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Barella: "Avevo perso la passione per il calcio. Mai avuto dubbi sul venire all'Inter"

INTER

Nel corso di una lunga intervista con l'attore teatrale e conduttore radiofonico Matteo Caccia, nel podcast “Senza vendersi mai”, il centrocampista nerazzurro si è raccontato. Dall’arrivo all’Inter allo scudetto, fino ai momenti più difficili vissuti non solo sul campo

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Una lunga chiacchierata, trattando tanti temi: da quelli più strettamente di campo a quelli che riguardano più il privato e la sfera personale. Nicolò Barella a cuore aperto, nel corso di una lunga intervista con l'attore teatrale e conduttore radiofonico Matteo Caccia, per il podcast “Senza vendersi mai”. Il centrocampista nerazzurro si è raccontato, dall’arrivo all’Inter allo scudetto, fino ai momenti più difficili vissuti non solo sul campo, quando Barella ha rivelato di esseri sentito solo: "È successo nell’anno dello scudetto, quando tutti mi criticavano all’inizio della stagione dicendo che non ero il solito Nicolò. Non rendevo per questioni mie personali. Era un momento in cui non avevo una grande passione per il calcio, era veramente solo lavoro. Non ho mai parlato con figure del genere perché ho una moglie con cui posso parlare di tutto. Ho parlato anche con compagni e amici. Poi è arrivato il gol col Napoli e da lì ho ripreso. Non mi sono sentito solo, ma sentivo di non aiutare abbastanza i miei compagni. Non mi sentivo inutile, ma non stavo dando quello che potevo dare. I miei compagni mi hanno sentire bene. Ora so come comportami se succede a qualcun altro. Se la passione può calare? Si, non è che va via, magari molte cose diventano pesanti: il ritiro l'allenamento, le corse. Se ti viene a 26 anni è un problema. A me è venuto ed ero spaentato: difficile parlarne. Ma succede spesso e a tutti i livelli".

Barella: "Mai avuto dubbi sul venire all'Inter"

Barella ha poi ripercorso il momento in cui dalla sua Sardegna è arrivato all'Inter: “Sono sempre stato grande tifoso del Cagliari, era il mio sogno. Ho parenti e amici tifosi interisti, per me l’Inter è sempre stata tra le grandi, ho sempre simpatizzato. Mi è sempre piaciuta la storia, i suoi colori. Quando vinceva l'Inter ero felice, come se avesse vinto il Cagliari. Per me Cagliari è casa, l’Inter è entrata nel mio cuore. Avevo tante opportunità per andare via da Cagliari, più di un paio di squadre importanti che non dirò mai. Molte mie scelte sono dovute al fatto che non potevo andare in certe squadre perché la rivalità tra tifoserie. La narrazione di quando sono andato via da Cagliari è stata distorta, mi spiace sia stata raccontata in maniera sbagliata. Quando c’è stata la possibilità di andare all’Inter, io volevo quel progetto anche perché c’era un allenatore (Conte, ndr) che ha spinto per avermi. Mai avuto dubbi, non c’era possibilità che io dicessi no. Era uno step avanti troppo grande che non potevo non fare. Ringrazio tutti i giorni chi ha fatto sì che io potessi vestire questa maglia, ora ne sono orgoglioso come se fosse mia”.  

Barella e il saluto ai milanisti sconfitti dopo il derby

Il centrocampista ha poi raccontato di quel saluto molto sportivo riservato ai milanisti dopo il derby vinto che ha significato la conquista della seconda stella: "Sono andato a salutare chi era rimasto in campo. Mi sono sentito di dargli la mano, l'ha fatto anche qualcun altro. Io l'ho fatto perchè so cosa vuole dire. Ho perso una finale europea con l'U17, sono retrocesso con Cagliari e Como, ho perso una finale di Europa League e una di Champions: so cosa vuol dire perdere. Ho vinto tanto ma è più facile spiegare cosa vuol dire vincere. Perdere non sai cosa comporta dopo, ti fai un'estate brutta, pensi che non giocherai mai più una finale. Ti entrano in testa tante cose, io avrei voluto vincere tutto ma perdere è uno stimolo per riprovarci. So cosa vuol dire perdere e cosa succede nella testa di un calciatore, può anche portarti problemi a casa perchè non ci sei con la testa"