzione tenace e incrollabile del gregario. Una consapevole discesa di rango (e un aumento di valore). Intanto, dal lato opposto, arrivano i terzini, i mediani, gli operai della squadra elevati attraverso il coraggio alla maniera dei campioni: pronti ormai per giocate difficili, determinanti.
L’esercito degli "elevati"
In breve, all’incrocio perfetto delle sue volontà, il calcio di Conte trasforma i giocatori, migliorandoli e legandoli in squadre. Succede perché c’è una considerazione egualitaria del gruppo ed essendo impossibile fondarla sulle qualità (i giocatori non sono tutti bravi allo stesso modo) si sceglie il cammino (anzi: il pellegrinaggio) verso il santuario del sudore. La trasformazione è il concetto fondamentale - con questo Conte fa la differenza. Il calcio pensoso si sviluppa in semplicità. Lo spazio chiuso diventa aperto per infilare le idee. Fra queste, ci sono loro: i soldati pronti a versare il sangue (forse convinti che il primo a versarlo, per loro, sarebbe l’allenatore). L’esercito degli “elevati” che nelle varie esperienze ha reclutato Giaccherini, Pepe, Lichtsteiner, Moses...e molti di quella Nazionale che a Euro 2016 fu capace di battere il Belgio, la Spagna e pareggiare le forze della Germania campione del mondo... riconosce adesso la propria sempiterna fatica in Matteo Darmian.
Il manifesto di Conte
Quando si accumulano elementi per poter parlare di questa investitura si è arrivati al momento decisivo e conclusivo. Quando l’impulso di calcio di Lukaku, o il movimento-esca di Lautaro o la percussione naturale di Barella o il passaggio determinante di Hakimi arrivano a Darmian, che segna il gol risolutivo, allora Conte ha vinto, è riuscito ancora una volta a costruire e realizzare la sua visione del gioco, a confermare la reputazione ormai diffusa, e benissimo pagata. È una cosa seria, limpida e potente: Darmian è la cultura di questa narrazione vincente, di questo nuovo scudetto. È possedere - non per eredità né per fortuna congenita ma solo attraverso il lavoro - una piena personalità, è la conquista di una coscienza superiore di sé e del tutto e sentire interamente la relazione con gli altri (giocatori). Trovare così la propria funzione nella vita (nel campo), comprendere il proprio valore storico, i propri diritti e i propri doveri.
Questa pasticciata citazione di Antonio Gramsci, della sua teoria che con la cultura si impara a vivere insieme, e di conseguenza a fare insieme ci rivela la fine della strada: l’ideale. Ma diventano necessariamente cultura la visione, il lavoro, l’impegno, la disponibilità e l’umiltà di creare queste condizioni nel gruppo, perché non sono presupposti scontati e non sono traguardi spontanei per un consorzio umano che tende a coltivare ed esaltare i pregi e nascondere i difetti. Con Conte deve segnare Darmian, dev’essere Giaccherini a battere il Belgio, così come un tempo la fatica di Pepe doveva esaurirsi nell’esempio assoluto di gol vittoriosi. A quel punto, vivere insieme, fare insieme, costruire insieme e vincere insieme sarà perfino un approdo ovvio e un porto sincero.
Il fulmine e il tuono
Ora, per non alterare l’ardore di questo terzino e il fuoco di questa squadra e lasciar prevalere la pedanteria e la malinconia di certe pretese, si può chiudere con una schitarrata rock. Ce la suggerisce lo stesso Darmian, recentemente intervistato: segnala la sua canzone preferita e i chilometri del suo primo concerto, il 19 maggio 2010 allo stadio Friuli di Udine: uno stadio, ovviamente, per lui allora ventenne terzino del Padova in serie B e in prestito dal Milan, dove è cresciuto e dove smozzicò le prime quattro partite di Serie A: poi fu a Palermo che lo “divise” con i rossoneri, poi al Torino che lo divise con i siciliani per comprarlo tutto al termine di quattro stagioni a crescere e venderlo per 18 milioni al Manchester. Lassù, quattro stagioni a calare e dunque l’arrivo al Parma e il ritorno in prestito - con obbligo di riscatto - a Milano, ma all’Inter: il giro è stato mosso ma completo. Nel frattempo anche 36 partite con la Nazionale per un terzino totale, capace di cinque ruoli: bravo, bravissimo compimento di una linea a quattro e assaltatore incessante quando può liberarsi da esterno nel 3-5-2. E fa tutto sia a destra (con maggiore inclinazione) che a sinistra: meno schietto, eppure attaccando da quel lato ha segnato i recenti gol al Cagliari e al Verona. In più (e spesso) applicato difensore del gruppo dei centrali: questo è Darmian. Ma si parlava di musica: il concerto è quello degli AC/DC, lui è lì per quella canzone, quella scarica dal cielo, Thunderstruck, quei 30 secondi di assolo di chitarra di Angus Young prima che Brian Johnson cominci a tuonare (Thunder... Thunder... Thunder...) e altri trenta secondi di fulmini prima che cominci a cantare. AC/DC, dunque: corrente alternata e corrente continua. È evidente che se l’Inter di Conte avesse dei padri all’indietro nel tempo sarebbero da rintracciare fra scienziati e fisici del diciannovesimo secolo, fra gli appunti e i calcoli di Michael Faraday e Antonio Pacinotti e soprattutto nelle intenzioni di Thomas Edison e Nikola Tesla: il primo ci ha riempito di energia (continua) e l’altro ci ha convinto che la modulazione alternata avesse il vantaggio di regolare flussi e intensità, diminuendo la dispersione. Conte in genere è un “raddrizzatore” che raccoglie tutte le energie disponibili, storte, confuse, centripete e centrifughe di un ambiente e le unisce e le sposta verso gli obiettivi: la porta avversaria, lo scudetto. Darmian era pronto, fulmine senza il tuono, era energia in attesa di accadere.