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Franco Baresi ha presentato la sua autobiografia all'IIS Lagrange di Milano

MILAN

Bagno di folla tra gli studenti del Liceo Scientifico Sportivo e di Scienze Applicate per l'ex capitano del Milan e attuale vice-presidente onorario del club rossonero per presentare "Libero di sognare", libro scritto sulla sua vita e sulla sua carriera. Nel dialogo con i ragazzi, Baresi ha affrontato soprattutto i momenti più difficili dei suoi trascorsi da calciatore: "Fate qualcosa che vi appassiona, solo così potrà nascere qualcosa di straordinario"

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Il fascino di Franco Baresi, anche tra chi non hai mai potuto vederlo giocare, ma lo ha conosciuto solo come dirigente del Milan, oggi vice-presidente onorario del club, o ammirato soltanto in qualche video o nei racconti di amici e parenti più grandi, resta enorme. L'ex difensore e capitano rossonero ha presentato nella mattina dell'11 novembre la sua autobiografia "Libero di sognare" all'IIS Lagrange di Milano davanti ai ragazzi del Liceo Scientifico Sportivo e del Liceo Sceintifico Scienze Applicate dell'istituto.

Baresi con gli studenti dell'IIS Lagrange

Dopo le introduzioni del dirigente scolastico Orazio Pezzullo e di Annalisa Bozzano, responsabile ufficio stampa ed eventi Feltrinelli, Baresi ha iniziato un dialogo con gli studenti rispondendo alle loro domande e curiosità:

 

La grande libertà 

Il segreto del suo successo? “La grande libertà goduta nell’infanzia, nei campi, dove giocavo con gli amici, nel tempo libero, seguendo la mia enorme passione”. Baresi ricorda con nostalgia la sua infanzia e il grande privilegio di essere cresciuto libero. Più che parlare dei momenti delle grandi acclamazioni, come la storica vittoria ai Mondiali del 1982, Baresi si è soffermato sui ricordi più intimi, quelli di un ragazzino che si divertiva, che inseguiva un sogno, che stava con gli amici. 

Il legame con il paese

Nella vita ha vinto tutto quello che poteva vincere, ma è rimasto un uomo modesto, legato alla sua terra, al suo paese. Dai suoi ricordi emerge spesso il suo paese di origine, Travagliato, il paese di poco più di 10.000 abitanti nel bresciano. Una località che negli anni Settanta ha dato i natali a ben tre giocatori della serie A. Oltre a Franco Baresi, sono nati e cresciuti a Travagliato il fratello Beppe Baresi e Franco Pancheri, entrambi storici giocatori dell’Inter, come ha ricordato il vicepreside dell’IIS Lagrange, il professor Vincenzo Tridico, che ha organizzato la presentazione. 

I grandi maestri

Travagliato ha avuto un ruolo determinante nella formazione, non solo calcistica ma anche umana di Baresi, grazie alla figura di Don Piero Gabella. Chiamato da tutti Don Celentano, nel 1968, quando il piccolo Franco aveva solo otto anni, fondò la USO Travagliato, mettendo su una vera e propria società per i ragazzi che frequentavano l’oratorio. Proprio lì Baresi ha imparato “l’importanza del rispetto, dell’umiltà, della serietà”, valori ricordati agli studenti del Lagrange.

 

I consigli ai giovani calciatori

Gli studenti hanno letto dal vivo alcuni passi della sua biografia. Lisa, appassionata stopper,  ha chiesto un consiglio per giocare in difesa: "L'’attenzione è fondamentale, ma bisogna saper costruire, sempre nel rispetto degli avversari”. Un consiglio anche agli aspiranti capitani: "Essere sempre un esempio, rendersi disponibile, fare gruppo e sostenere quelli che giocano meno, perché sono quelli che poi fanno allenare quotidianamente”. E poi occorre “avere pazienza di costruire i giocatori, oggi spesso nelle squadre non c’è più pazienza, perché tutti vogliono i giocatori già pronti, non c’è la pazienza di crescere nuove leve". E così può succedere che l’Italia rimanga fuori dai Mondiale per due volte di fila, “con grande delusione anche degli spettatori di tutto il mondo”. 

Il calcio come metafora della vita

Per Baresi “il calcio è una metafora della vita, dove ci sono regole e ruoli da rispettare, senza fare troppe scene”. Una bella lezione per i ragazzi tifosi di oggi, abituati a giocatori e celebrità che si sentono appartenenti allo star system.

Imparare dagli insuccessi

Nonostante abbia vinto tutto il possibile, Baresi ha elegantemente glissato sui successi, focalizzandosi invece sulle difficoltà della vita, affrontate grazie alla sua “forza mentale, che ha permesso la ripresa dagli infortuni, di mantenere la concentrazione e di durare negli anni”.  Ha ricordato così “l’ansia di deludere il suo allenatore e i suoi amici che ha probabilmente compromesso il mio primo provino, a 12 anni, con l’Inter”, per poi venire selezionato poco dopo dal Milan. Ha insegnato così che l’esperienza di essere scartati non deve mai essere vissuta come definitiva, ma come una sfida.  Ha poi rammentato l’energia messa nella squadra nella stagione 1981/1982, quando una malattia del sangue lo aveva fermato e la sua assenza aveva portato la squadra in serie B. La retrocessione fu vissuta “non come una umiliazione, ma come sfida per rimettere in sesto la squadra, che infatti ritornò dopo pochi anni ai vertici”. Ha ricordato l’infortunio al ginocchio nel 1994, durante i Mondiali negli Stati Uniti, e la sua capacità di tornare in campo dopo soli 25 giorni per la finale contro il Brasile.

 

L'incontro è finito con il firma-copie di Baresi agli studenti del Lagrange e con il consiglio più importante di tutti: "Fate ciò che vi appassiona, solo così potrà nascere qualcosa di straordinario".