Michele Padovano assolto per traffico di droga dopo 17 anni: "Mai smesso di crederci"

le parole
0e14bc49-42c3-4c7b-8449-7bc0829bbe99

Le parole dell'ex giocatore della Juve al Corriere della Sera dopo l'assoluzione nel processo a suo carico, arrivata ben 17 anni dopo l'arresto: “Come fosse passata una vita, ma io non ho mai mollato. Voglio dedicare questo risultato a mia moglie e a mio figlio, devo tutto a loro"

Michele Padovano ha raccontato la sua vicenda così, in un’intervista al Corriere della Sera, dopo il verdetto della Corte d’Appello di Torino che lo ha assolto dall’accusa di aver finanziato un traffico di droga in Marocco nel 2006: “In cuor mio sapevo di non aver fatto ciò di cui ero accusato, ma ho anche dubitato di poterlo dimostrare. La prima volta i giudici non mi hanno creduto e quella condanna a 8 anni è stata un colpo al cuore. Quando sono venuti ad arrestarmi ho pensato che fosse uno scherzo. Non riuscivo a crederci. La mia famiglia è stata distrutta, ma insieme abbiamo trovato la forza di reagire. Ho perso il lavoro e ho dovuto dire addio al calcio, la mia vita.”

©LaPresse

Il calvario dell'ex Juve e della Nazionale era iniziato nel 2006 con l'accusa di finanziare un traffico di droga dal Marocco attraverso la Spagna. La causa dell'arresto fu l'amicizia con Luca Mosole, condannato a sei anni e otto mesi. La sentenza di primo grado giunse nel 2011, dove Padovano scelse il rito ordinario. La Procura chiese per Padovano una condanna di 24 anni, il verdetto dei giudici fu però di 8 anni e 8 mesi. Nel 2021 la Cassazione ha annullato la condanna, rinviando gli atti alla Procura di Torino per un nuovo giudizio d'appello.

 

In tutto, dall'arresto alla definitiva assoluzione, fanno 17 lunghissimi e difficilissimi anni per Padovano: “Ho perso tutto quello che avevo: proprietà, soldi, fama. Cercavo lavoro e a parole erano tutti gentili e collaborativi, ma nei loro occhi leggevo il pregiudizio. Molti si spacciavano per amici, ma non lo erano. Solo due persone hanno continuato a credere in me: Gianluca Vialli e Gianluca Presicci (suo compagno ai tempi del Cosenza). Quando mi hanno arrestato, Vialli chiamava tutti i giorni mia moglie. Era una persona e un amico, so che oggi sarebbe felice per me. Mi manca molto”, conclude ricordando l'ex compagno alla Juve scomparso lo scorso 6 gennaio.

E sul futuro? “Voglio tornare a vivere, senza recriminare sul passato. Adesso è il momento del riscatto. Sto lavorando a un progetto legato alla gestione dei rapporti tra squadre e calciatori.  Non ho mai mollato, non l’ho mai fatto sul campo e nella vita. E non ho mollato neanche in Tribunale: non bisogna mai arrendersi”. Conlcude l'ex attaccante.

©LaPresse