Falcao: "Ranieri è l'uomo giusto per la Roma". L'intervista esclusiva a Sky Sport Insider

Quando si parla di leadership naturale? Quando l'attività avviene in maniera spontanea, quando senza alcuno sforzo si attira l'attenzione di chi ti circonda. Fu così 44 anni fa, il 10 agosto del 1980, quando Paulo Roberto Falcao atterrò all’aeroporto di Fiumicino e ad attenderlo c’erano 5000 romanisti. “Non era come oggi, non era facile recuperare informazioni sui calciatori di tutto il mondo – ricorda Falcao - in molti neanche mi conoscevano, ma per loro ero una speranza”. Era un grande giocatore, il regista della nazionale brasiliana, un uomo nel pieno della sua carriera. Se ne accorgeranno a breve anche i suoi nuovi compagni che, a dir la verità, erano già nelle mani di due luminari in fatto di leadership. Un allenatore come Nils Liedholm: “Mi ha aiutato molto a farmi ambientare rapidamente, anche lui era straniero come me ed era una persona straordinaria”. Per non parlare del Presidente Dino Viola: “Aveva l’ironia tipica delle persone intelligenti, sapeva cosa voleva e faceva passare l’idea che la Roma fosse più grande di quello che in realtà era in quel momento e questo è stato molto importante”. Paulo Roberto Falcao se la ricorda ancora la prima formazione della sua Roma, quella dell’esordio in Serie A il 14 settembre del 1980. La recita a memoria, come se fosse una filastrocca: “Tancredi, Spinosi, Maggiora, Turone, Falcao, Romano, Conti, Di Bartolomei, Pruzzo, Ancelotti, Amenta e poi entrò Francesco Rocca”. Quel giorno la Roma vinse al Sinigaglia grazie a un autogol di Piero Volpi, quella attuale, invece, è uscita dallo stesso stadio con le ossa rotte. Non tanto per il punteggio e quei due gol incassati oltre il 90’ da Gabrielloni e Paz, quanto per una prestazione che non promette nulla di buono in prospettiva futura. “La Roma non è abituata a vivere una situazione di classifica così - fa notare Falcao - ma Claudio Ranieri è l’uomo giusto per risollevarla perché ha esperienza, conosce l’ambiente, la gente ha fiducia in lui perché sa gestire bene i giocatori. Io lo conosco ed è la persona adatta per questo momento così delicato”. C’era anche Ranieri in campo negli anni ’80, con la maglia giallorossa del Catanzaro, quando Paulo Roberto Falcao divenne per tutti i tifosi della Roma 'Il Divino', e già dal primo anno in Italia. Non tutti pensavano che quella squadra potesse competere immediatamente per lo Scudetto e invece, il 10 maggio del 1981, a Torino andò in scena uno scontro diretto che con gli anni è diventato materia letteraria, nonché cinematografica. “Il gol di Turone fa ancora male, perché la Roma era la squadra che giocava meglio e quel gol annullato fu uno scandalo, la uso ancora oggi questa parola”. La rivincita arrivò puntuale due anni dopo. Per Falcao una gioia doppia, visto che nell’estate del 1982 si era dovuto arrendere all’Italia di Bearzot durante i mondiali di Spagna. Una squadra composta, quasi esclusivamente, da giocatori juventini: “Abbiamo vinto lo Scudetto battendo praticamente la nazionale italiana: Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, in più c’erano Boniek e Platini, non erano male eh?”. Non lo era neanche l’Inter, che tre anni prima aveva vinto l’ultimo campionato italiano prima della riapertura delle frontiere e che aveva voglia di tornare a competere ai piani alti. Per questo nell’estate del 1983, mentre la Roma giallorossa era ancora in estasi per lo Scudetto, provò in tutti i modi a portare Falcao a Milano: “Si dicono tante cose, così va il mondo, in realtà io ho sempre detto di non voler giocare in un’altra squadra italiana che non fosse la Roma. Certo che all’inizio la prima offerta di Viola per il rinnovo di contratto prevedeva solo il 2 o forse il 3% di aumento e pensavo di meritare qualcosa in più”. E poi c’era la Coppa dei Campioni, la prima volta nella storia giallorossa e non si poteva certo pensare di affrontarla senza Falcao. L’epilogo è noto a tutti. I calci di rigore, la danza beffarda di Grobbelaar che inibì Bruno Conti e Ciccio Graziani e il leader carismatico che non si presenta dagli undici metri quella sera: “Durante i tempi supplementari si esaurì l’effetto anestetico dell’infiltrazione al mio ginocchio e riuscivo a malapena a camminare”. Mentre il Liverpool era ancora in campo a festeggiare la sua quarta Coppa dei Campioni, i giocatori della Roma erano tornati negli spogliatoi. Incredulità, delusione, rabbia soffocata dal silenzio, lacrime miste al getto dell’acqua: “Dal Brasile era venuto mio fratello, era lì con me ed è stato l’unico a vedermi piangere mentre ero sotto la doccia”. Un mix di sentimenti difficilmente descrivibile, e il pensiero di poterla rigiocare chissà quante volte avrà assalito quei protagonisti e su tutti Paulo Roberto Falcao: ”Anche adesso ci penso”. Questo e tanto altro è stato 'L’ottavo Re di Roma', ospite al Club di Fabio Caressa ha ricordato la sua storia d’amore con una città e un’intera tifoseria. Attorno a lui c’erano tanti grandi ex calciatori, perfino chi in campo lo ha affrontato e battuto in quell’Italia-Brasile del 1982. Beppe Bergomi, lo 'Zio', che a un certo punto, spontaneamente ha detto: ”Io starei qui a sentirlo parlare per ore”. Quando si parla di leadership naturale? Quando l'attività avviene in maniera spontanea, quando senza alcuno sforzo si attira l'attenzione di chi ti circonda.

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