Sarri, passione ciclismo: "Moser idolo. Differenze Tour-Giro? Come Premier e Serie A"

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Grande appassionato di ciclismo, l'allenatore biancoceleste è stato intervistato da Riccardo Magrini in 'A ruota libera': "Casa mia era pane e bicicletta, l'anomalia è stato il calcio. Per me andare a correre era una responsabilità". Nessun dubbio sull'idolo: "Moser mi ha fatto emozionare. Quando correva e io giocavo, calcolavo le ammonizioni per vederlo alla Parigi-Roubaix". E sulle differenze Tour-Giro: "È come tra Premier e Serie A, c'è uno strapotere mediatico-economico"

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Una passione che risale all'infanzia e che vive ancora oggi. È quella della bicicletta per Maurizio Sarri, allenatore della Lazio, conquistato da papà Amerigo (ottimo corridore negli anni '40 e '50 e poi organizzatori di eventi nel ciclismo) prima di cimentarsi in prima persona sulle due ruote. Alla fine ha scelto il calcio ma, come raccontato a Riccardo Magrini nell’intervista contenuta in 'A ruota libera', Sarri ha ribadito tutto il suo amore per il ciclismo: "La mia passione c'è da sempre. Mio padre, nonni, zii... Casa mia era pane e ciclismo. Era normale appassionarsi e andare in bicicletta. È stato tutto naturale, l'anomalia è stata il calcio non il ciclismo. Secondo me ero un buon ciclista e un giocatore mediocre. Per me andare a correre era una responsabilità: sentivo che venivo da una famiglia di ciclisti e dovevo vincere. Mi pesava un po', ma l'amore per il ciclismo è rimasto sempre". L'aneddoto sul soprannome 'Parapei': "Era quello di mio nonno. Qui in Toscana ci si conosce tutti per soprannomi e io me lo sono scritto anche davanti a casa. Poi è diventato il soprannome del mio babbo e io ero il 'Parapeino secco' perché ero l'ultimo arrivato e perché ero 187 cm e pesavo 69 chili. Ero il secco".

"Moser mi ha fatto emozionare. Per andare a vederlo…"

Sarri ha analizzato quello che era il suo stile in bici: "Ero più un passista veloce, mi divertiva tantissimo la discesa, ma ancora... Credo che sarei un corridore da classica in Belgio e non da grandi giri". Pochi dubbi sull’idolo assoluto: "Il mio primo ricordo è un Giro d'Italia vinto da Gimondi all'ultima curva, ero veramente piccolino. La fulminata totale però me l'ha data Francesco Moser. Moser rimarrà un idolo per tutta la vita: mi ha fatto emozionare. Quando correva lui e giocavo io cercavo di calcolare le ammonizioni per vederlo alla Parigi-Roubaix. L'ho seguito con una passione enorme. Lo trovai una volta in Versilia, aveva la maglia della Filotex e mi misi a seguirlo a distanza. L'avevo seguito anche quando era ancora un dilettante perché correva in Toscana al Bottegone e mio babbo mi diceva sempre che c'era un ragazzo forte".

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"Differenze Tour-Giro? Come Premier e Serie A"

Interessante il paragone tra il suo 'Sarrismo' e il 'Landismo', che rimanda a Mikel Landa e a un modo di correre libero e istintivo: "Sono quelle filosofie bellissime - ha detto Sarri -, ma quasi sempre perdenti. Il bello è il viaggio, non la meta". Infine l’allenatore della Lazio si è soffermato sulle differenze tra Tour de France e Giro d’Italia: "Mi ricorda quella tra la Premier League e la Serie A, uno strapotere mediatico-economico che sarà difficile colmare. Però speriamo che le grandi squadre abbiano interesse più per il Giro d'Italia in modo che questi nomi girino anche qui. Siamo in un momento in cui siamo in attesa. Abbiamo corridori che nelle corse di un giorno possono far bene, manca quello che può far appassionare anche i giovani. Per quanto mi riguarda, essendo innamorato del ciclismo, che ci sia uno sloveno o un italiano mi importa poco, però per il sistema sarebbe importante un nome che vince e che faccia appassionare i bambini ad andare in bicicletta".

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