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La "Forza Gentile" di Sheva stasera a Sky Sport 24

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Il commissario tecnico dell’Ucraina - che ha appena pubblicato la sua autobiografia scritta con Alessandro Alciato per Baldini+Castoldi- sarà ospite questa sera a "23": da non perdere l'incontro con gli ex compagni del Milan, Massimo Ambrosini e Billy Costacurta

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“La mia vita, il mio calcio”, è il sottotitolo dell’autobiografia appena uscita in libreria- scritta da Shevchenko con Alessandro Alciato. E di questo parlerà l'ex attaccante stasera a “23”, su Sky Sport 24, con gli ex compagni Massimo Ambrosini e Billy Costacurta.

 

Shevchenko ha vinto praticamente tutto da calciatore: nella Dynamo Kiev cinque campionati ucraini, tre coppe nazionali, una Supercoppa d’Ucraina, poi nel Chelsea una Coppa d’Inghilterra e una Coppa di Lega inglese. Ma, soprattutto, con la maglia del Milan, ha conquistato uno scudetto, la Supercoppa Europea, la Supercoppa Italiana, una Champions League e una Coppa Italia, a cui si aggiunge il Pallone d’oro nel 2004.

 

La sua è sempre stata una "forza gentile”, come suggerisce Giorgio Armani nella postfazione del libro edito da Baldini+Castoldi. Di seguito un estratto. 

I tormenti per la salute del papà

A Milanello, per le prime sedute di lavoro della stagione 2001/02, pensare solo al calcio risultava impossibile. "Se papà muore?" Quella domanda maledetta non mi abbandonava. Compariva di continuo, un tormento incancellabile. Non trovavo una risposta definitiva, allo stesso tempo non potevo più vivere di sole speranze. Quando mi hanno avvertito che mio padre era finalmente pronto per essere trasportato in Italia, l’ho chiesto a Viganò: "Professore, papà muore?" "Credimi, non morirà. Fra qualche ora sarà qui da noi, io e la mia équipe ci prenderemo cura di lui".

 

E così hanno fatto. Addirittura, considerate le sue condizioni stabilizzate, a un certo punto l’hanno dimesso dall’ospedale per rimandarlo a casa, a Milano. Non restava che attendere. Un bel giorno, Viganò ci ha avvertiti: "Venite, è il momento".

 

Il cuore nuovo

Il 17 agosto 2001 papà aveva un cuore nuovo. Grazie a chi, non lo saprò mai, ed è giusto così. Perché una vita salvata corrisponde sempre a un’altra che se n’è appena andata: il cuore di una persona che non c’è più viene trapiantato in tutta fretta nel corpo di un’altra, che deve esserci ancora. Il donatore regala una gioia infinita alla famiglia di chi riceve, ma per la sua resta solo l’immenso dolore della perdita. Se avessi conosciuto l’identità di chi ha permesso a mio padre di salvarsi, con quale faccia sarei andato a ringraziare i suoi parenti? Con quali parole o gesti avrei potuto spiegare che, in qualche modo, dovevano essere contenti anche loro? La cosa certa è che, quella persona senza nome, quando era ancora in vita, ha preso una decisione enorme. Una scelta che, seguendo il suo esempio, ho già fatto mia: anche i miei organi verranno donati.

 

L’intervento è riuscito perfettamente. Berlusconi, per due settimane, mi ha chiamato senza sosta: si informava sul decorso post-operatorio. Galliani e Braida anche. Rezo era la mia ombra. Senza il loro aiuto concreto, il lieto fine non sarebbe mai stato scritto. Terim e i compagni mi ripetevano che avrei potuto contare su di loro, per qualsiasi cosa. Dall’Ucraina, Lobanovskij e i fratelli Surkis chiedevano aggiornamenti quotidiani. Io, ogni giorno, alla fine dell’allenamento, andavo a Pavia a trovare papà.

Mai nel panico

Una sera ho invitato a cena Viganò. Mi ha raccontato del suo lavoro, parlandomi delle soddisfazioni e delle angosce. Gli ho fatto una richiesta particolare: "Professore, posso venire ad assistere a un trapianto?" "Ma non avresti paura, Andriy" "No". Ero una persona curiosa, e poi mi sarebbe servito per capire ciò che aveva dovuto affrontare papà. Volevo conoscere tutto nei dettagli, per dare un volto a quel nemico contro cui la nostra famiglia al completo aveva combattuto. Inoltre, io non vengo mai colto dal panico: nelle situazioni maggiormente complicate lo sostituisco con una dose di concentrazione più elevata del solito. Un altro insegnamento di Lobanovskij. Il mio cervello comincia a lavorare meglio, alla ricerca di una soluzione veloce. Viganò, comunque, si è fatto una risata. Probabilmente non mi aveva preso sul serio.

In sala operatoria

Due settimane più tardi, intorno alle undici di sera, ho ricevuto una sua telefonata.

"Andriy..." "Cos’è successo a mio padre?" "Niente, lui sta bene. Piuttosto, tu sei pronto?" "Per cosa?" "Per venire qui, sto per entrare in sala operatoria". All’una di notte ero al San Matteo, Viganò mi stava aspettando. "Fai veloce Andriy, il paziente è già pronto, il cuore nuovo è in arrivo". Mi hanno disinfettato, pulito, vestito. Quando Viganò mi ha fatto un cenno, sono entrato in sala operatoria. Mentre eseguiva l’intervento, mi ha spiegato tutto ciò che stava accadendo, passo dopo passo, taglio dopo taglio. Sono rimasto tranquillo, ho reagito bene, ho visto il torace aperto, i vari organi. Il paziente era un fumatore, il professore mi ha indicato delle macchioline nere appiccicate al polmone: erano i residui della nicotina. Mentre trapiantava il cuore, mi ha parlato anche dell’effetto dei vari medicinali che erano stati somministrati a mio padre, e poi prescritti per il periodo di riabilitazione. Ho avuto la certezza che Viganò, e quelli come lui, fossero dei fenomeniSe io sbagliavo un gol, la gente fischiava. Se sbagliavano loro, la gente moriva.

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